Ecco gli integrativi perduti che contengono i diritti dei giornalisti Mondadori

Speciale per Senza Bavaglio
Valerio Boni
Milano, 4 dicembre 2019

Al termine di lunghe ed estenuanti ricerche, Senza Bavaglio ha recuperato due contratti integrativi, datati 1988 e 1992, misteriosamente spariti dagli archivi della saletta sindacale e dell’ALG, che offrono importanti contenuti e spunti da utilizzare in vista delle prossime mosse del risiko al contrario al quale sta lavorando Mondadori. Sono contratti integrativi chiave, poiché contengono anche le indicazioni relative all’istituzione del superminimo aziendale non assorbibile, che nelle ultime cause l’azienda ha tentato con l’inganno di sottrarre, contando sul fatto che fossero introvabili. E Senza Bavaglio li mette a disposizione di tutti i colleghi.

Pensiamo soprattutto ai giornalisti che lunedì, con un risultato di 24 voti contrari e 19 sì, hanno respinto l’accordo proposto dall’azienda e caldeggiato dal sindacato. Sono i dipendenti Mondadori interessati all’imminente trasferimento al nuovo polo di Maurizio Belpietro (quelli, come è noto, delle testate Confidenze, TuStyle, Starbene, Cucina Moderna e Sale&Pepe). Una sconfitta che segna una tappa importante in quella che la più massiccia operazione di dismissioni in campo editoriale avviata a Segrate negli ultimi sei anni. Un percorso che fino all’ultima votazione ha seguito la road map Mondadori che è sempre riuscita, spesso con l’inganno, a ottenere l’appoggio di un CdR troppo accondiscendente, fossilizzato sulla linea del male minore: sacrificare qualcuno, lasciandolo in mezzo a una strada, per preservare il lavoro di molti. Ma ora che il numero di colleghi assunti si è notevolmente assottigliato (meno di 200 tra quelli in uscita, quelli che confluiranno a gennaio in Mondadori Periodici e quelli di Mondadori Scienza) proseguire su questa linea diventa più difficile.

Nel 1988 l’articolo 2 stabiliva che in caso di scorpori di testate con costituzioni di nuove società, ma anche a seguito della nascita di nuove testate pubblicate da controllate o costituzione di joint-venture, ai giornalisti è garantito il rientro nelle testate del Gruppo in caso di chiusura della testata, riduzioni di organico e altre condizioni. Allo stesso tempo, la nota fissava le condizioni non solo per il passaggio alla nuova società, ma anche quelle per l’eventuale rientro, con il mantenimento dell’anzianità e di tutti gli altri diritti maturati. Per sottolineare l’impegno, l’articolo 2 ha stabilito che a ogni collega interessato al trasferimento fosse consegnata una lettera contenente queste indicazioni. Il successivo integrativo del 1992, oltre a confermare la validità della nota, ha aggiunto che le garanzie debbano essere applicate ai giornalisti AME anche in caso di cessioni a terzi.

Le cessioni e gli affitti di redazioni a società consociate, paritetiche o controllate da Mondadori, come dimostrano questi contratti dei quali si erano perse le tracce, non sono una scoperta di questi giorni. È solo cambiato il ruolo di queste operazioni, che un tempo avevano fini espansionistici, oggi hanno l’unico obiettivo di liberarsi di attività che gestioni scellerate hanno reso un peso. Che le cose andassero diversamente è dimostrato dagli articoli dei contratti integrativi, siglati da esecutivi poco disposti a scendere a compromessi e a farsi abbindolare, anche se è necessario sottolineare che all’epoca nella trattativa si avbevano di fronte gentiluomini, non personaggi che con supponenza e arroganza si presentano dicendo «non tutti gli impegni sono da rispettare».

Con veri e propri specialisti del gioco delle tre carte ingaggiati per difendere gli interessi dell’azienda, le possibilità per i giornalisti di poter contare su un accordo che li salvaguardi realmente sono quasi nulle. In questo clima il trasferimento in atto pare offrire garanzie maggiori rispetto alle sorprese che potrebbe riservare la permanenza in una struttura nella quale hanno ormai finito il loro ruolo di risorse per contare sugli aiuti provenienti dagli stati di crisi, quindi del tutto superflui. Mentre in questa fase Maurizio Belpietro sembra determinato a tentare di far fruttare testate che a Palazzo Niemayer sono considerate immondizia.

L’aspetto più interessante del ritrovamento degli accordi sindacali del 1988 e del 1992 è rappresentato dal fatto che nella stesura dei contratti integrativi successivi sono state inserite altre indicazioni relative al ricollocamento dei dipendenti interessati dalla chiusura delle testate Mondadori, ma nessuna ha modificato i due articoli. Anche perché l’ultima joint-venture prima di quelle della nuova era risale al 2001, anno in cui nacque ACI-Mondadori. In quell’occasione ai giornalisti in uscita fu consegnata quella lettera. Un documento che, a rigor di logica, dovrebbe accompagnare anche i giornalisti che presto lasceranno il palazzo di Segrate.

Valerio Boni
twitter @BoniValerio
@senzabavaglio

Mondadori: integrativo 1988

Mondadori: integrativo 1992

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