Serenella Bettin: licenziata in tronco dalla Nuova perchè le sue idee non piacciono all’editore

Appello ai giornalisti
Serenella Bettin
Venezia, 14 giugno 2018

Ho lavorato per sette mesi con il quotidiano La Nuova Venezia. Sette mesi in cui ho capito che cos’è la libertà nel momento in cui mi è stata tolta. Sette mesi in cui non avrei potuto scrivere su Facebook il mio pensiero. Sette mesi in cui avrei dovuto avere un profilo privato. Sette mesi in cui non potevo esprimere liberamente ciò che pensavo in un normale social network. E sette mesi in cui non ho ascoltato i diktat impartitimi e quindi, dalla sera alla mattina, con una semplice telefonata, mi hanno licenziato.

“Il tuo pensiero non è in linea con il nostro – mi hanno detto – ti avevamo avvisata di non scrivere su Facebook, di mettere il profilo privato e tu hai continuato a fare di testa tua”. Sette mesi in cui mi sono vista contestare non il mio operato e i miei articoli sul quotidiano La Nuova Venezia, ma la mia vita privata, il mio pensiero personale, espresso in forma sempre lecita e rispettosa dei diritti di tutti. Sette mesi in cui venivo controllata e sette mesi in cui mi hanno dato della fascista e della razzista, pur non essendolo, e pur non avendo mai mai e poi mai pubblicato contenuti di natura fascista o razzista.

Ma ero scomoda. Non in linea, non allineata e quindi mi hanno sbattuta fuori. Ecco, allora in questi sette mesi ho capito cos’è la libertà, ho capito che la libertà non è così scontata, che va difesa sempre e che la si conquista giorno per giorno, facendo sempre il nostro dovere e dicendo sempre la verità. In questi sette mesi di controlli ho capito che la pressione, il controllo che qualcuno esercita su di te, riesce a infiltrarsi, a incunearsi talmente tanto dentro di te che perfino il pensiero si autolimita. Perfino le dita si rattrappiscono. Perfino le dita non hanno più voglia di scrivere. Allora questa è una cosa gravissima. Perché quando qualcuno ti controlla e ti impone determinati comportamenti, non sei più libero, non sei più libero nemmeno di pensare.

Nemmeno di pensarla diversamente e di confrontarti. Ti devi adeguare. Io non mi sono adeguata, perché non è giusto. Perché ognuno, mantenendo il rispetto di tutti, deve essere libero di pensarla secondo le sue inclinazioni, secondo la sua esperienza e secondo le sue idee.
Faccio questa petizione quindi per dire stop alle pressioni e alle minacce nei confronti dei giornalisti. E stop alle ingiustizie. Io sono stata messa alla porta anche per aver scritto un post su Facebook, riguardante i compensi dei collaboratori dei quotidiani locali che in tutta Italia, sono bassi. E loro in tutta risposta, dalla sera alla mattina mi hanno licenziato. Violando anche il mio contratto che prevedeva un obbligo di preavviso di 30 giorni. E sfruttando come “giusta causa” le mie informazioni prese, senza il mio consenso, da Facebook e usandole contro di me.

Occorre che la situazione cambi. Perché facciamo un mestiere importante e dobbiamo essere messi nelle condizioni di poterlo fare, al meglio e di poterci esprimere, senza paura. Sostieni la mia causa. Perché l’altro giorno una mia collega mi ha detto: “siamo spaventati da questa cosa. Perché oggi è successo a te, ma domani potrebbe capitare a me”.

Serenella Bettin

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