Libertà di stampa: tutti ne parlano, molti tentano di imbavagliarla

Speciale per Senza Bavaglio
Francesca Canino
Cosenza, 4 maggio 2018

Nella Giornata mondiale della libertà di stampa (3 maggio, come dichiarato dall’Assemblea generale dell’ONU), occorre soffermarsi sulla NON libertà di stampa che insidia il nostro Paese – a dispetto della Carta costituzionale e delle crociate che contro di essa hanno intrapreso tanti pseudo paladini – e sulle ultime tendenze, imposte dai potenti di turno, di dare spazio solo alle notizie positive (magari ce ne fossero!).

Ogni giorno, io, giornalista del Sud, vengo a conoscenza di fatti che, per usare un eufemismo, definisco ‘poco piacevoli’. Il mio dovere è quello di divulgarli oggettivamente, senza fronzoli, opinioni, omissioni e quant’altro. È il dovere di ogni cronista, fotografare la realtà e riportarla sui media. Mi corre l’obbligo di fare questa precisazione, poiché sono tante le persone che provano a chiederci, subdolamente, di non diffondere determinate notizie o di edulcorarle o di scrivere solo le “positività”, onde evitare il “killeraggio mediatico”. Chi non si allinea diventa il destinatario di minacce poco velate e, in alcuni casi, rischia di essere allontanato dalle redazioni.

Ma come si può chiedere ad un giornalista di non proseguire inchieste che riguardano, ad esempio, ambiente, sanità, voto di scambio, distruzione del patrimonio culturale, tangenti, quando è ben noto che in questi settori, ma non solo, le magagne sono numerose ed evidenti? Ebbene, nelle ultime conferenze stampa in cui si dibattevano i suddetti temi, gli organizzatori, ovvero gente che ricopre cariche pubbliche di un certo peso, hanno avuto l’ardire di chiederci grande cautela nella divulgazione, allo scopo di non creare allarmismi.

Perifrasi ipocrita che equivale a imbavagliare il giornalista, ben conscio che divulgare le malefatte degli altri, solitamente amministratori, politici e affini, non crea allarmismo sociale, ma informa la società – e di conseguenza gli organi giudiziari – del marcio spesso prodotto da chi detiene il potere che finisce per essere scaricato sui cittadini/contribuenti. Non obbedire a diktat del genere genera minacce.

Recentemente è sorta una raccapricciante “moda”: si prova a chiedere al giornalista di scrivere solo quanto di buono viene realizzato da un ente, da un’azienda o altro, per sdoganare un’immagine positiva di una terra invece martoriata, allo scopo di attrarre turisti e ricevere consensi. Questa, per molti giornalisti, è una richiesta impossibile da accordare; per altri, funzionali a certe forze politiche, è una missione che abbracciano e mettono in atto, sapendo di raccontare immani falsità sulla pelle delle persone.

Sì, proprio sulla pelle della gente che si scontra quotidianamente con la sanità a pezzi, che si ammala per l’ambiente avvelenato dagli interessi dei soliti noti, che perde il lavoro e sa che rimarrà disoccupato a vita, che subisce le angherie della criminalità organizzata e deve chinare il capo, che soggiace tante volte alla mala giustizia, che soffre per la perdita dell’incommensurabile patrimonio culturale italiano. Cosa c’è di positivo in questi ambiti? E quali positività ricadranno sulla società civile in queste condizioni?

Ecco perché tanti giornalisti,  il 3 maggio, si sentono in dovere di accendere i riflettori sulla situazione che vivono da tempo, sulla solitudine con cui convivono, sulla miseria dei compensi che percepiscono, sulla pericolosità di certe nuove tendenze che hanno come scopo quello di anestetizzare i cittadini, convincendoli che tutto va bene, che la sera c’è la movida e la domenica il pallone, ma quando andranno nei pronto soccorso della propria città o quando si imbatteranno nelle ingiustizie e nel luridume che ci circonda, cosa gli racconterete? Che avete tentato di imbavagliarci tutti, certo.

Ma, per fortuna, alcuni non ve lo hanno permesso e continueranno a svolgere con coscienza il lavoro di cronista, senza paura e con passione. Non appenderemo la penna al chiodo e aspetteremo altri 3 maggio, nella speranza di cambiare qualcosa e festeggiare degnamente la Giornata della libertà di stampa.

Francesca Canino

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