da Iustitia
Napoli, 13 aprile 2018
All’apparenza c’è nel bilancio consuntivo 2017 dell’Ordine dei giornalisti della Campania un dato straordinariamente positivo e riguarda i crediti da incassare dagli iscritti morosi che ammontano a tre milioni di euro, per la precisione due milioni e 938.914 euro; tra l’altro, si tratta di una somma che è lievitata di oltre 250mila euro rispetto al 2016.
In realtà i tre milioni certificano soltanto una gestione approssimativa della platea degli iscritti. Con la legge istitutiva, che risale al marzo del 1963, agli Ordini nazionale e regionali sono stati affidati in sostanza due compiti: la tenuta degli albi di professionisti e pubblicisti; il controllo sulle vicende deontologiche e disciplinari dei giornalisti. Con la legge del 2012 e il successivo regolamento di attuazione il secondo incarico è stato assegnato ai consigli di disciplina nazionale e territoriali. Per gli Ordini c’è però da seguire anche la formazione professionale degli iscritti. Chiarito quindi che gli Ordini devono concentrarsi sulla tenuta degli albi non si capisce perché la questione venga se non ignorata, certamente molto trascurata.
Nell’assemblea convocata il 9 aprile all’hotel Alabardieri per votare e approvare i bilanci consuntivo 2017 e preventivo 2018 della questione morosità si è parlato poco. Il nodo non è stato affrontato da Ottavio Lucarelli, che guida l’Ordine regionale dall’estate del 2007, né dal segretario Titti Improta, in carica soltanto da cinque mesi, mentre le relazioni del tesoriere Paolo Mainiero e del presidente del collegio dei revisori dei conti Francesco Marolda hanno fornito soprattutto notizie sulle singole voci dei bilanci. Dei tre milioni di crediti non incassati si è occupato invece il vice presidente dell’Ordine campano Domenico Falco che ha parlato di una cifra largamente gonfiata. I motivi, secondo Falco, sono due. Il primo. I giornalisti deceduti negli ultimi anni non sono stati ancora cancellati. Il secondo. Ci sono iscritti con morosità decennali che vengono contabilizzate ma per legge le annualità esigibili sono soltanto le ultime cinque. Una attenta revisione degli albi, che andrebbe effettuata con cadenza biennale, porterà al taglio di diverse centinaia di iscritti, ma questo forse è un risultato non desiderato.
L’opacità dei documenti contabili spiega forse perché i bilanci, a differenza di altri Ordini regionali, non vengono messi in rete impedendo agli iscritti di leggerli e valutarli a fondo ma sono distribuiti in sede di assemblea quando c’è soltanto il tempo di approvarli al buio. Eppure da molto tempo nelle assemblee annuali e con interventi sui media viene girata a Lucarelli e agli altri componenti del consiglio la richiesta di conoscere con congruo anticipo rispetto all’appuntamento assembleare i numeri che fotografano la gestione dell’Ordine. Lucarelli ha ogni volta ha assicurato che ne avrebbe tenuto conto l’anno successivo, poi se ne sarà dimenticato.
Iustitia.it
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