I gessetti di Sylos Labini
Giovanni La Torre
Roma, 16 novembre 2017
Scrivevo nell’ottobre 2016, a proposito di un dato fornito dalla Banca d’Italia con l’intento di ispirare ottimismo, e relativo al fatto che l’occupazione cresceva più del prodotto: “In realtà, agli economisti seri quel dato desta preoccupazione, molta preoccupazione. Se l’occupazione cresce più del prodotto vuol dire che la produttività continua a diminuire, che l’occupazione cresce nei settori e nelle imprese meno efficienti. Si sta cioè verificando quanto avevamo paventato nel momento in cui veniva approvato il jobs act e gli incentivi a pioggia alle imprese, e cioè che non legare la flessibilità del fattore lavoro e la decontribuzione a nessun impegno in termini di investimenti e innovazione, avrebbe solo comportato un ulteriore calo della produttività, in quanto si rendeva comparativamente più conveniente il fattore lavoro rispetto alle macchine, con un’ulteriore spinta verso il nostro declino, che trova nel calo ventennale della produttività uno dei suoi fattori causali più importanti. Strano che Bankit, altre volte così attenta, non abbia rilevato la cosa”.
Puntualmente ieri l’Istat ha confermato questa nostra osservazione: nel 2016, cioè il primo anno di applicazione completa del Jobs Act, la produttività del lavoro in Italia è diminuita dell’1%, e siamo il fanalino di coda dell’Ue: che vergogna! Ricordiamo che la produttività del lavoro è pari al valore aggiunto prodotto per ogni ora lavorata, e che non può essere tradotta, come qualcuno dalle parti del Nazareno ha fatto una volta, in “produttività dei lavoratori”. Essa riguarda l’efficienza complessiva del sistema economico. Il dato del 2016 è la risultante di un incremento dell’input di lavoro pari all’1,9% che ha prodotto un incremento del valore aggiunto solo dello 0,9%. L’incidenza determinante del Jobs Act lo si desume anche da un altro dato. Nel periodo 2009-2014 l’Italia era riuscita a portare la produttività del lavoro a un + 1% annuo medio, che però già nel 2015 è crollato allo 0,1%, per poi arrivare al predetto vergognoso -1% nel 2016.
Il report dell’Istat contiene altri dati molto interessanti di cui conviene riportare solo i principali per non dilungarci troppo. Nei ventidue anni 1995-2016 la produttività del lavoro in Italia ha avuto un incremento medio annuo dello 0,3%, decisamente inferiore a quello medio dell’Ue (1,6%), nonché a quello della Germania (1,5%), della Francia (1,4%), del Regno Unito (1,5%) e della Spagna (0,5%).
Ma forse il dato più vergognoso è quello della “produttività totale dei fattori” che viene così definita dall’Istat: “misura gli effetti del progresso tecnico e di altri fattori propulsivi della crescita, tra cui le innovazioni nel processo produttivo, i miglioramenti nell’organizzazione del lavoro e delle tecniche manageriali, i miglioramenti nell’esperienza e nel livello di istruzione raggiunto dalla forza lavoro” e della quale non riporto la formula perché è molto complicata, comunque concettualmente è quanto resta della produttività che non viene spiegata dall’input degli altri fattori (capitale e lavoro). Ebbene questo fattore nel periodo 1995-2016 è stato negativo per lo 0,1% medio annuo e per il solo 2016 per un -0,4%. Cari amici ci rendiamo conto della gravità di questo dato? Esso ci dice che mentre nel mondo la scienza, la tecnologia, la formazione culturale e professionale e quant’altro andavano avanti, noi andavamo indietro. Per noi il progresso scientifico e tecnologico, nella media del sistema economico, come se non fosse esistito.
Questa è la risultante di tante mortificazioni date all’Università, alla Scuola, alla ricerca scientifica. Ormai abbiamo il minor numero di laureati di tutta l’Ue. Ma sopra tutto questo degrado della nostra povera Italia regna sovrana la Corruzione, vera metastasi della società italiana e madre di tutte le inefficienze. Cos’altro deve accadere per far rendere conto a questa classe dirigente inetta e corrotta che deve farsi da parte e non inquinare più il nostro vivere civile e sociale?
Giovanni La Torre
latorre.giovanni@libero.it
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