I dati statistici sul lavoro che non vengono strombazzati da Renzi e dai media

I gessetti di Sylos Labini
Giovanni La Torre
Roma, 20 ottobre 2017

È da mesi, per la precisione dai mesi precedenti il referendum del 4 dicembre, che ci viene con insistenza detto che l’occupazione ha raggiunto il livello pre crisi; ciò con l’evidente scopo di accreditare la tesi che il governo Renzi abbia operato bene e che soprattutto il jobs act sia stato utile e proficuo. La stessa insistenza con cui viene sostenuta questa tesi è sospetta e fa venire il dubbio che tradisca il timore degli stessi artefici di quella legge di aver buttato via dai 16 ai 22 miliardi di euro, a seconda delle stime, inutilmente.

La questione vera è che quando si dice che l’occupazione sia tornata ai livelli pre crisi si fa riferimento al numero di occupati in un dato momento a prescindere, non solo dal tipo di contratto più o meno precario, ma anche dalle ore lavorate. Se un giovane o meno giovane lavora in una data settimana, mettiamo, due ore al giorno viene considerato “occupato” nelle statistiche sull’occupazione. Se un giovane per esempio fa volantinaggio pubblicitario per un paio di ore al giorno per conto di qualche agenzia pubblicitaria, viene considerato “occupato”.

Per ovviare a queste “illusioni statistiche” viene elaborato il dato “unità di lavoro equivalente” che indica il numero di occupati che avremmo se tutti lavorassero il numero di ore medio standard del proprio settore. Ebbene facendo questo conto sia per il corrente anno che per il 2008 (anno di massimo dei dati economici), viene fuori che mancano 1,2 milioni di occupati. Il dato lo si può dedurre anche prendendo in considerazione le ore lavorate, che per esempio nel secondo trimestre 2017 sono state in totale 10,9 miliardi contro gli 11,8 miliardi del corrispondente periodo del 2008, o le ore settimanali medie di lavoro, che attualmente sono circa 36 contro 38 del 2008.

Insomma da qualunque angolazione la si guardi la questione appare chiara: non solo buona parte dell’occupazione attuale è precaria e non dà sicurezza per il futuro a chi conta solo sul proprio lavoro, ma è anche misera e non consente di essere tranquilli neanche sul presente. D’altro canto tutto questo spiega anche l’aumento della povertà nel nostro paese, e in particolare quel particolare fenomeno italiano di uno stato di povertà pur lavorando.

Quindi l’euforia che Renzi e il governo ostentano è posticcia perché sanno che si basa su dati sostanzialmente falsi. Infine, per quanto riguarda il jobs act, confermiamo il giudizio che demmo al momento della sua approvazione: si è trattato di un mero regalo alle imprese meno efficienti con la decontribuzione, e alla destra economica con l’abolizione dell’art. 18. Per lo sviluppo dell’economia e il lavoro è stato un provvedimento inutile e costoso, se non dannoso, e tipico di un paese complessivamente in declino.

Giovanni La Torre
latorre.giovanni@libero.it

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