Speciale per Senza Bavaglio
Alessandro Quami
Viterbo, 31 agosto 2017
“Una stampa tifosa delle cose nostre”. Così la vorrebbe il sindaco del capoluogo della Tuscia, secondo il fondo/corsivo a pagina 3 del Corriere di Viterbo del 31 agosto 2017.
La penna affilata dell’articolista, Massimiliano Conti, è in azione dopo che il Sodalizio dei facchini di Santa Rosa (la famosa Macchina nella tarda serata del 3 settembre anticipa la festa della patrona della Città dei Papi) “nella conferenza stampa di presentazione del Trasporto della Macchina” del 30 agosto, “ha ringraziato tutta la stampa viterbese ‘embedded’, che supporta la ‘santa società’ in tutte le iniziative meritorie che organizza – si legge nel fondo -. Tutta tranne un giornale (il Corriere di Viterbo), colpevole, secondo il capofacchino Sandro Rossi, di ‘gettare fango, per motivi che non conosco’, sull’intoccabile Sodalizio, che è ‘una cosa più grande di noi e che a noi sopravviverà (…)”.
Il fondo prosegue: “Dove il fango, nella testa del capofacchino, sarebbe la notizia, riportata dal Corriere di Viterbo con tanto di video, delle tortate in faccia tra giovani facchini al termine della terza cena in piazza San Lorenzo (…)”.
E ancora: “Il capofacchino, invece di rallegrarsi di vivere in un Paese democratico dove la stampa è ancora libera (nei limiti) e dove chiunque è innocente fino al terzo grado di giudizio, dovrebbe guardare alla luna anziché al dito. Interrogandosi magari su quanto sia ‘avvelenato’ il clima all’interno del Sodalizio da indurre qualcuno, che giovedì sera era molto vicino ai ‘goliardi’, a girare un video e poi farlo arrivare a un giornale”.
L’articolo va avanti: “Ancora più singolare è l’idea di giornalismo espressa dal sindaco, Leonardo Michelini, il quale vorrebbe una stampa ‘tifosa delle cose nostre’. Quali siano le cose nostre, oltre a Santa Rosa, non è dato sapere. Ma d’altra parte lui della stampa se ne infischia. Una volta lo ha detto alla moglie: ‘Ma che ti metti a leggere quello che scrivono i giornali viterbesi?’”.
Insomma, tra cronisti “tifosi”, “cose nostre” e Sodalizio “che è più grande di noi e che a noi sopravviverà”, sembra di stare in un’altra area dell’Italia. Almeno per il linguaggio usato (che spesso segue, o precede, le azioni). E tralasciando di entrare nel merito di come il potere, di qualsiasi forma e sostanza, cerchi di piegare a sé i giornalisti. Che dovrebbero, per resistere a queste pressioni, essere autonomi e forti (anche finanziariamente). Ma tant’è.
Alessandro Quami
alessandroquami@gmail.com
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