Speciale per Senza Bavaglio
Pino Nicotri
Milano, 30 luglio 2017
Sorpresa! È sparito dal web l’articolo con il quale il 20 luglio su Repubblica lo scandalizzato vicedirettore, fresco di nomina, Sergio Rizzo se la prendeva con il manipolo di giornalisti italiani che hanno deciso di andare a vivere in Portogallo e in altro Paesi affacciati sul mare. Articolo che ha fatto sensazione e incautamente rilanciato senza nessuna verifica da testate, newsletter, blog e gruppi Facebook.
La scomparsa, decisa da Repubblica o dallo stesso Rizzo, è un tentativo di nascondere sotto il tappeto l’imbarazzante debutto del neo vicedirettore, tanto “clamoroso” quanto lacunoso e con una pesante accusa totalmente falsa.
Si sono trasferiti all’estero mezzo milione di pensionati, ma Rizzo se la prende con i colleghi che sono emigrati in Portogallo, Marocco, Tunisia e qualsiasi posto dove la vita costi meno che in Italia e le tasse massacrino la pensione meno che da noi.
Non ci sono solo questi Paesi emergenti a trattare bene i pensionati. In Germania un pensionato paga un decimo delle tasse che paga un suo collega italiano, in Spagna, si paga il 9,5%, nel Regno Unito il 7,2%, in Francia il 5,2%. In Ungheria, Slovacchia, Bulgaria e Lituania le pensioni sono esenti da tasse.
Giovedì 20 luglio Rizzo ha sparato ad alzo zero un pezzo intitolato “Sulle spiagge del buon ritiro giornalisti in prima fila”: esordio fustigatore a Repubblica, la spiaggia del buon ritiro dove Rizzo è sbarcato in prima fila coi gradi di vice direttore dopo avere abbandonato la nave del Corriere della Sera.
Per lanciare la sua denuncia contro i “ricchi colleghi” che prendono la residenza in Portogallo perché possono godervi dieci anni esentasse, Rizzo non ha fatto altro che riportare la non fresca farina del sacco di un collega in pensione, come lui stesso riconosce scrivendo: “In questa tipologia c’è una concentrazione rilevante di una categoria particolare: i giornalisti. Ciò si può scoprire facilmente leggendo ciò che ha scritto a fine 2015 Romano Bartoloni, presidente del Gruppo romano giornalisti pensionati, a proposito della grande fuga. Dopo aver premesso che ben «500 mila pensionati Inps hanno riparato all’estero negli Eldorado dell’esentasse riconosciuti nel nostro Paese», fuggendo «dal carovita, dal fisco cinico ed esoso» nonché «dal blocco della perequazione», egli ci rivela che «tra gli espatriati figurano oltre 300 giornalisti»”.
Nello slancio della fustigazione e altrui messa alla berlina Rizzo aggiunge di suo quanto segue: “Parliamo di quanti, pur godendo di una pensione non certo da fame, scelgono di lasciare l’Italia per incassare un assegno non falcidiato dalle nostre imposte e non dover pagare il contributo di solidarietà dovuto dai pensionati ricchi”.
Peccato però che l’ultima affermazione sia falsa: il contributo di solidarietà viene pagato, eccome! Anche dai vituperati “colleghi ricchi”, come ci ha tenuto a precisare al volo l’Istituto Previdenziale dei Giornalisti Italiani.
La chiusura dell’articolo è una perla di moralismo d’accatto: “C’è solo una piccola nota stonata. Già è antipatico che un pensionato ricco approfitti di un sistema (ripetiamo, perfettamente legale) per non pagare le tasse qui. Se però ha fatto un mestiere che impone di denunciare le storture della nostra società come pure i loro responsabili, e magari con un contratto di collaborazione continua oggi a pontificare da una sedia a sdraio in riva all’ Atlantico, allora il confine fra il lecito e l’ opportuno si supera di slancio.” Forse sarebbe stato meglio usare il sostantivo opportunismo, invece che opportuno.
Sergio Rizzo non si è reso conto di alcune cose:
– la fuga dei pensionati, compresi quelli che lui si accanisce chissà perché a definire ricchi, è una clamorosa denuncia proprio delle storture di cui lui parla, storture rappresentate da un fisco sanguisuga che oltretutto spreca la gran parte del sangue che succhia. E’ ben noto da un bel pezzo che dei 12 stipendi mensili percepiti in un anno da un occupato italiano ormai sono quasi 6 quelli versati al fisco con le varie tasse e al contribuente ne restano da spendere per se stesso solo poco più di 6. Ogni anno è come se i primi 170 giorni, cioè fino al 19 giugno, lavorassimo gratis per le casse del fisco e solo dopo finalmente per le nostre tasche.
– Strano che Rizzo non si renda neppure conto che i soldi erogati come pensione a chi se l’è guadagnata con decenni di contributi previdenziali sono già stati tassati, pesantemente, quando gli attuali pensionati erano ancora al lavoro. Sono stati infatti tassati nel momento in cui parte robusta degli stipendi e buste paga veniva dirottata direttamente al fisco oltre che agli enti, agli istituti e alle casse previdenziali.
– Col suo predicozzo il collega ha legittimato il fatto che gli italiani vengano spremuti con la tasse tra le più alte d’Europa e tra le meno produttrici di ricchezza da investire nello sviluppo del Paese e dell’equità sociale. Infatti enormi quantità di soldi provenienti dalle nostre tasche vengono sperperate da una pubblica amministrazione spesso corrotta e il più delle volte incapace e da un ceto politico sempre più avido e corrotto e in larga parte inconcludente e anch’esso incapace.
– Infine, col suo articolo moralista e fustigatorio, Rizzo è diventato di fatto il difensore del fisco che alimenta proprio la casta che lui stesso ha denunciato con un suo fortunato libro e le altre caste denunciate con altri libri da lui e da altri.
A voler essere cattivi si potrebbe chiedere se Rizzo si è mai occupato delle residenze estere di comodo delle società degli editori man mano padroni del Corriere della Sera, giornale dal quale lui proviene, e quando intende occuparsi delle eventuali residenze estere di comodo di società dell’editore di Repubblica e verificare se magari ne ha già trasferita qualcuna come i maligni sostengono.
Visto che ama denunciare gli iperbolici stipendi altrui ed è diventato famoso per questo, forse Rizzo per coerenza dovrebbe rivelare quello suo attuale e quello di quando era al Corsera. Essere strapagati per articoli scandalistici gonfiati come la panna montata può anche andar bene, ma se a pagare è un editore che porta le sue società in Svizzera o in altre spiagge fiscalmente confortevoli Rizzo di sicuro storcerebbe il naso… O no?
Pino Nicotri
già consigliere generale dell’INPGI
già consigliere dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti
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