Cala il sipario sull’Unità. Giornalisti fermi. Intanto arriva la cassa integrazione

Speciale per Senza Bavaglio
Gianvittorio Fedele
Roma, 21 luglio 2017

Ormai per chi ha lavorato all’Unità per tanti – o pochi– anni e si è visto mandato via da un giorno all’altro non si tratta solo di difendere l’idea di una testata storica  ma di semplice sopravvivenza.  D’altra parte, i ventisette redattori che erano ancora in forza al quotidiano alla data del 30 giugno, quando ha fatto la sua comparsa la nuova creatura renziana, Democratica, sono in attesa di stipendio da maggio. Cerchiamo di capire qualche cosa di questo ennesimo capitolo di vessazione ai danni dei giornalisti con l’aiuto di una di loro, Natalia Lombardo: “Innanzitutto ti posso dire che quello che stiamo aspettando, tutti, è la cassa integrazione. Sono cessate le pubblicazioni dal 2 giugno. Stare senza stipendio da due mesi, di questi tempi, non è il massimo della vita. Solo ora è stato firmato l’accordo al Ministero del Lavoro per avviare la Cigs. Poi c’è tutto il dolore per la scomparsa dal panorama editoriale italiano di una testata così piena di significati politici e storici, e la rabbia per essere stati praticamente cancellati”.

A proposito di storia, Lombardo ci sottolinea anche al perdita dell’archivio storico dell’Unità, perché non è stato pagato il provider Tiscali e non è accessibile dall’inizio dell’anno.

Intanto a Milano proprio in questi giorni, L’Unità continua a far parlare di sé come festa nazional-popolare.

Una situazione piuttosto intricata, resa ancora più complessa dalla comparsa -virtuale- di Democratica, uno strumento di comunicazione che nelle intenzioni di Renzi non dovrebbe essere una testata giornalistica ma una piattaforma aperta al dibattito pubblico, tra gli iscritti al Pd: in pratica, si tratta di un pdf scaricabile e di lunghezza variabile tra le 6 e le 10 pagine, con tanto di link esterni e contenuti multimediali come video e file audio. Nelle migliori intenzioni, nasce come “uno strumento utile per intervenire nella discussione pubblica, ma anche un mezzo di informazione e discussione per tutti gli iscritti, i simpatizzanti, gli amministratori e dirigenti del partito”. In teoria, i due milioni di persone che hanno partecipato alle primarie del 30 aprile.

Questa è l’ambizione, almeno, come ha spiegato al quotidiano La Repubblica Andrea Romano, passato da condirettore dell’Unità cartacea a direttore della neonata iniziativa mediatica del Pd. Un’iniziativa che non ha mancato di suscitare polemiche, come quelle sollevate da Sergio Staino, direttore della defunta -per ora- testata fondata da Antonio Gramsci. Ma anche, inevitabilmente, qualche domanda, circa i rapporti tra l’azionista di maggioranza, rappresentato dalla Piesse, e quello di minoranza, il Pd, che però nei fatti ha mostrato i muscoli e decretato la chiusura dell’Unità.

La Piesse, nello specifico risponde ad Andrea Romano con una nota, in cui afferma che “ci limitiamo a replicare che sarà il tempo a stabilire chi è il prigioniero e chi il carceriere di questa vicenda”. “Per quanto riguarda L’Unità resterà a disposizione – nonostante le mille difficoltà causate dal ‘finto’ socio di minoranza – di chi vorrà avere un’opinione libera o semplicemente diversa da quella del Pdf scaricabile di nome Democratica – prosegue la nota – Al nuovo prodotto editoriale auguriamo comunque miglior sorte di quella che il non rimpianto Romano (di cui in redazione ricordano solo la passione per gli smartphone aziendali) ha portato a L’Unità. Spiace che le buone idee del segretario del Pd vengano affidate a esponenti di partito che si rivelano pessimi interpreti”.

Andrea Romano, ex condirettore de L’Unità, ora direttore di Democratica

I giornalisti dell’Unità cartacea non sono stati consultati, né contattati per realizzare Democratica, che viene redatta dai giornalisti di UnitaTv, di fatto un blog del Pd (con la società Eyu) che non ha niente a che fare con il sito del quotidiano (Unita.it) mai riaperto da quando il giornale è tornato nelle edicole nel 2015. Mancanza, questa, che ha contribuito a far perdere il legame con i lettori.

“Con la firma di un’intesa al Ministero del Lavoro sulla cassa integrazione per cessazione di attività – Si legge in un comunicato del 20 luglio, a firma Segreteria ASR – si chiude la storia più recente dell’Unità”. “Con la cassa integrazione – leggiamo avanti nel comunicato – garantiamo, come sindacato, i diritti di colleghi che da mesi erano rimasti senza stipendio, lavorando a un giornale che non usciva in edicola. Possiamo rassegnarci a questo destino o possiamo considerare questo passaggio una delle tante vite dell’Unità, morta più volta e più volta risorta dalle ceneri? Non sono domande superflue. Si può ripartire a patto che il giornale non sia ostaggio della vecchia proprietà e delle logiche che ne hanno segnato il recente fallimento ma ritrovi la sua identità, la rappresentanza del mondo civile, sociale ed economico che si muove intorno a quella “cosa” che chiamiamo Sinistra, dispersa in mille rivoli spesso conflittuali. Se la Sinistra ha voglia di battere un colpo, pensiamo che ci siano gli estremi per giocarsi un’altra possibilità. Ci sono molto probabilmente più di 4mila lettori al giorno in grado di comprare un quotidiano che rinasca intorno alle battaglie e alle rivendicazioni di diritti sociali, civili ed economici. Stampa Romana è pronta a fare la sua parte in un progetto di rilancio su queste basi”.

Gianvittorio Fedele
@sbavaglio

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