Storace contro Repubblica. E i tanti misteri del Giornale d’Italia

Senza Bavaglio
Roma, 9 luglio 2017

Un racconto da cui ci saremmo attesi la parola definitiva sul presunto “falso scoop” di Repubblica circa i soldi che Il Giornale d’Italia di Francesco Storace – consigliere regionale, vicepresidente del Consiglio regionale ed ex presidente della Regione – prende dalla Regione Lazio. 

Abbiamo atteso in silenzio rispettoso l’articolessa odierna del nostro Storace per toccare con mano i falsi del quotidiano di Mario Calabresi. Invece, 3mila battute di piagnisteo ma non un solo dato che certificasse un falso.

Il fatto
Storace – l’autore orgoglioso della “legge tagliamani”
che avrebbe dovuto recidere i legami economici fra politica e politici e finanziatori, impedendo che un politico potesse impiegare soldi pubblici per ripagare finanziatori privati – percepisce sotto forma di pubblicità soldi dalla Regione Lazio. Lo scriveva Repubblica, in un pezzo di venerdì 7 luglio, a firma di Lorenzo (Lucio per Storace poco attento anche in questo) D’Albergo. Nel pezzo si aggiungono alcuni dettagli: i soldi, Storace, li prende, per 18mila euro, da Arsial (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione in agricoltura), dalle Asl, dall’Astral (quella delle strade) e dall’Aremol (Agenzia Regionale per la Mobilità), più lo specchietto “La Regione Informa”. Insomma, non c’è ente regionale che in qualche modo non versi l’obolo a Storace per editare un sito e un quotidiano online in formato pdf.

Aggiunge D’Albergo: “18.300 euro” che sono “una mano santa per una Srl in difficoltà”. Già, perché nonostante questi soldi, l’attuale amministrazione del giornale sta naufragando coperta da un mare di debiti, tra l’altro non dovuti di certo alla carta visto che “Il Giornale d’Italia” in edicola non ci va. I giornalisti che ci lavorano – e il sindacato dovrebbe chiedere conto della regolarità economica e di lavoro: quanti hanno davvero un contratto giornalistico? Anzi, quanti hanno un contratto? – sono delusi e molti di loro pronti a cause risarcitorie: “arretrati accumulati” negli ultimi mesi. Da quanti mesi i giornalisti che sono lì fanno i volontari e non vedono un euro?

Diciottomilatrecenco euro non sono una gran cifra, ma noi vorremmo sapere se questa cifra viene versata al Giornale d’Italia soltanto da una delle agenzie citate da Repubblica e se anche altri enti o agenzie partecipano al finanziamento del giornale di Sorace con il loro contributo.

Già perchè oltre a quelle redazionali, è vero che ci sono altre voci di spesa da coprire? Ad esempio, l’affitto della sede? Viene pagato regolarmente l’affitto per il prestigioso palazzo a via Paisiello (ai Parioli), già di proprietà della Contessa Colleoni (quella della casa di Fini a Montecarlo), poi della fondazione Alleanza Nazionale? Un palazzo occupato, anni fa, da una frangia di attivisti emanazione diretta di Storace (gli stessi che recentemente hanno fatto irruzione nella sede del Consiglio regionale durante una seduta presieduta, in quel momento, proprio da Storace per fare, a beneficio delle telecamere, un proclama sulle occupazioni delle case). Storace che, infatti, subito dopo l’occupazione entra trionfante nelle centinaia di metri quadri al primo piano con terrazza e balconi da mille e una notte.

Dopo alcuni anni di occupazione abusiva, lo scorso anno, Storace ha raggiunto un accordo con la Fondazione per pagare il canone: qualcosa in più di un paio di migliaia di euro al mese di affitto (per un immobile che sul mercato sta a 4 o 5 volte questo prezzo). Chissà se poi, dopo i primi mesi, questo affitto sia ancora regolarmente versato. Anche in questo caso forze converrebbe che Inpgi e Casagit si facessero sentire. Vengono regolarmente versate le contribuzioni pensionistiche e sanitarie per i giornalisti che vi lavorano?

Insomma, nonostante questi soldi percepiti da Storace per il suo Giornale d’Italia, lo stesso sta naufragando: secondo Repubblica il rischio è quello di alzare bandiera bianca. Ovviamente, il Nostro, letto l’articolo, ha recitato subito il mantra della persecuzione politica: come osa Repubblica attaccarci? Delle fake sui soldi si perde subito traccia: “Ogni 24 ore mandiamo online con fatica e pochi quattrini questo Giornale. Ogni tanto una promozione sulla rete, qualche pubblicità quando ci scappa, compensi ai redattori quando capita, sorriso la sera nel vedere le pagine prima di tutti”. Amen.

Repubblica ha scritto il vero: Storace incassa i soldi dalla Regione, lui che della Regione è consigliere e vicepresidente del Consiglio. Lui che i giornalisti li paga quando capita.

Insomma, tutto vero. E quindi, non potendo controbattere nel merito, ecco che si alza il grido di dolore, il tentativo di trasformarsi in una vittima dei complotti: “La nostra presenza disturba il manovratore. Soprattutto nel Lazio, a partire da Nicola Zingaretti, che non sa se aggiungere ai preferiti o nella posta indesiderata la nostra comunicazione quotidiana”.

Ecco la mozione degli affetti: sì, prendiamo 18mila euro, anzi ce li hanno pure revocati, ma non licenzieremo nessuno. E se lo licenzieremo sarà proprio colpa del fatto che voi “zoticoni” (cit.) avete osato vedere che facciamo il Giornale d’Italia anche con i soldi pubblici: “Comunque, quei sessanta euro al giorno in meno non riusciranno a farci licenziare un solo redattore per mancanza di quattrini. Ma se tutti si tirano indietro il problema rischia di esserci. Vergognatevi”, scrive Storace.
Di chi la colpa? Certo non di un’amministrazione che annovera fra le sue “firme di punta” la moglie e anche il neodiciottenne figlio dell’amministratore del giornale stesso ma dei cattivi cronisti che non si fanno i fatti loro e vanno a guardare i conti pubblici.

Francesco Storace (a destra) presenta il nuovo Giornale d’Italia il 10 ottobre 2012

Suona poi patetico l’appello a Stampa Romana (“Ovviamente l’associazione Stampa Romana starà zitta di fronte ad un’aggressione”): il vicepresidente del Consiglio regionale non sa evidentemente che un sindacato si schiera in difesa dei lavoratori non del padrone. Lo ha già fatto, Stampa Romana, quando Storace, pur di liberarsi del suo addetto stampa in Consiglio regionale (a proposito di lavoratori che lui non licenzia e che lui stesso ha etichettato come “privilegi” della politica), dopo mesi di vessazioni, non ha esitato a far passare, con la complicità del presidente del Consiglio, Leodori (lo stesso che non fa applicare i contatti giornalistici ai gruppi alla Pisana), una modifica alla pianta organica dei membri dell’ufficio di presidenza. Con quella modifica ha semplicemente cancellato il posto di lavoro del suo addetto stampa.

Piuttosto che difendere l’indifendibile Storace, siamo certi che Stampa Romana scenderà in campo con tutta la sua forza per difendere i lavoratori del Giornale d’Italia.

A noi alla fine resta però un dubbio: chi ha deciso che il Giornale d’Italia fosse meritevole di ospitare la pubblicità istituzionale delle agenzie della Regione Lazio? La maggioranza che governa l’istituzione locale non è di destra ma di centrosinistra. Il presidente è il dem Nicola Zingaretti. C’è qualcosa che sfugge a noi e,evidentemente, è sfuggita anche a Repubblica.

Senza Bavaglio
@sbavaglio

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