INPGI/Tra Presidente e CdA piccoli tagli ai compensi, come se non ci fosse la crisi

Fabio Morabito
Roma, 13 giugno

Nell’INPGI che affonda lentamente, e ha annunciato un programma accelerato di vendita degli immobili, c’è una gran parte della sua dirigenza che sembra non rendersi conto della drammaticità della situazione del nostro sistema previdenziale.

Martedì 7 giugno il Consiglio generale si è riunito per decidere compensi e rimborsi dei suoi dirigenti, ma ha trovato il piatto già confezionato dal Consiglio d’amministrazione. E cioè: ridimensionamento del compenso della Presidente, ma piccole riduzioni per il Cda e il Collegio dei Sindaci. Misure che a 17 di noi non sono sembrate sufficienti. Il Consiglio generale ha approvato a maggioranza.

Fabio Morabito
Fabio Morabito

Nella delibera messa ai voti si è proposto un taglio del 5% dei compensi per Cda e Collegio dei sindaci (anche se va detto che nell’ottobre scorso il precedente Cda – che per la maggioranza è identico a questo – aveva già accettato una riduzione del 10% nel quadro della riforma delle misure previdenziali).

Marina Macelloni, come nuova presidente, ha accettato una riduzione più cospicua, che pone il tetto del suo compenso a 230.155 euro all’anno rispetto agli esagerati compensi del passato, chiedendo – e la cosa ha senso – di non rimetterci rispetto al suo attuale reddito da giornalista (è redattore capo al Sole 24 Ore ora in aspettativa). Non che il suo reddito arrivi a quella cifra, ma la somma (che peraltro è indicizzata come i compensi di Cda e Sindaci) indicata in delibera comprende l’equivalente della retribuzione attuale, più la quota Tfr, più l’equivalente della contribuzione previdenziale, quota Casagit e Fondo di previdenza.

I componenti del Cda, invece, dopo quest’ultimo taglio dovrebbero percepire poco più di 22mila euro l’anno (il doppio se si tratta di colleghi disoccupati, e anche questo è stato oggetto di critiche in assemblea da parte di un paio di consiglieri, perché l’incarico nell’INPGI non è – o non dovrebbe essere – sostitutivo dell’occupazione). Si parla naturalmente di cifre lorde.

DARE UN SEGNALE
Ad apertura del punto all’ordine del giorno sono intervenuto per chiedere una maggiore severità nel contenimento dei compensi, non perché questi incidano in modo significativo nel pesante disavanzo reale dell’INPGI (il bilancio è in attivo solo dopo un’operazione di cosmetica finanziaria sugli immobili, che continuerà ancora per due anni), ma per dare un segnale di responsabilità e di opportunità. Come consigliere generale ho diritto per ogni riunione a un gettone di presenza di 80 euro (lordi anche questi) che mi dicono sia un importo invariato da una ventina d’anni, quando c’era ancora la lira. Questi 80 euro sì che sono una somma congrua. Ma – ho aggiunto – intendo rinunciarci perché ho un lavoro, vivo del mio lavoro, e da sindacalista il mio impegno è dalla parte dei colleghi perché possano anche loro vivere del proprio lavoro.

UN LIMITE
Chi presiede l’INPGI non dovrebbe avere un compenso superiore a chi guida l’Inps (che sono milioni di posizioni previdenziali, e lo stipendio è di 102mila euro), e un tetto va indicato per il futuro.  Allineare il compenso a quanto si percepiva come giornalista è una richiesta che rispetto, ma capisco anche tutte le motivazioni critiche che sono state poi indicate nel dibattito (che si possono sintetizzare così: nessuno obbliga ad accettare la presidenza; è un incarico di servizio; ci deve essere un limite che non può essere lo stipendio da giornalista). Credo che il compenso vada deciso prima delle candidature, così chi guadagna di più facendo il giornalista (peraltro lavorando il sabato e la domenica, cosa che non è richiesta al Presidente dell’Inpgi) può fare le sue scelte e magari decidere di dedicarsi a un’esperienza di servizio rimettendoci qualcosa.

LA MEDIAZIONE
Nel mio intervento ho condizionato il sì alla delibera ad almeno una drastica riduzione dei compensi del Cda. Come ulteriore tentativo di mediazione ho proposto che almeno venissero ridotti della metà i compensi dei soli consiglieri d’amministrazione confermati.

logo piazza pulita 600Per un motivo: si tratta di colleghi che nei quattro anni precedenti (il primo taglio, del 10 per cento, ha riguardato solo gli ultimi mesi di consiliatura) hanno percepito centomila euro ciascuno, oltre naturalmente alla stipendio o alla pensione. Così il Cda non è più un incarico di servizio, ma diventa un secondo reddito. E il rischio – molto molto concreto – è che la riconferma venga vissuta come una necessità personale.

CONFERMATI
Dei dieci giornalisti eletti come INPGI 1 nel Cda precedente uno era Camporese (due mandati da Presidente, limite massimo per lo Statuto). Altri due componenti non si sono ripresentati alle elezioni. Degli altri sette, tutti rieletti in Consiglio generale, solo una (Silvia Garambois) non è stata riconfermata in Cda. Altro che rinnovamento, dopo le polemiche e gli scontri che hanno infiammato social e gruppi alla vigilia di un voto che poi – tranne che nel Lazio – è stato condizionato dagli assetti sindacali della FNSI.

EMENDAMENTO A SORPRESA
La mia richiesta, per votare sì alla delibera, è stata questa. Ma l’assemblea ha puntato l’attenzione più sulla rinuncia (che io intendevo su base volontaria) agli ottanta euro (somma fatidica di questi tempi, come ha notato con spirito un collega di Milano pensando al bonus di Renzi). E così altri colleghi hanno deciso di rinunciare, mentre altri ancora hanno chiesto che diventasse una proposta politica e quindi imposta a tutti.

Infine, un collega ha presentato un emendamento perché fossero tolti gli 80 euro. Un emendamento enunciato solo a voce, e che è stato approvato. Poi – un’ora dopo il voto – lo stesso collega ci ha ripensato, proponendo di modificarlo facendo delle eccezioni in nome di un “ordine del giorno interpretativo”: ma l’imbarazzo generale di fronte a questa situazione ha chiuso per ora la questione.

CONSIGLIERI ROMANI A COSTO ZERO
Ci sono stati altri due emendamenti. Uno presentato da me, per eliminare i rimborsi ai consiglieri di Roma (sono sempre stati previsti taxi oppure rimborsi chilometri per andare alle riunioni), perché la sede dell’INPGI è Roma, e da casa alla redazione si va con mezzi propri.

Quindi quando si è in permesso sindacale perché dovrebbe essere diverso? L’emendamento è stato approvato ma con 23 voti a favore e 20 contrari, quanto basta per una contestazione (perché a causa di qualche astensione non è stata superata la metà più uno dei votanti). Infine è stato bocciato un emendamento che immagino avrebbe voluto limare ulteriormente i compensi “alti”: del 10 per cento quello della Presidente, del 5 per cento del Cda. Mi sono astenuto, apprezzandone le intenzioni ma non certo la forma.

Fabio Morabito durante un incontro con i cronisti romani
Fabio Morabito durante un incontro con i cronisti romani

Quell’emendamento infatti, se fosse passato, a causa di un difetto di scrittura non avrebbe secondo me ottenuto l’effetto voluto. Questo perché nel testo si faceva riferimento come termine di paragone alla delibera dell’ottobre scorso, quello del primo taglio del 10 per cento.

Quindi per Cda e Collegio dei sindaci non sarebbe cambiato niente (perché anche nella delibera approvata dal Cda è già prevista un’identica sforbiciata del 5 per cento) mentre per il compenso della Presidente fare riferimento all’ottobre scorso avrebbe rischiato di produrre in realtà un aumento. Possibile? Sì, perché nella delibera della maggioranza, spostando i contributi previdenziali e Tfr nella voce stipendio e lasciando inalterato il totale della voce “compensi” che prima non comprendeva queste voci, si produce un taglio maggiore, che è stato valutato in 80mila euro.

LA GIUNGLA DEI RIMBORSI
L’emendamento mi convinceva, invece, nella parte che limitava a gettoni di presenza i compensi dei rappresentanti INPGI 2: questo è un discorso da riprendere.

Infine, un “tentativo” di emendamento (mio) è stato bloccato, perché toccava una decisione già approvata dalla precedente consiliatura (nel 2015) nel bilancio preventivo: proponevo un taglio delle spese di rappresentanza, che sono 20mila euro l’anno.

Mi sembrano tanti quasi 1.700 euro al mese, agosto compreso, considerando che le cariche INPGI hanno già i rimborsi spese.  L’esempio di spese di rappresentanza che ha fatto la Presidente in assemblea (l’invito dell’INPGI agli altri presidenti degli organi di categoria) non mi sembra pertinente, perché anche le altre presidenze di categoria sono rimborsate.

Sulla delibera complessiva ho votato contro (perché è stato fatto qualcosa ma non abbastanza) insieme a parecchi altri colleghi, ma nessuno di quelli che criticavano il taglio del gettone da 80 euro (un collega ha osservato: ma come, tagliamo del 5 pr cento il Cda e del 100 per cento i consiglieri?) ha avuto la determinazione di bocciare la delibera generale della quale gli emendamenti approvati diventavano parte integrante.

NON TUTTI PIU’ ALLINEATI
La mia impressione è che molti difendano un sistema, forse senza neanche troppa convinzione, e preferiscano tacere in pubblico. Naturalmente è un’impressione. Fatto è che anni fa un Consiglio generale approvò un supercompenso al presidente. E non ci fu dissenso: Marina Macelloni, intervistata qualche giorno fa da Report, a una domanda polemica sullo stipendio troppo alto del presidente dell’INPGI, replicò ricordando che allora la decisione di approvarlo fu presa all’unanimità.

Io sono nuovo all’Istituto, però sono molti i colleghi che sono stati riconfermati e alcuni di loro hanno evidentemente sposato adesso la linea della sobrietà. È un merito saper cambiare idea ma chissà quanti non erano convinti allora, ma non hanno voluto esporsi e le decisioni così sono scivolate sulla corrente del conformismo.

Stavolta qualche schema si è rotto, ma servono più importanti verifiche per capire se sta cambiando qualcosa. Il conformismo è un male del sindacato dei giornalisti che ho ritrovato nell’INPGI: è tanto facile alzare la mano per una votazione, più impegnativo è che sia la conseguenza di una riflessione.

Fabio Morabito
Consigliere generale dell’INPGI

Altri interventi su www.senzabavaglio.info

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