Cinque testate Mondadori passano a La Verità: Belpietro detta le condizioni

Speciale per Senza Bavaglio
Valerio Boni
Milano, 26 ottobre 2019

Uno stringato comunicato Mondadori datato 23 ottobre 2019 segna una nuova tappa del processo di dismissioni avviato dall’ex colosso di Segrate, che si libera di altre cinque testate, nello specifico Confidenze, TuStyle, Starbene, Sale&Pepe e Cucina Moderna. Un’operazione che coinvolge complessivamente 60 persone, 50 giornalisti (comprese le figure apicali) più dieci editoriali. Questa volta il meccanismo di trasferimento è diverso, non prevede una cessione a La Verità come avvenuto per Panorama, ma il conferimento delle redazioni in una nuova consociata, con una formula mai collaudata in precedenza, che prevede un sistema di clausole contrattuali il cui obiettivo sembra essere quello di tutelare più Belpietro che Mauri.

Nella parte centrale, la più interessante, il documento recita: “L’offerta, che ha validità sino al 31 dicembre 2019, prevede la costituzione di una NewCo, la cui partecipazione sarà al 75% da parte de La Verità S.r.l. e al 25% da parte di Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.; tale offerta comporta anche un earn-out a favore del socio Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. e meccanismi di put/call a favore dei soci”. L’offerta è stata ufficialmente depositata e le parti hanno 25 giorni di tempo per perfezionare l’accordo, che porterebbe al trasferimento prima della fine del 2019.

Tradotto in parole più comprensibili a tutti, significa che in questa fase La Verità non verserà un centesimo ad AME per acquisire il controllo della società e delle redazioni, poiché è stato stabilito che il pagamento avverrà con i ricavi derivanti dalla vendita delle riviste e dai ricavi pubblicitari. A questo proposito pare che Mediamond, la concessionaria pubblicitaria di Segrate, si sia impegnata a contribuire con un minimo garantito, indipendentemente dalla reale raccolta. Una clausola impegnativa, una sorta di contratto capestro, soprattutto in questo momento, che in passato Mondadori aveva imposto alle concessionarie esterne alle quali era stata per esempio affidata la gestione pubblicitaria delle testate dell’area motori.

I tempi oggi sono cambiati e appare evidente che i manager di palazzo Niemeyer non abbiano più la forza di un tempo e siano obbligati ad accettare le condizioni dei nuovi partner. Una situazione che è peraltro sottolineata dai meccanismi put/call citati nel comunicato. In parole povere, dopo un periodo di rodaggio che potrebbe essere di un paio d’anni i soci avranno la possibilità di decidere l’assetto definitivo a seguito di un attento bilancio. Tuttavia anche in questo caso il coltello dalla parte del manico lo tiene Maurizio Belpietro, poiché in quel momento potrà scegliere se rilevare il rimanente 25 per cento alle condizioni stabilite oggi oppure, nel caso i conti non tornino, restituire il 75 per cento al socio. Quindi rispedire al mittente il pacchetto completo, testate e giornalisti.

Allo stato attuale sembra che La Verità S.r.l. non sia intenzionata a svolgere il ruolo di “curatore falimentare”, occupandosi del lavoro sporco di chiudere testate e lasciare a casa il personale. Al contrario pare ci sia un piano articolato, costruito attorno a un contenimento dei costi. A questo proposito bisognerà vedere come sarà affrontato l’argomento, per evitare di generare una frattura netta tra il personale, come avvenuto (e continua ad avvenire) all’interno della redazione di Panorama, dove convivono giornalisti che si sono autoridotti lo stipendio prima del trasferimento, e altri che non hanno ceduto al ricatto.

Qui la situazione è complessa, perché da un lato ci sono i colleghi di Confidenze e TuStyle che già avevano concordato un taglio prossimo al 30 per cento della retribuzione per evitare la vendita al fantomatico editore croato Andelko Aleksic e mantenere il posto a Segrate. Poi ci sono gli altri. L’obiettivo è quello di ottenere un risultato simile, ma dopo l’esperienza precedente è probabile si scelga una strada meno traumatica. Belpietro potrebbe per esempio fare a tutti un discorso non bellicoso, ma deciso: «Questa è l’ultima occasione per mantenere in vita queste riviste, se collaborate tutti al progetto trarremo tutti benefici, in caso contrario potete immaginare gli effetti».

Con queste cinque testate in meno AME si libera di un peso, ma rimane ben lontana da quelli che sono gli obiettivi di questi ultimi anni. Dopo avere spremuto tutto il possibile da esuberi e stati di crisi sfruttati per fare cassa, la drastica riduzione di organici nell’area periodici non taglia i costi fissi. Al contrario diventa complicato ripartire le spese su un numero di centri di costo sempre più contenuto, a cominciare dalla locazione del palazzo di fronte all’Idroscalo. Gli importi da versare alle Generali, la compagnia assicurativa proprietaria dell’immobile non cambiano, come le spese per la manutenzione, e a questo proposito si sta facendo largo l’ipotesi di un nuovo business, il subaffitto degli spazi a realtà esterne, senza escludere la possibilità di cedere gli spazi della storica libreria sotterranea a una palestra aperta 7 giorni su 7.

Se, come è probabile, la proposta di Belpietro sarà accettata entro dicembre, restano ancora da piazzare le redazioni rimanenti. Possono essere tollerate quelle storiche sopravvissute, da Grazia a Donna Moderna, ma restano alcune palle al piede che solo pochi anni fa sono state presentate come progetti rivoluzionari. La prima è Spy, un settimanale di gossip dove peraltro è in carico un solo giornalista, la seconda è “Il mio Papa”, classe 2014, con tre giornalisti in organico.

Se la prima sparisse probabilmente pochi lettori sentirebbero la mancanza, mentre il secondo dopo un iniziale successo e la concessione delle licenze di pubblicazione di edizioni straniere ha iniziato un periodo di agonia, accelerato dall’arrivo di “Maria con te”, il primo settimanale mariano del Gruppo Editoriale San Paolo. A questo proposito circola una voce non confermata, ma curiosa. Pare che nel pacchetto da cedere a La Verità S.r.l. fosse incluso il periodico dedicato a Papa Bergoglio, ma che il Vaticano non abbia gradito che a occuparsi dell’argomento fosse Maurizio Belpietro. In ogni caso le manovre non sono certo terminate, mosse più o meno prevedibili (dipende anche dagli esiti delle cause in corso) seguiranno nelle prossime settimane.

Valerio Boni
Twitter @senzabavaglio

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