Quel pasticciaccio brutto tra uffici stampa, pierre e portavoce

Speciale per Senza Bavaglio
Pino Nicotri
Milano, 18 novembre 2017

Nel fragore dello scandalo delle prepotenze sessuali di produttori e attori cinematografici, in Italia nato dalle tardive rivelazioni di Asia Argento su Harvey Weinstein,  c’è un particolare che è sfuggito. E che non avrebbe dovuto invece sfuggire quanto meno a chi è impegnato nel settore normativo e sindacale del mondo del lavoro e della  professione di giornalista. Dalle polemicuzze nate dal fatto che Bruno Vespa non s’è precipitato a invitare Asia Argento a Porta a Porta è saltato fuori il seguente comunicato della redazione vespiana:

“Appena è scoppiato lo scandalo Weinstein ed è stata resa nota la notizia relativa alla denuncia di molestie da parte della attrice nei confronti del produttore americano, la trasmissione – spiega la redazione in una nota – ha immediatamente provveduto all’invito per un faccia a faccia della Argento con Bruno Vespa. Questo è avvenuto mercoledì 11 alle ore 12.54 prima con una telefonata alla stessa attrice, che non ha risposto, poi attraverso il suo ufficio stampa, Maria Cristina Benelli. [….] In seguito il suo ufficio stampa, ricontattato da noi domenica 15 alle ore 17:20 e poi sollecitato con un sms, ci ha risposto che l’attrice avrebbe preso la decisione di partecipare, collegata da Berlino, alla trasmissione #cartabianca”.

Dal comunicato di Porta a Porta si apprende che l’attrice dispone di un suo ufficio stampa, citato due volte. Forse in realtà si tratta “solo” di un addetto stampa o di un addetto alle pubbliche relazioni, detto anche più brevemente “pierre”, nella persona di Maria Cristina Benelli definita “ufficio stampa”, sta di fatto che il comunicato spiega che c’è chi per Asia Argento svolge un lavoro che ha in qualche modo a che fare col giornalismo e coi giornalisti. E sorvoliamo sul fatto che la Carta dei doveri del giornalista degli Uffici Stampa (http://www.odg.it/files/Carta%20doveri%20uffici%20Stampa_nov.2011_2.pdf) chiarisce espressamente che

1) – “Si definisce come attività di Ufficio Stampa una funzione prettamente giornalistica, in quanto diffonde notizie per conto di aziende, organismi, enti privati o pubblici”;

2) – “La qualificazione di ufficio stampa e la denominazione di addetto stampa o capo ufficio stampa sono riservate unicamente agli iscritti all’Ordine dei Giornalisti”;

3) – “sono esclusi dall’attività di Ufficio Stampa differenti aspetti della comunicazione come relazioni pubbliche, relazioni con i cittadini, marketing e pubblicità”.

4) – “Anche la figura del “portavoce”, diffusa soprattutto in politica e negli organismi elettivi, non è compresa nella definizione di Ufficio Stampa ed è quindi incompatibile con il ruolo di addetto stampa, coordinatore o capo ufficio stampa”.

La definizione e il divieto valgono per gli uffici stampa di aziende ed enti privati o pubblici, ma non si capisce in base a quale logica non debbano eventualmente valere anche per livelli inferiori a quelli aziendali qual è per esempio un’associazione o un privato cittadino: le commistioni tra il sacro, in questo caso il giornalismo, e il profano, tutto il resto, sono sempre sacrileghe. Tant’è che, come vedremo, l’Ordine dei Giornalisti sta cercando di eliminare le differenze. Ma sorvoliamo.

Bene. Ma la Benelli, pierre o ufficio stampa, ha un contratto di lavoro? E di che tipo?  Da pierre o da giornalista? Se si tratta di un contratto da giornalista, bene, siamo tutti contenti: evviva la correttezza e generosità di Asia Argento! Correttezza e generosità rara avis, come dimostra anche lo scandalo dei “collaboratori dei parlamentari”, collaboratori che di fatto sono addetti stampa e portavoce, che non solo non hanno il contratto da giornalista, ma sono pagati meno del dovuto, in nero e spesso lavorano anche per più di un parlamentare “al prezzo”, sempre in nero, di uno. Scandalo, si badi bene, nato non da una denuncia del sindacato dei giornalisti o da altro sindacato, bensì da una puntata del programma televisivo “Le iene” e dalla denuncia della “portaborse” parlamentare Federica B. La stessa Federica B. che la presidente della camera dei deputati, onorevole Laura Boldrini, ci ha tenuto a incontrare di corsa per dirle “Hai fatto la cosa giusta” (https://www.youtube.com/watch?v=floZWGJxiq4). Incontrarla non in privato, ma davanti a telecamere e giornalisti.

E qui già si pone una prima osservazione, anzi un problema, anche se col caso Argento/Weinstein non c’entra nulla. L’onorevole Boldrini, che presiede il parlamento da oltre quattro anni  (http://www.cronacaoggi.com/2017/10/06/boldrini-scandalo-portaborse-2152/), dal 19 marzo 2013 ha come  portavoce il giornalista Roberto Natale, già presidente dal 2007 al 2013 della Federazione Nazionale dei Giornalisti Italiani (FNSI), il sindacato nazionale della categoria. Il problema è che il giornalista professionista, qual è indubbiamente Natale, svolgendo l’attività di portavoce, per legge non considerata e non considerabile giornalistica,  viola platealmente quanto previsto dalla legge n. 69 del 3/2/1963, vale a dire dalla stessa legge istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti. Tale legge infatti sancisce:

“Sono professionisti coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione giornalistica”.

Laura Boldrini con Roberto Natale

E’ da oltre quattro anni che Natale lavora come  portavoce della Boldrini, lavoro che gli vieta per legge di fare nel contempo il giornalista. Ne consegue che non svolge “in modo continuativo la professione giornalistica”: di conseguenza dev’essere cancellato dal relativo Albo professionale.  Cancellazione che non sappiamo se sia avvenuta e che speriamo, ovviamente, non lo sia neppure in futuro.

Che quello di Natale, degli altri portavoce e degli addetti stampa almeno dell’amministrazione pubblica non sia un problema di lana caprina lo dimostra il varo lo scorso luglio di un’apposita commissione (http://www.odg.it/content/uffici-stampa-pa-quale-futuro) in seno all’Ordine dei Giornalisti incaricata di promuovere la modifica della legge 150 del 2000: si tratta della legge che regola le attività di comunicazione e di informazione dell’amministrazione pubblica distinguendo nettamente le prime, non giornalistiche, dalle seconde, giornalistiche. La commissione è incaricata tra l’altro di proporre e promuovere la modifica dell’articolo 7 della legge 150, dell’articolo cioè che si occupa dei portavoce: l’obiettivo è quello di ottenere che siano giornalisti anche gli addetti stampa eliminandone così l’attuale contrapposizione.

Tale modifica dell’articolo 7, una riforma a costo zero, allineerebbe l’Italia con il resto della Comunità Europea. Tant’è che questo aspetto è stato discusso dall’apposita commissione dell’Ordine con Giovanni Grasso, portavoce del presidente della Repubblica, e con Gianfranco Astori, consigliere particolare del Quirinale per l’Informazione, che hanno lodato l’iniziativa.

Nel luglio 2014 l’Ordine dei Giornalisti ha inoltre approvato un ordine del giorno che prevede l’introduzione di almeno un giornalista anche negli uffici stampa del settore privato. E sempre in tema di uffici stampa del settore privato nel febbraio 2016  l’Ordine ha approvato – all’unanimità – un altro ordine del giorno che  ne segnala al legislatore il vuoto normativo e lo invita a eliminare le differenze tra uffici stampa del settore privato e uffici stampa della pubblica amministrazione.

Insomma, ce n’è a iosa perché si faccia finalmente chiarezza e si dia la dovuta dignità contrattuale e professionale all’esercito dei “collaboratori parlamentari/portaborse/addetti stampa/portavoce”, che – nominalismi a parte – per il proprio principale svolgono chiaramente lo stesso lavoro di Natale per la Boldrini con il più anche il lavoro di addetto stampa nonostante il divieto di mescolanza. Il tutto quasi sempre in nero e senza contratto!  Da notare che stiamo parlando del parlamento della Repubblica italiana, e non di un dopolavoro aziendale o di una bocciofila. La chiarezza, la trasparenza e la correttezza dovrebbero quindi essere d’obbligo… Dovrebbero.

Come che sia, sappiamo però che è molto difficile, se non decisamente impossibile,  che in  tutti questi anni né Natale né Boldrini non si siano mai accorti della situazione dello stuolo di assistenti dei parlamentari, meglio noti come “portaborse” quando invece ne sono anche e soprattutto i portavoce e gli addetti stampa.

Era lecito aspettarsi una maggiore sensibilità e capacità di osservazione anche da parte di Laura Boldrini, visto che come Natale viene dai ranghi del giornalismo lei viene dai ranghi del “portavocismo”: è stata infatti per 14 anni una portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati dal 1998 al 2012. Inoltre, come se non bastasse, è  anche lei una giornalista (http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=BOLDRINI%20Laura), oltre che moglie separata di un giornalista e compagna da anni di un altro giornalista. Ci si poteva quindi attendere una sua maggiore attenzione per i suoi meno fortunati colleghi portavoce e giornalisti di fatto, che affollano il parlamento certo non meno dei parlamentari.  Oltretutto è inevitabile che chi presiede la Camera e il proprio portavoce/addetto stampa  abbiano spesso a che fare con i portavoce/addetti stampa di chi alla Camera ci sta come parlamentare e non come passante o impiegato.

Teniamo presente inoltre che non esistono solo i “portaborse”, cioè i portavoce/addetti stampa dei singoli parlamentari, ma anche quelli dei singoli gruppi politici rappresentati alla camera e al senato. E qui si tratta indubbiamente di persone che fanno soprattutto lavoro giornalistico, tant’è che se qualcuno – Laura Boldrini e Roberto Natale compresi –  telefona chiedendo al centralino “Mi passi per cortesia l’ufficio stampa del tal gruppo”, il centralino non risponde che l’ufficio in questione non esiste, ma gli passa invece subito la telefonata.

Come nel caso della “portaborse” Federica B., la presidente della camera dei deputati ci ha tenuto a precipitarsi a dire la sua anche sulla vicenda Argento/Weinstein: a botta calda e in un’intervista (http://www.corriere.it/esteri/17_ottobre_19/cara-asia-ti-dico-resta-italia-gente-te-56dd2472-b442-11e7-b73f-b517701f3ad7.shtml) del Corriere della Sera anche se era impegnata da giorni a New York e in Canada. Bene. Non vorremmo però che tutto si riducesse a pubblicità per sé e invece per gli altri a prosecuzione della beata ignoranza della loro situazione: vale a dire, in questo caso, della massa di chi pedala come ufficio stampa e/o come portavoce con contratti un po’ troppo disinvolti o addirittura assenti e paghe un po’ troppo di comodo e anoressiche.

Un ulteriore motivo di opportuna e doverosa chiarezza è rappresentato dal fatto che, stando alle notizie che circolano, Asia Argento e Laura Boldrini saranno alla guida della manifestazione nazionale indetta per il 24 novembre per protestare contro molestie e abusi sessuali sulle donne. Molte delle quali, si noti bene, lavorano in uffici stampa e come portavoce: difficile difendersi da eventuali molestie e abusi del “principale” se si resta prive di diritti acquisiti e quindi ricattabili di fatto.

Si è provveduto o si sta almeno provvedendo a far passare alle dipendenze del parlamento, come succede in vari Paesi civili, anziché, nonostante le chiacchiere e la solidarietà di maniera, farli restare alle dipendenze dei singoli parlamentari?  I quali per pagare i propri “portaborse” prendono ogni mese in busta paga altri 3.700 euro. Finché questi soldi passeranno per le tasche  degli onorevoli è difficile che il malcostume cambi. A meno di un’apposita clausola nel regolamento delle Camere, con annessi controlli. Fino ad oggi però non se ne vede neppure l’ombra.

Pino Nicotri
Senza Bavaglio

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