Caro Marcello, prima di esprimere giudizi occorre sapere di cosa si sta parlando

Disinformazione: il problema SOPAF non è il rendimento ma una cresta di oltre 6 milioni
di Massimo A. Alberizzi 

Massimo Alberizzi durante il suo lavoro di corrispondente dall’Africa

Ahi ahi ahi caro Marcello Zinola,

tu mi caschi sullo scandalo! Infatti nel tuo post in 10 punti – che contesteremo uno per uno – mostri grande pressapochismo. Da cronista avresti potuto seguire in tribunale le vicende del tuo protetto Camporese, cosi da poter scrivere le cose come stanno. Da lettore avresti potuto leggere le cronache dei colleghi. Invece non ti sei informato. E ciò che scrivi depista il lettore e lo porta a pensare cose diverse da quelle accadute.

 

Vedi Marcello, tu sei innocentista e infatti scrivi: “Sono curioso di capire come possiamo essere stati truffati con un investimento che ha reso 14,5 mln all’istituto”. Io invece – come dovrebbero essere tutti i giornalisti – sono un osservatore neutrale e non dico “Camporese è colpevole”. Ma neppure “Camporese non è colpevole”. Non lo so; non sono un magistrato e non ho visto, come non le hai viste tu, tutte le carte.

 

Ma comunque se sei “curioso di capire”, eccomi qui – assieme al collega Pierluigi Franz – a soddisfare la tua curiosità.

 

Primo chiariamo immediato. Sono perfettamente d’accordo con te: l’investimento Sopaf ha dato ottimi rendimenti. E su questo siamo perfettamente d’accordo. Ma non è questo il dato del contendere. L’inchiesta penale dei giudici NON riguarda il rendimento di quell’investimento, bensì LA MODALITÀ DI ACQUISTO delle 225 quote del Fondo FIP per 30 milioni di euro da parte dell’INPGI 2. Ribadisco INPGI 2.

 

Quindi ripeto per maggiore chiarezza e per ribattere alle decine di post che continuano a domandarsi, “Dov’è la truffa?”: il guadagno per l’INPGI 2 derivante dal rendimento delle 225 Quote del Fondo FIP successive al loro acquisto avvenuto nel marzo 2009, non c’entra nulla con l’inchiesta penale ed è depistante ed è servito a Camporese per sviare ogni sospetto. Fare credere ai colleghi che i giudici indaghino su una presunta truffa perpetrata in un’operazione che invece è stata vantaggiosa per l’INPGI, è malizioso oltre che sbagliato. Induce infatti a far pensare: “L’operazione è andata bene, ha fruttato dei soldi perché dunque il regista dovrebbe essere colpevole di truffa?” Ed è quello che ti chiedi anche tu, Marcello.


Per il Gup di Milano dottor Santangelo il danno derivato all’INPGI è stato di 7,5 milioni di euro, pari alla differenza tra quanto pagò l’INPGI 2, cioè 30 milioni, e quanto spese invece la SOPAF, Società quotata in Borsa a Milano del Gruppo Magnoni, per acquistare per 22 milioni 500 mila euro le 225 quote del Fondo FIP dalla società austriaca IMMOWEST.

Ci sono ancora molti punti da chiarire e io e il bravissimo e competente collega Pierluigi Franz non abbiamo preso visione di tutte le carte. Ma una cosa è certa al 100 per 100: la SOPAF offrì in vendita all’INPGI le 225 quote FIP (residuo del fallimento della Lehman Brothers) senza possederle – perché non aveva i soldi necessari per acquistarle dagli austriaci – a un prezzo di 100 mila euro l’una da pagare entro marzo 2009.

 

Il 3 marzo 2009 l’INPGI versa i 30 milioni di euro (pari a circa 130 mila euro per ogni quota FIP) su un conto corrente ESCROW vincolato presso Banca Intesa a Milano con obbligo di sbloccare i soldi solo al ricevimento dei titoli dalla SOPAF.

 

Il 12 marzo la SOPAF, sapendo di avere già la certezza assoluta della copertura dei fondi necessari presso Banca Intesa, acquista dall’austriaca IMMOWEST le 225 quote per 22 milioni 500 mila euro.

 

E così, quasi per magia, la SOPAF guadagna in un solo giorno 7 milioni e mezzo di euro. Parallelamente con un’identica operazione ne ha guadagna altri 20 dall’ENPAM (L’ente di previdenza dei medici). E così la SOPAF in un solo giorno ottiene graziosamente la bellezza di 27 milioni 500 mila euro (oltre 53 miliardi di vecchie lire) tra INPGI ed ENPAM senza aver neppure speso un euro.

Marcello Zinola
I giudici ritengono che la SOPAF abbia poi girato qualcosa di quei 7 milioni di euro (che sarebbero dovuti finire all’INPGI, tranne una ragionevole commissione) a chi le aveva consentito un simile e colossale guadagno. Per altro non sarebbe così strano in un Paese collocato ai 64° posto su 164 nella classifica dei Paesi più corrotti del mondo stilata dall’organizzazione Transparency International. Non ti pare? Oppure facciamo come Berlusconi: la corruzione e l’abuso di ufficio non esistono?

 

Noi siamo garantisti, non facciamo ipotesi, lasciamo che i magistrati facciano il loro lavoro. Ma dopo aver preso atto di quanto successo ci è sembrato piuttosto curioso che il CdA abbia respinto la richiesta di costituzione di parte civile, doverosa per tutelare il denaro degli iscritti. Ma insomma, Marcello, questa volta una curiosità dovresti levarmela tu: perché l’INPGI, a differenza delle altre casse non si è costituita parte civile al processo?

Che non vuol dire contro Camporese, ma contro chi – chiunque esso sia – ha eseguito un’operazione che – così descritta – può apparire spregiudicata, se non truffaldina.

 

La SOPAF poi sperperò questa fortuna e fallì. Ed è stata l’inchiesta sul crack che ha portato al rinvio a giudizio di Camporese. Se non ci fosse stato quel fallimento, nessuno avrebbe saputo nulla di questa operazione…stravagante, diciamo cosi.

Spero che ora ti sia tutto chiaro perché l’ottimo rendimento successivo dei titoli, non c’entra proprio nulla con l’inchiesta

Quindi, per favore, Marcello, rettifica le informazioni sbagliate che hai scritto e spiega, invece, perché l’INPGI non si è ancora costituito parte civile nel processo penale sul caso SOPAF.

 

Cordiali saluti

Massimo

 

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