E’ arrivato il momento di fare PIAZZA PULITA ALL’INPGI, non a parole ma con i fatti. Siamo un gruppo di colleghe e colleghi di solida esperienza professionale e di estrazioni culturali varie. Alcuni di noi si riconoscono nelle posizioni di Senza Bavaglio. La maggior parte si è accostata solo di recente all’attività degli organismi della categoria, spinti soprattutto dall’allarme e dall’indignazione per quel che abbiamo visto intorno a noi.
Pensiamo che la dirigenza che ha governato gli enti dei giornalisti in questi anni abbia commesso errori molto gravi, a partire dalla firma degli ultimi due contratti collettivi che, fra l’altro, hanno trascinato il nostro Istituto di previdenza sull’orlo del collasso. La perdita di posti di lavoro, non compensata da assunzioni, ha provocato una contrazione delle entrate contributive cosa che ha danneggiato le casse dell’Istituto, fino a poco tempo fa in buona
salute.
Consideriamo la dirigenza attuale dell’INPGI responsabile non solo di aver fiancheggiato i vertici sindacali in queste e altre scelte disastrose, ma anche di aver introdotto nella gestione dell’ente comportamenti all’insegna dello spreco più selvaggio.
Nello statuto dell’INPGI ci sono norme che non esitiamo a definire irresponsabili, come quella per cui il presidente deve avere uno stipendio più alto almeno del dieci per cento del direttore generale. I compensi degli organi collegiali e del collegio sindacale nel 2014 sono arrivati all’astronomica cifra di un milione e centomila euro (a cui vanno aggiunti 370.000 di rimborsi spese).
Pochi colleghi sanno probabilmente che la FNSI e le Associazioni Regionali sono foraggiate dall’INPGI con oltre 2,5 milioni di euro l’anno che nel bilancio figurano come non meglio specificati “servizi resi dalle associazioni di stampa”. E’ una scorrettezza molto grave anche sul piano etico, visto che le risorse versate obbligatoriamente da tutti i giornalisti italiani a fini previdenziali sono utilizzate a favore del sindacato, in cui solo una parte si riconosce. Nel preventivo 2015 questa voce risulta addirittura in aumento di 50 mila euro rispetto all’anno precedente. Vedremo a quanto arriverà al momento del consuntivo.
Come sorprendersi se in questa situazione le uscite superano ormai strutturalmente le entrate e i conti si rivelano, in prospettiva, insostenibili?
Un discorso a parte meritano gli atteggiamenti di incomprensibile generosità verso gli editori. Sempre nel 2014 l’INPGI ha pagato ben 16 milioni di euro per i contratti di solidarietà, al fine di alleviare le pesanti decurtazioni di stipendio imposte ai colleghi, mentre nelle stesse aziende si pagavano premi milionari ai manager. Per cosa sono stati premiati?
Fondamentalmente per aver quantificato e fatto accettare alle rappresentanze sindacali decine e decine di esuberi che si tradurranno prima o poi in altrettante cessazioni di posizioni contributive all’INPGI. E ci sono casi in cui la riorganizzazione pagata in questo modo è stata così inconsistente da richiedere l’apertura di un nuovo stato di crisi (dunque altri contributi dell’INPGI) immediatamente dopo la chiusura del precedente!
Chi ha gestito l’INPGI 2 ha utilizzato la propria posizione in Comitato Amministratore più come un posto di lavoro ben retribuito che come un incarico al servizio dei colleghi, tra l’altro, caricando i liberi professionisti di un contributo maggiore per la maternità e ventilando una pseudo Casagit ridottissima, con un impegno annuo di tre milioni di euro per dare a circa 6.000 colleghi qualche prestazione sanitaria irrisoria. Mentre ha negato la Dis-Coll (indennità di disoccupazione prevista per gli altri Cococo) richiesta addirittura con un’interrogazione parlamentare.
Noi pensiamo che occorrano trasparenza ed etica. I giornalisti autonomi hanno bisogno di diritti concreti: un vero welfare, un fondo di solidarietà, una pensione dignitosa.
Per queste e altre ragioni che sono spiegate nel nostro programma ti chiediamo di votare i colleghi candidati nella lista PIAZZA PULITA ALL’INPGI. Per dire no a questa dirigenza, per voltare pagina e aprire un capitolo nuovo che impedisca la morte dell’INPGI, sottraendolo agli interessi personali e di parte. Occorre azzerare tutto. Chi era nel Consiglio di Amministrazione, nel Comitato Amministratore o cooptato nelle commissioni come esperto se ne deve andare.
Tutti sono corresponsabili del dissesto, anche chi solo all’ultimo momento ha deciso di votare contro il governo dell’istituto.
Il Programma
L’INPGI è il presente e il futuro di migliaia di giornalisti italiani, ma la sua sopravvivenza è messa a dura prova: lo squilibrio tra prestazioni e contributi supera i 100 milioni di euro. E’ quindi evidente che chi ha gestito in questi anni l’istituto – e chi lo ha sostenuto – ha fallito l’obiettivo e non può essere rieletto: ci candidiamo con l’impegno di fare tutto il possibile per salvare l’INPGI, con un’assoluta trasparenza e condivisione delle decisioni che saranno prese.
1. Sicurezza. Si torni a vigilare e far rispettare le regole: il precariato va combattuto, il lavoro nero va fatto emergere, le ristrutturazioni aziendali mascherate da crisi, spesso con la complicità del sindacato, denunciate. Non è accettabile che l’INPGI sussidi aziende – 16 milioni nel 2014 solo per i contratti di solidarietà- che premiano poi manager e direttori per aver distrutto i posti di lavoro dei giornalisti.
2. Ex fissa. Ci impegneremo affinche’ INPGI provi a ridurre i tempi dei pagamenti ( attalmente su 12,13,14 anni) ai colleghi aventi diritto pieno all’ex fissa e affinché FNSI e FIEG in sede di trattativa contrattuale si adoperino per rivedere l’intera normativa, anche alla luce della nuova strategia processuale di INPGI che si avvia a chiamare in giudizio i singoli editori.
3. Gli sprechi. Vanno ridotte le faraoniche spese di gestione dell’Istituto, dallo stipendio del presidente fino al numero delle commissioni consiliari. È indispensabile intervenire per riportare la situazione sotto controllo, riducendo i compensi dei dirigenti, abolendo quelli degli amministratori – basta un gettone simbolico e il rimborso delle spese – e ottimizzando i costi del personale dipendente. Stop anche alla pioggia di contributi che l’INPGI regala a FNSI e sindacati territoriali. Compito dell’Istituto è garantire le pensioni: il sindacato deve essere autonomo economicamente.
4. La riforma. Il vertice uscente ha approvato una drastica riforma dell’ente, che non è già in vigore solo per lo stop del governo. Infatti i dubbi sulla sua legittimità sono tutt’altro che risolti, tanto più che, senza un allargamento della base contributiva, i sacrifici rischiano di non bastare. Siamo ancora in tempo: blocchiamo tutto presso i ministeri vigilanti e riesaminiamo a fondo l’intera manovra, proponendo un serio studio attuariale su 50 anni. Il vero obiettivo dev’essere rilanciare l’occupazione: riportiamo all’INPGI anche chi oggi versa i contributi all’INPS ma lavora da giornalista, nel mondo dell’informazione tv e online, degli uffici stampa, delle agenzie di comunicazione e pubbliche relazioni.
5. Il patrimonio. Sempre per far cassa, si prepara la cessione di buona parte del patrimonio immobiliare, ultimo atto di una gestione tutt’altro che trasparente, non a caso conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio del presidente Camporese per truffa e corruzione. Ma è davvero l’unica strada percorribile? Noi crediamo di no: vogliamo fermare la svendita di un bene che appartiene a tutti i giornalisti italiani e far luce sull’intero sistema di investimenti mobiliari e immobiliari.
6. INPGI 2. Vogliamo diritti concreti per gli iscritti. Intensificare l’attività di vigilanza e controllo per individuare tutte le professionalità giornalistiche (finti autonomi, addetti stampa, programmisti/registi Rai) utilizzate in modo improprio dalle aziende editoriali e non, al fine di regolarizzare la loro posizione. Un vero welfare (per esempio: ammortizzatori sociali, polizze assicurative, un fondo di solidarietà per chi necessita di sostegno). Una pensione dignitosa (e non un’elemosina come ora) che abbia come base uno “zoccolo” per tutti, cui si aggiunge la quota maturata dal singolo, e aumentare la percentuale di rivalutazione (possibile secondo il Consiglio di Stato).Servono trasparenza, etica e migliore comunicazione
7. E’ ora di voltare pagina: il nostro impegno è il futuro dell’INPGI.
1 Comment on this post
Leave a Comment