Il misterioso fallimento di Blogo.it da macchina da soldi ai debiti insanabili

Speciale Per Africa ExPress
Andrea Spinelli Barrile
Milano, 23 dicembre 2017

Il 22 dicembre 2017, “improvvisamente” scrive NextQuotidiano, Blogo.it è morto. Evviva Blogo. Quel giorno, mentre si svolgeva la normale attività lavorativa, sono stati bloccati alcuni oggetti di WordPress, impedendo a tutti i collaboratori di continuare con le pubblicazioni. In un primo momento si è pensato ad un problema tecnico ma, con il passare dei minuti – ed il passaparola tra gli autori -, si è capito che la cosa era parecchio più grave: ad oggi, 23 dicembre, nessuno della direzione, tantomeno l’editore, ha comunicato ufficialmente alcunché.

Blogo, un grande cappello di blog verticali altamente specializzati – i più noti sono Autoblog, Motoblog, TvBlog, SoundsBlog, CineBlog, ComicsBlog, PolisBlog, Rugby1823, Cronaca&Attualità – è stato network campione italiano di visualizzazioni: a novembre 2017 ha registrato più di 22 milioni di sessioni. La realtà editoriale di Blogo è stata raccontata, per lungo tempo, come una “macchina da soldi” e come tale è sempre stata interpretata dalla proprietà: un modo per fare soldi, tanti e in fretta. Tanto che nelle riunioni allargate redazione-marketing-direzione-editore, è stato più volte detto, senza troppi giri di parole, che la massima aspirazione per chi investiva era potersi “comprare lo yacht”.

Premetto che ho lavorato per Blogo, come collaboratore a partita IVA, per oltre 5 anni, fino al fallimento: mi sono occupato inizialmente di ambiente e cronaca ambientale, sono passato alla politica e ho collaborato con la redazione all-news, un progetto dell’allora direttore Alberto Puliafito che, secondo quanto potevamo percepire, sembrava un progetto apprezzato dall’azienda e di successo, almeno in un primo tempo. Per un lungo periodo ha funzionato molto bene: inserzionisti prestigiosi, nuovi progetti, piccole e grandi soddisfazioni per gli autori, redazionali ben pagati con cui rimpinguare lo stipendio.

La paga, infatti, non è mai stata granché: la direzione, fino a un anno fa, garantiva agli autori massima trasparenza spiegando di essere oggetto di continue richieste di tagli da parte dell’editore, che non ha mai aumentato il budget per i collaboratori costringendo la direzione a ridurre all’osso il lavoro della redazione. Il direttore Puliafito è stato infine sospeso nel dicembre 2016 ma noi collaboratori non abbiamo mai ricevuto alcuna comunicazione in tal senso.

Il tutto all’interno di una cornice paradossale: Blogo infatti, principale editore online d’Italia, nel suo organico di lavoratori ha solo una risorsa assunta con contratto giornalistico, non come autore, ed ha sempre sostenuto di non avere intenzione di applicare il CCNL giornalistico. Detto in altre parole: è un giornale online praticamente senza giornalisti, almeno ufficialmente perché i contenuti sono prodotti da un esercito di collaboratori a partita iva sottopagati (circa 70 persone al 22 dicembre 2017, erano 120 circa nel settembre 2013), molti dei quali giornalisti regolarmente iscritti all’Ordine, spesso 5 o 6 euro lordi al pezzo.

La storia di questo fallimento è iniziata un anno fa circa, dopo anni di tensioni tra l’editore e la direzione costretta, regolarmente, a tagliare risorse dalla redazione. Da un anno la percezione che i collaboratori tutti avevano era che tali tensioni erano state appianate con la nomina di un nuovo direttore editoriale, Grazia De Sensi, e di un nuovo direttore responsabile, Gianluca Pezzi, comunicata il 19 dicembre 2016. Il problema, uno dei tanti, è che successivamente nessuno dei collaboratori ha mai ricevuto comunicazioni sullo stato di salute dell’azienda.

O meglio: il 10 novembre 2017 il direttore editoriale, in una mail che non era stata sollecitata da nessuno e quindi – si presume – inviata di sua spontanea iniziativa, gettava acqua su un fuoco che nessuno stava vedendo. Si parlava di una “fase di cambiamento” dell’azienda “dall’inizio dell’anno” (l’unica comunicazione ufficiale in tal senso era stata una mail di aprile nella quale si comunicava di cambiare il numero di partita IVA dell’azienda per l’emissione delle fatture) che avrebbe potuto portare “ad acquisizioni o ingresso di nuovi soci”.

Era la formula, decisamente confusionaria, per non-comunicare che l’azienda sarebbe stata messa in liquidazione, cosa avvenuta 5 giorni dopo senza che nessun collaboratore venisse avvisato. Nella stessa mail De Sensi scriveva che “non ci sono crisi o stalli” e invitava a continuare a lavorare in vista dei “piani editoriali 2018 […] conservativi dell’attuale budget”. Perché mai inviare tale email se nessuno, tra i collaboratori, aveva avuto sentori di crisi aziendali?

Ma facciamo un salto indietro. Il 9 maggio 2016 Salvatore Esposito, CEO di Blogo.it, dava ufficialmente la notizia circa lo stato di salute dell’azienda alla fine del 2015: +20% di ricavi e anno 2015 chiuso con 7 milioni di fatturato. Nonostante tali risultati, e promesse di fare bene se non meglio anche nel 2016, il 30 dicembre 2016 Populis Ireland LTD (in liquidazione dal 2013) cede e vende l’intera quota di capitale della società Blogo.it Srl alla società ICS Securities Italia Srl a poco più di 2 milioni di euro.

La valutazione viene fatta senza perizia. 50.000 euro vengono versati subito mentre il resto, corrispondente all’ammontare del debito di Populis verso Blogo (Populis faceva da concessionaria per la pubblicità) va in accollo alla nuova proprietà. Si delibera anche un aumento del capitale sociale, fino a 100.000 euro. Pochi giorni prima i collaboratori a partita IVA avevano ricevuto un nuovo contratto di lavoro, che nel budget annuale allocato prevedeva già una riduzione dell’attività lavorativa nei mesi di luglio (-30%) ed agosto (-50%).

ICS Securities Italia, amministratore Stefano Carli, è controllata interamente da un’altra società: ICS Securities S.àR.l. con sede in Lussemburgo. Un’assonanza che suggerisce che la proprietà sia la medesima: la società italiana si occupa di “creazione e progettazione sviluppo di software e di servizi telematici”. Avete presente le pubblicità invasive che, sopratutto nel 2017, hanno reso letteralmente impossibile leggere una pagina di un qualunque blog del network Blogo? Quello è il modo della proprietà di monetizzare: persino a chi scrive è capitato di attivare involontariamente e inconsapevolmente servizi a pagamento su Blogo (giochi, oroscopi e altre cose) regalando soldi al mio stesso editore.

La domanda, al netto del fallimento e degli ottimi risultati, è una soltanto: dove sono finiti quei soldi?

Nel frattempo Blogo continuava a macinare visualizzazioni e contratti pubblicitari, nonostante molti collaboratori venissero allontanati e l’attività di alcuni blog sospese: alcune scelte della direzione, col senno del poi mi chiedo se consapevoli o indotte dall’alto, si sono rivelate fallimentari, preferendo trasformare il network da campione italiano di scrittura SEO (cosa che portava, grazie anche ai contenuti di ottimo livello, numeri impressionanti in termini di visualizzazioni e utenti unici) a markettificio sensazionalistico con titoli da click-bait. Io stesso ho prodotto centinaia di contenuti, per il settore automotive nonostante non me ne sia mai occupato prima, per i quali è stato specificatamente richiesto di citare i marchi automobilistici.

Con l’arrivo di settembre le cose, sotto il profilo delle pubblicazioni, tornano alla normalità. Poi c’è stato ottobre e poi novembre, con la mail tuttappostista. Cinque giorni dopo quella mail, il 15 novembre, la società Blogo.it Srl viene messa in liquidazione: i liquidatori sono l’ex CEO Edoardo Negri (nominato nella seconda metà del 2017) e l’ex-CFO Stefano Carli. La messa in liquidazione è stata decisa decisa in seguito al diniego da parte della proprietà di aumentare il capitale sociale, vitale per il prosieguo delle attività: quello che è stato comunicato nella riunione tra liquidatori e direzione è che Blogo.it avrebbe dovuto far fronte a debiti con alcune banche, oltre che con i fornitori esterni, e senza aumento di capitale ciò non sarebbe stato possibile.

Durante questa fase le voci che si rincorrono sono tantissime ed è impossibile dire quali siano vere e quali no. Quel che è certo è che diversi possibili compratori si sono avvicinati e successivamente allontanati dalla trattativa una volta messo mano alle carte societarie, cosa che per chi mastica di procedure fallimentari può significare un ritorno degli stessi compratori in una fase di asta fallimentare.

La storia si conclude, per ora, il 22 dicembre con la chiusura: i due liquidatori hanno specificato che in cassa ci saranno abbastanza fondi per pagare i creditori privilegiati, tra cui rientrano anche i collaboratori esterni. Il problema è il quando.

Andre Spinelli Barrile

Condividi questo articolo