I media italiani e Draghi: più cagnolino scodinzolante che “cane da guardia”

Da www.infodem. it (informazione e democrazia)
Paolo Butturini
12 febbraio 2021

Altro che “cane da guardia del potere”! Al massimo un cagnolino scodinzolante che accoglie festoso il padrone finalmente di ritorno da un viaggio. Questa è l’immagine che hanno fornito i media italiani, con pochissime eccezioni, all’annuncio che Mario Draghi aveva ricevuto l’incarico di formare il nuovo Governo. La sudditanza psicologica e purtroppo professionale ai poteri più o meno forti non è una novità nel panorama informativo del Bel Paese, ma uno spettacolo pressoché unanime di genuflessione preventiva non si era visto da tempo.

Rubricare questo atteggiamento alla voce “conformismo” è fin troppo facile, ma rischia di sminuire la portata del danno che, in prospettiva, avrà sulle sorti della già malandata democrazia italiana. Chiariamoci, un atteggiamento diametralmente opposto, vale a dire di opposizione preconcetta (che pure si è vista più volte nei confronti di Giuseppe Conte, al di là spesso dei suoi demeriti) sarebbe stato altrettanto sbagliato.

È esattamente questo il punto dolente quando si osserva come si articola il racconto della politica nelle testate, su qualsiasi piattaforma vengano distribuite: il nostro sistema informativo sembra avere introiettato il peggio della schematica deriva che circola nei social. Detto altrimenti: o si parteggia o si contrasta, o si tifa pro o contro, ma soprattutto lo si fa a prescindere da programmi e fatti, a volte persino ignorando le dichiarazioni contraddittorie che i protagonisti rilasciano a seconda delle circostanze (il caso dei due Matteo è, da questo punto di vista, esemplare). Un veleno che difficilmente riusciremo a contrastare nei prossimi anni.

Inutile disperderci negli innumerevoli rivoli che hanno costellato la “beatificazione” dell’ex presidente della BCE; anche se non sarebbe stato male ricordare, per contraltare, il ruolo della banca europea presieduta da Draghi nella crisi della Grecia o la famosa lettera (a doppia firma Trichet-Draghi) inviata al governo Berlusconi (persino lui finge di non ricordarsene) che ne causò la caduta (alla faccia dei tecnici e della sovranità nazionale) con l’avvento del non rimpianto governo Monti. Questo soltanto per fare due esempi.

Molto più interessante e lungimirante sarebbe stato evidenziare un altro pericolo. A fronte di una crisi che si trascina da anni della politica e del rapporto fra popolo e istituzioni, la scelta di un tecnocrate (di altissimo livello e competenza, senza dubbio) non rischia di aggravare ancor più la fiducia dei cittadini negli organi deputati a rappresentarli? Aggiungerei a questo, alla luce del modo in cui la figura di Draghi è stata presentata all’opinione pubblica, che l’informazione ha per l’ennesima volta avallato la vulgata dell’“uomo della provvidenza”, che certo non va nel senso di costruire una partecipazione democratica e un severo controllo da parte dell’elettorato.

Eppure, questi pericoli sono gli stessi che venivano puntualmente sventolati a proposito dell’avanzata dei populismi (estinti in un batter d’occhio così come il temibile pericolo fascista?). E sono esattamente quelli di cui parla Lorenzo Castellani nel suo saggio “L’ingranaggio del potere (Italiano)” (Liberilibri, pagine 252, 2020) segnalato da Alessandro Trocino nella newsletter “Rassegna Stampa” del Corriere della Sera del 4 febbraio scorso.

Scrive Trocino recensendo il libro: «La tecno-democrazia è frutto di una crisi di sistema. Della crisi del politico, cioè della capacità di gestire i conflitti interni della società attraverso le istituzioni rappresentative…». E ancora: «Insomma la politica non può essere ridotta a mera procedura o tecnica, a scienza economica o statistica. Altrimenti diventa una gabbia, sottoposta a regole, procedure, vincoli e limiti sempre più incomprensibili che rendono sostanzialmente irrilevante il consenso democratico e lo trasformano in un’adesione fideistica che si può facilmente trasformare in una strada lastricata da tentazioni di leaderismo e di populismo».

Conclude Trocino, sempre citando Castellani (ricercatore in Storia delle Istituzioni Politiche presso la Luiss di Roma): «Non esistono soluzioni perfette, da confezionare con la scienza esatta dei competenti. Esiste solo la necessità di organizzare forme di convivenza civile, contemperando necessità e interessi, affrontando conflitti e imprevisti, che sfuggono a ogni scienza esatta. La missione, non impossibile, che dovrebbe essere il cuore della politica».
Purtroppo, questo ruvido richiamo alla realtà e alle insidie che qualsiasi scelta politica contiene, è stato confinato in una newsletter riservata agli abbonati del quotidiano di via Solferino, mentre non se n’è vista traccia nella narrazione giorno per giorno.

Invece di incensare fin quasi al parossismo il personaggio Draghi, raccontandoci anche i più insignificanti, purché edificanti, particolari della sua esistenza, l’informazione avrebbe fatto meglio a concentrarsi su come «organizzare forme di convivenza civile, contemperando necessità e interessi, affrontando conflitti e imprevisti…», tanto più vista la drammatica situazione in cui versa il Paese. Così avrebbe non soltanto reso un servizio alla Nazione, ma acquisito maggiore credibilità. Un patrimonio che, in futuro, le avrebbe permesso di controllare e criticare, funzioni senza le quali non può esercitare a pieno il suo ruolo democratico. Il cane da guardia ogni tanto abbaia, il cagnolino, ahimè scodinzola sempre.

Paolo Butturini

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