Stati Generali/Orientamenti per uno statuto dei diritti dei lettori

E il giornalismo non deve essere il megafono dei poteri forti, delle finanze, degli interessi commerciali, degli scambi di voto, di favore, degli interessi massonici e così via… Il giornalismo, se si vuole configurare come un vero Quarto Potere, deve essere antagonista o comunque critico verso agli altri tre. Ritorniamo a un giornalismo Cane da Guardia dei poteri a nome e per conto dei lettori.

A nome di Senza Bavaglio e dell’Unione Sindacale Giornalisti Freelance, presentiamo agli Stati generali dell’Editoria e dell’Informazione il progetto elaborato nel marzo 2010 dalla “Società Pannunzio per la libertà d’informazione”, per uno Statuto dei diritti dei lettori. Abbiamo apportato, aggiornamenti, modifiche, integrazioni e perfezionamenti, frutto di un lavoro comune.

Il lettore non è un’entità astratta. I giornalisti devono stipulare un patto etico, sociale, formativo tra giornalista e lettore. E il giornalismo non deve essere il megafono dei poteri forti, delle finanze, degli interessi commerciali, degli scambi di voto, di favore, degli interessi massonici e così via… Il giornalismo, se si vuole configurare come un vero Quarto Potere, deve essere antagonista o comunque critico verso agli altri tre. Ritorniamo a un giornalismo Cane da Guardia dei poteri a nome e per conto dei lettori.

Senza Bavaglio
USGF (Unione Sindacale Giornalisti Freelance)

Massimo A. Alberizzi, Angela Arena, Antonio Barbangelo, Ferdinando Baron, Cristina Berretta, Lucia Bocchi, Valerio Boni, Francesca Canino, Fabio Cavalera, Cristiana Cimmino, Barbara Ciolli, Elena Colombo, Paolo Crespi, Alessandra Dal Ri, Ugo Degl’Innocenti, Solen De Luca, Anna (Maria) Di Luca, Luisa Espanet, Alessandra Fanelli, Alessandra Fava,Tamara Ferrari, Donato Fioriti, Simona Fossati, Eugenio Gallavotti, Alberto Gerosa, Fabio Gibellino, Adam Hanzelewicz, Laura Marinaro, Adele Marini, Rosanna Massarenti, Simone Massetti, Andrea Montanari, Nicoletta Morabito, Emilio Orlando, Marco Patricelli, Francesca Pini, Stefania Ragusa, Marinella Rossi, Giosi Sacchini, Laura Verlicchi

PREMESSA

Il lettore, lo spettatore, l’ascoltatore radiotelevisivo e l’utente web1 appaiono ovunque protagonisti dell’informazione. Sono censiti, contati, persino vezzeggiati, ma in realtà sono ridotti a oggetti inconsapevoli, a massa indistinta di consumatori indifesi. Non sono titolari di alcun diritto. Il pubblico-lettore si difende come può e arretra: abbandona progressivamente gli strumenti più “difficili” e soggiace a quelli più “facili”. Va sempre meno in edicola ad acquistare i quotidiani e giace di fronte alla Tv assimilando le improbabili e manipolate notizie televisive che gli si accavallano nella mente – in un guazzabuglio di fiction, di news e di fake news – e si sta rifugiando nel web dove rischia d’essere travolto da una massa indistinta e non selezionata di informazioni vere e false.

Se i cittadini non hanno strumenti corretti e plurimi per farsi un’idea appropriata dei temi politici correnti, sarà sempre più illusoria la maturazione di una “società civile” in grado di svolgere costantemente una verifica e una valutazione dell’operato del governo e delle forze politiche. Non sarà neppure in grado di fare scelte consapevoli e giuste per la propria vita e per la collettività. Non c’è solo l’informazione politica, c’è quella che riguarda la vita delle persone, i diritti che hanno, la salute, le scelte, gli investimenti, i comportamenti, la presa di coscienza dei problemi, il resto del mondo, l’educazione ai nuovi mezzi tecnologici…

Molto si è discusso e affermato sul diritto d’informare (purtroppo con risultati ancora non soddisfacenti), molto meno sul diritto a essere informati. Spesso questi sono visti come diritti confliggenti, e in questa disputa ha sempre preso il sopravvento il primo sul secondo. La libertà d’informazione e il “diritto a essere informati” sono, al contrario, due valori differenti ma complementari, guai a metterli in concorrenza. Vanno garantiti entrambi. Non esiste l’uno senza l’altro. Certamente il “diritto a essere informati” è tra le condizioni indispensabili per una democrazia non finta. Pertanto, piuttosto che combattersi, “il diritto di cronaca” e “la libertà a essere informati” si devono compenetrare e devono prendere coscienza che non c’è l’uno senza l’altra.

Per questo va fondato pressoché dal nulla il “diritto dei lettori”, i quali sono senza difese sia in quanto cittadini (non viene garantita loro, dell’informazione, né la pluralità né l’indipendenza) sia in quanto consumatori. Già perché, quando si vuole far intendere all’industria editoriale che l’informazione è un prodotto particolare che va particolarmente garantito, ci viene sempre ricordato che l’informazione ha una forte componente di merce. Ma contemporaneamente, mentre i fruitori di altre merci negli ultimi decenni hanno strappato alcuni diritti, i lettori non sono neppure presi in considerazione come tali. Eppure come compratori di una merce essi sono “consumatori” e quindi dovrebbero acquisire almeno diritti analoghi a quelli che con fatica sono stati conquistati dagli acquirenti di un qualunque bene di consumo: trasparenza, non commistione di interessi, non inquinamento del mercato, non sofisticazione, non manipolazione, non contraffazione.

Non è superfluo ricordare, altresì, che il lettore ha diritto alla correttezza e all’onestà, ma non potrà mai pretendere ciò che non esiste, cioè la “Verità”.

Lo Statuto dei diritti dei lettori si fonda sul principio che il lettore-consumatore deve essere considerato destinatario primo, nonché uno dei protagonisti necessari del processo informativo.

C’è quindi una “libertà positiva” che deve essere assicurata, ma che non viene assicurata. La Costituzione non se l’è dimenticata, e l’art. 3, pur nella sua generalità, risponde bene allo scopo. È quello che sancisce il compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della personalità umana. Da qui nasce il dovere del legislatore di operare per garantire effettivamente a tutti la possibilità concreta di esprimersi liberamente e di essere informati.

Sul diritto di ricevere informazioni e sul rapporto giornalista-lettore innumerevoli Dichiarazioni sono espresse in sedi nazionali e internazionali2, ma occorre uscire dalla genericità e dall’astratta petizione dei principi per definire e rendere cogenti i diritti dei lettori.

Il primo passo è quello di pretendere il rispetto integrale dell’attuale legislazione sulla stampa, dei codici deontologici e, là dove esistano, degli statuti delle singole pubblicazioni, che spesso sono inosservati, inapplicati o sfacciatamente violati. Di conseguenza, è urgente richiamare al proprio dovere gli organismi preposti a far osservare i diritti già acquisiti dai lettori, sanzionando le irregolarità e i soprusi in atto.

Lo Statuto dei lettori è sottoscritto dalle parti, cioè dagli organismi sindacali dei giornalisti e degli editori, dall’Ordine dei giornalisti e dalle associazioni dei consumatori. Lo Stato dovrebbe rafforzarlo vincolando ogni forma di finanziamento pubblico alla sua accettazione e applicazione.

GLI OTTO DIRITTI DEI LETTORI
(orientamenti per uno Statuto)

1) IL DIRITTO A UNA INFORMAZIONE LIBERATA

Il lettore ha il diritto che sia rispettata in pieno la Costituzione. A tutti i cittadini sono permesse la fondazione e la direzione di un qualunque organo d’espressione del pensiero, senza alcun bisogno né di particolari qualifiche personali né di registrazione né di autorizzazioni della testata giornalistica (in qualunque modo sia diffusa)3. Si auspica che lo Stato faccia suo come indirizzo generale l’abrogazione della legislazione di favore solo per alcune pubblicazioni e la dismissione di finanziamenti pubblici come sono stati erogati finora diretti alle imprese già esistenti sul mercato. E garantisca invece forme indirette di sostegno generalizzato che consentano l’accesso al libero mercato, preferibilmente attraverso forme cooperativistiche.

2) IL DIRITTO ALLA TRASPARENZA

Il lettore ha diritto di conoscere, del prodotto giornalistico che acquista, l’esatta e aggiornata composizione dell’assetto proprietario, nonché l’elenco dei principali inserzionisti pubblicitari, degli azionisti di controllo, eventuali patti di sindacato, e i possessi collaterali dei partecipanti al patto, i bilanci societari4. Obbligatoria è la pubblicazione, nel colophon, del Consiglio di amministrazione, della tiratura, dell’eventuale quotazione in borsa, dell’ammontare della raccolta pubblicitaria e dell’elenco dei committenti. Periodicamente i lettori devono essere informati delle variazioni di tiratura. Annualmente dovranno essere pubblicati lo Statuto interno, il testo integrale dei Patti intercorsi tra editore e direttore 5 e i principali codici deontologici che regolano la professione giornalistica.

Obbligatoria è la pubblicazione delle fonti giornalistiche6  negli articoli senza firma o quando sono le fonti aperte non vengono citate (agenzie, altre pubblicazioni o media di ogni genere) delle qualifiche dei collaboratori (che lavoro fanno e per chi), soprattutto se ricoprono incarichi politici o in grandi società/aziende/industrie esiste dove comunque esiste la possibilità di un conflitto d’interesse.

I giornali devono mettere in evidenza – quando si verificano – gli intrecci degli interessi delle loro proprietà cosa che i lettori molto spesso non sanno. Ecco qualche esempio concreto: Urbano Cairo è proprietario del Torino Calcio ma anche di RCS che controlla la Gazzetta dello sport. La famiglia Elkann è azionista del gruppo editoriale Gedi che a sua volta controlla FCA (Fiat Chrysler Auto). Il costruttore Caltagirone controlla un gruppo assai radicato sul territorio e quando si occupa di progetti/cantieri/opere e così via nessuno ricorda che lui è proprietario di Cementir, Vianini lavori e Vianini industria. Infine, ma non sarà tutto, CONFINDUSTRIA controlla il Sole 24ore, primo quotidiano economico-finanziario del nostro Paese e i suoi esponenti sono sempre ben presenti sull’organo di stampa

3) IL DIRITTO A ESSERE GARANTITI

Ogni pubblicazione si doterà di un “Garante dei lettori”, scelto periodicamente dai lettori (per esempio, dagli abbonati) in una rosa di giornalisti in pensione meglio se non della testata, il quale deve essere slegato da vincoli gerarchici con la struttura del giornale. Non retribuito (altrimenti rischia di subire pressioni) e dotato di uno spazio autonomo non sindacabile, in cui ogni settimana possa scrivere il proprio parere sull’informazione offerta e soprattutto sulle osservazioni del pubblico.

4) IL DIRITTO D’INTERVENTO

Si deve distinguere tra diritto di rettifica7, già regolato per legge, di cui si pretende il rispetto letterale8, e il diritto di replica9. Se la rettifica fa riferimento a errori materiali che vanno corretti, il diritto di replica rientra nell’auspicato dialogo10 tra lettori e media.

Il diritto di rettifica va osservato e ampliato utilizzando i consigli di disciplina dell’Ordine contro, per esempio, i direttori che calpestano questa norma introducendo anche sanzioni pecuniarie pesanti per editori e direttori che non osservano il diritto di rettifica.

Quindi, deve essere prevista la pubblicazione di contributi critici individuali o collettivi di quanti abbiano fondato motivo per sentirsi coinvolti dalla pubblicazione di una data notizia o di una data opinione, a condizione che la replica rispetti alcuni requisiti minimi11.

È necessario prevedere, in caso di rifiuto, il ricorso in via giurisdizionale, arbitrale o amministrativa (presso un’Autorità indipendente) per garantire il diritto alla pubblicazione. La legittimazione al ricorso spetta ai singoli o ad Associazioni di utenti che abbiano un interesse statutario alla correttezza dell’informazione.

5) IL DIRITTO A UNA INFORMAZIONE CORRETTA

Obbligo per ogni media di dotarsi di uno Statuto che detti le regole di comportamento interno. Tale Statuto è reso pubblico e sia il redattore sia il lettore hanno titolo per attivare il procedimento che va dall’iniziale denuncia della violazione all’eventuale irrogazione della sanzione12 da studiare e imporre per chi viola etica e deontologia.

A tutela del lettore, che per quanto riguarda gli uffici stampa istituzionali è anche e soprattutto elettore, occorre garantire massima pluralità delle voci e delle fonti. E massima trasparenza rispetto a chi scrive per conto di chi: incarichi, mansioni, specializzazioni…

Sempre per quanto riguarda gli uffici stampa istituzionali occorre garantire l’incompatibilità tra il lavoro con qualunque inquadratura e l’iscrizione a partiti politici, o lo svolgimento di incarichi elettive. Fa parte delle deontologia di chi lavora in un ufficio stampa istituzionale l’obbligo di riportare le posizioni di maggioranza e opposizione, garantendo l’indipendenza del giornalista.

Introduzione nel contratto giornalistico di norme deontologiche riguardanti sia i giornalisti sia l’editore13.

Incompatibilità del cumulo tra lavoro giornalistico e attività in uffici stampa, agenzie di pubblicità, uffici di consulenza e di relazioni pubbliche anche in maniera informale e occasionale.

Passaggio, nell’albo, dalla bipartizione tra giornalisti professionisti e giornalisti pubblicisti a una tripartizione che comprenda i giornalisti comunicatori, attuando una distinzione tra le due funzioni, senza la quale ingente è il danno per entrambe le categorie e grave il discapito per la correttezza dell’informazione.14.

Incompatibilità assoluta tra il lavoro presso la redazione di una testata giornalistica e qualsivoglia altro impegno professionale (anche non formalizzato) che si ponga in aperto contrasto rispetto ai criteri deontologici fissati per il mestiere di giornalista15. Nonché rispetto delle norme deontologiche che proibiscono l’adesione ad associazioni segrete16

I giornalisti durante un eventuale incarico elettivo in istituzioni ed enti pubblici centrali o periferici devono sospendersi dall’albo.

6) IL DIRITTO ALLA TUTELA CONTRO LE FRODI PUBBLICITARIE E DEL MARKETING

La commistione tra il messaggio pubblicitario e l’informazione redazionale va considerata come una vera e propria frode17 e come tale perseguita. Le Direzioni dei media si devono considerare deontologicamente e giuridicamente responsabili della commistione tra messaggio pubblicitario e informazione. In tal caso, la pubblicità occulta deve essere sanzionata.

Qualora con un articolo si induca il lettore in errore pretendendo di attribuire al prodotto o servizio illustrato effetti e proprietà che non possiede, o si sottolinei solo il lato vantaggioso o positivo e non quello svantaggioso o negativo, tale condotta va considerata fraudolenta, e come tale sanzionata.

Più ‘invisibile’ ma egualmente fraudolenta l’azione del marketing, per il quale una testata giornalistica (con i suoi contenuti informativi) non è altro che un ‘marchio’ all’interno di un ‘sistema’ che vede allineati in parità: stampa-digital-social media-eventi. L’invadenza crescente del marketing, su direttori e redazioni, è evidente nei periodici, ma trapela anche nei quotidiani. I marketing manager fanno leva sulla crisi di vendite delle testate per imporre il ’sistema’ come via di salvataggio. I lettori non lo percepiscono e si sentono anzi ‘coinvolti’ dalle azioni parallele all’informazione giornalistica, la quale però inevitabilmente viene piegata ai diktat del mercato. Può nascere paradossalmente anche disaffezione alla testata cardine, ma mantenersi un collegamento tra utenti e pubblicità.

Si deve infine offrire la possibilità agli abbonati di disdire l’abbonamento, con la restituzione del versato, se il lettore ritiene di ravvisare che nella pubblicazione la pubblicità influenza in modo eccessivo il contenuto.

7) DIRITTO ALL’ACRIBIA E ORIGINALITÀ DELL’INFORMAZIONE (NORMA ANTI-“COPIA E INCOLLA”)

Il lettore deve sempre essere messo in condizione di riconoscere l’eventuale presenza di idee o altre forme di proprietà intellettuale non appartenenti all’estensore dell’articolo. All’interno dei testi giornalistici, delle foto, dei video e di qualsivoglia materiale deve inoltre essere sempre riscontrabile una sufficiente verifica nonché rielaborazione critica di comunicati stampa e materiali analoghi, qualora il giornalista si sia avvalso di tali strumenti. Deve essere indicato, per esempio, il nome dell’agenzia, del un social o di qualsiasi altro media, che viene citata o copiata nell’articolo.

8) IL DIRITTO DI CONOSCERE IL CONTENUTO DI ATTI E DOCUMENTI DI NATURA PUBBLICA

Quando per la conoscenza di un fatto di rilievo pubblico o per il suo corretto apprezzamento, ovvero per la comprensione del fatto stesso, sia necessario o utile conoscere il contenuto di atti o documenti amministrativi in possesso di pubbliche amministrazioni, enti pubblici o gestori di pubblici servizi, il lettore ha diritto di conoscere il contenuto di tali atti o documenti.

A questi fini, occorre che i giornalisti e in generale i mezzi di informazione godano di un pieno diritto di accesso agli atti, allo scopo di informare in maniera piena ed esaustiva i cittadini.

Questo diritto ad oggi non è garantito nell’ordinamento giuridico italiano, che limita l’accesso agli atti a singoli individui e per la sola tutela giudiziale di specifici diritti o posizioni soggettive giuridicamente tutelate18. È, viceversa, esclusa una rivelazione generale a beneficio di quanti informano l’opinione pubblica; così come è escluso un principio generale di ispezionabilità  degli atti e documenti ai fini di un controllo diffuso della correttezza dell’attività amministrativa e dell’azione degli organismi a qualsiasi titolo investiti di potestà pubbliche (che andrebbe dunque garantito, seppure con limitate e ovvie eccezioni tassativamente enumerate, quali quelle già oggi previste anche nei confronti degli individui per il limitato diritto di accesso vigente19).

Occorre pertanto adeguare la normativa italiana vigente per garantire il pieno diritto di essere informati dei lettori. È il caso di sottolineare che un diritto generale alla trasparenza degli atti e documenti amministrativi esiste pressoché ovunque nelle grandi democrazie mondiali, in particolare nei Paesi scandinavi (dove il principio della disclosure risale addirittura a prassi della fine del ‘700), in Gran Bretagna, dove venne introdotto nel 1958, e in Francia, dove è stato regolato nel 1978: esso trova il suo paradigma più compiuto nel Freedom of information act, in vigore negli Stati Uniti d’America, con successive modifiche, fin dal 196620.

Note:

1 D’ora in avanti chiamati sinteticamente “lettori”.

2 Vedi la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, 10 dicembre 1948, Assemblea delle Nazioni Unite, art. 19: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto … di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee …». Il “Patto internazionale di New York sui diritti civili e politici” (19 dicembre 1966, ratificato con legge 25 ottobre 1977 n. 881), l’art. 19: «Ogni individuo ha il diritto alla libertà di espressione; tale diritto comprende la libertà di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere.>. La “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea” (Consiglio europeo di Nizza, 7-9 dicembre 2000), l’art. 11 (Libertà di espressione e d’informazione): “1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee …>. Consiglio d’Europa – Risoluzione dell’assemblea n. 1003 del 1° luglio 1993 relativa all’etica del giornalismo: 7. I mezzi di comunicazione sociale adempiono a una funzione di «mediazione» e di prestazione del servizio di informazione, e i diritti che essi esercitano in relazione alla libertà dell’informazione esistono in funzione dei destinatari, ossia dei cittadini. 11. Le imprese di informazione devono essere considerate come imprese socio-economiche speciali, i cui obiettivi imprenditoriali saranno limitati dalle condizioni intese a rendere possibile l’esercizio di un diritto fondamentale. 15. Né gli editori, né i proprietari, né i giornalisti devono ritenere che l’informazione appartenga loro. Nell’impresa che abbia vocazione alla informazione, questa non deve essere come una merce ma come un diritto fondamentale dei cittadini. Conseguentemente, né la qualità delle informazioni o delle opinioni, né il significato di queste devono essere sfruttati allo scopo di aumentare il numero dei lettori o l’audience, e in linea di conseguenzialità le entrate pubblicitarie. 16. Ogni informazione conforme agli imperativi etici richiede che i suoi destinatari siano considerati quali persone e non come massa.

Carta dei doveri del giornalista. (8 luglio 1993) Fnsi e Ordine nazionale dei Giornalisti). Premessa: … “Il rapporto di fiducia tra gli organi d’informazione e i cittadini è la base del lavoro di ogni giornalista”. Principi: “Il giornalista deve rispettare, coltivare e difendere il diritto all’informazione di tutti i cittadini; per questo ricerca e diffonde ogni notizia o informazione che ritenga di pubblico interesse, nel rispetto della verità e con la maggiore accuratezza possibile. … La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell’editore, del governo o di altri organismi dello Stato”. Doveri: “Il giornalista è responsabile del proprio lavoro verso i cittadini e deve favorire il loro dialogo con gli organi d’informazione”.

3 Il testo dell’art.21 comma 2 della Costituzione è preciso: “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. A parte la diatriba tra le espressioni “autorizzazione” e “registrazione” su cui in questa sede non vogliamo scendere (Legge 8 febbraio 1948, n. 47 Disposizioni sulla stampa Registrazione. Art. 5 “Nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la cancelleria del tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi”, ancor più lesiva del dettato costituzionale appare L’ordinamento della professione di giornalista (legge 3 febbraio 1963 n. 69) che prescrive: Titolo II dell’albo professionale. capo III dell’esercizio della professione di giornalista, art. 45. “Nessuno può assumere il titolo né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell’albo professionale. La violazione di tale disposizione è punita a norma degli artt. 348 e 498 del cod. pen., ove il fatto non costituisca un reato più grave”. Art. 46. Direzione dei giornali: “Il direttore ed il vicedirettore responsabile di un giornale quotidiano o di un periodico o agenzia di stampa, di cui al primo comma dell’art. 34 devono essere iscritti nell’elenco dei giornalisti professionisti salvo quanto stabilito nel successivo art. 47”. (La Corte costituzionale, con sentenza 2-10 luglio 1968 n. 98 ha dichiarato la illegittimità costituzionale del presente comma, limitatamente alla parte in cui esclude che il direttore ed il vicedirettore responsabile di un giornale quotidiano o di un periodico o agenzia di stampa di cui al primo comma dell’art. 34 possa essere iscritto nell’elenco dei pubblicisti). “Per le altre pubblicazioni periodiche ed agenzie di stampa, il direttore ed il vicedirettore responsabile possono essere iscritti nell’elenco dei professionisti oppure in quello dei pubblicisti, salvo la disposizione dell’art. 28 per le riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico”.

4 Il diritto alla trasparenza è autorevolmente sancito in molte sedi: Consiglio d’Europa – Risoluzione dell’assemblea n. 1003 del 1° luglio 1993 relativa all’etica del giornalismo: 12. “Nelle imprese di informazione, è necessaria una totale trasparenza in materia di proprietà e di gestione dei mezzi di comunicazione sociale, perché i cittadini conoscano chiaramente l’identità dei proprietari e il loro livello di coinvolgimento economico nei mezzi di comunicazione sociale”. La Carta dei doveri dell’informazione economica, 28 marzo 2007: 6. “Il giornalista, tanto più se ha responsabilità direttive, deve assicurare un adeguato standard di trasparenza sulla proprietà editoriale del giornale e sull’identità e gli eventuali interessi di cui siano portatori i suoi analisti e commentatori esterni in relazione allo specifico argomento dell’articolo. In particolare va ricordato al lettore chi è l’editore del giornale quando un articolo tratti problemi economici e finanziari che direttamente lo riguardino o possano in qualche modo favorirlo o danneggiarlo”.

5 Contratto nazionale di lavoro giornalistico Fnsi/Fieg, Poteri del direttore, art. 6 “Le facoltà del direttore sono determinate da accordi da stipularsi tra editore e direttore, tali, in ogni caso, da non risultare in contrasto con le norme sull’ordinamento della professione giornalistica e con quanto stabilito dal presente contratto. Questi accordi, con particolare riguardo alla linea politica, all’organizzazione ed allo sviluppo dei quotidiani, dei periodici, delle agenzie di informazioni per la stampa e delle unità organizzative redazionali sono integralmente comunicati dall’editore al rispettivo corpo redazionale tramite i relativi comitati o fiduciari di redazione, contemporaneamente alla comunicazione della nomina del direttore”.

6 Il Contratto di lavoro recita: Art. 9 “Nel rispetto delle prerogative del direttore i giornali devono normalmente indicare la fonte di provenienza (agenzie di informazioni) degli articoli o servizi pubblicati senza la firma dell’autore”. Fa parte del malcostume giornalistico italiano l’omissione sistematica nelle pagine culturali dell’avvertenza che l’eventuale recensione o nota critica fa riferimento a un’opera firmata da un giornalista o da un collaboratore fisso dello stesso giornale o è edita dallo stesso editore del giornale. Quest’ultima manchevolezza viola la lettera della norma – sopra già ricordata dell’art.6 de La carta dei doveri dell’informazione economica, 2007: “In particolare va ricordato al lettore chi è l’editore del giornale quando un articolo tratti problemi economici e finanziari che direttamente lo riguardino o possano in qualche modo favorirlo o danneggiarlo”.

7 Il diritto di rettifica è sancito in molte sedi: Consiglio d’Europa – Risoluzione dell’assemblea n. 1003 del 1° luglio 1993 relativa all’etica del giornalismo: 26. “Su richiesta degli interessati, i mezzi di comunicazione provvederanno alla rettifica automatica e sollecita, nelle opportune forme informative, delle informazioni ed opinioni che si rivelino false o erronee. La legislazione nazionale deve prevedere sanzioni adeguate e, ove necessario, il risarcimento”. Raccomandazione R(2003)13, 10 luglio 2003 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, dal titolo: “Principi relativi alle informazioni fornite attraverso i mezzi di comunicazione in rapporto a procedimenti penali”. Principio 9. Diritto di rettifica o diritto di replica: “Salva la disponibilità di altri strumenti, chiunque sia stato oggetto di notizie inesatte o diffamatorie su mezzi di comunicazione in rapporto a procedimenti penali dovrebbe avere il diritto di rettifica o di replica, secondo i casi, nei confronti dei mezzi di comunicazione interessati. Il diritto di rettifica dovrebbe sussistere anche con riferimento a comunicati stampa contenenti informazioni inesatte che siano stati rilasciati da autorità giudiziarie o di polizia”. La legislazione italiana è precisa, ma totalmente disattesa: Legge 8 febbraio 1948, n. 47 (1). Disposizioni sulla stampa. art. 8. Risposte e rettifiche. “Il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell’agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale.

Per i quotidiani, le dichiarazioni o le rettifiche di cui al comma precedente sono pubblicate, non oltre due giorni da quello in cui è avvenuta la richiesta, in testa di pagina e collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono.
Per i periodici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, non oltre il secondo numero successivo alla settimana in cui è pervenuta la richiesta, nella stessa pagina che ha riportato la notizia cui si riferisce.

Le rettifiche o dichiarazioni devono fare riferimento allo scritto che le ha determinate e devono essere pubblicate nella loro interezza, purché contenute entro il limite di trenta righe, con le medesime caratteristiche tipografiche, per la parte che si riferisce direttamente alle affermazioni contestate.
Qualora, trascorso il termine di cui al secondo e terzo comma, la rettifica o dichiarazione non sia stata pubblicata o lo sia stata in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo e quarto comma, l’autore della richiesta di rettifica, se non intende procedere a norma del decimo comma dell’articolo 21, può chiedere al pretore, ai sensi dell’articolo 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la pubblicazione.

La mancata o incompleta ottemperanza all’obbligo di cui al presente articolo è punita con la sanzione amministrativa da lire 15.000.000 a lire 25.000.000.
La sentenza di condanna deve essere pubblicata per estratto nel quotidiano o nel periodico o nell’agenzia. Essa, ove ne sia il caso, ordina che la pubblicazione omessa sia effettuata.

Similmente, ne L’ordinamento della professione di giornalista (legge 3 febbraio 1963 n. 69), 2. Diritti e doveri: “Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori”. la è ripresa testualmente nella Premessa de La Carta dei doveri del giornalista, 8 luglio 1993.

8 Al tassativo obbligo di rettifica deve corrispondere la forte attenuazione delle conseguenze civili e penali della “diffamazione” per mezzo stampa. Dal 1984 la Corte di Cassazione ha separato, in materia, il procedimento penale dal procedimento civile. Da quel momento gli italiani, dato che tengono moltissimo al loro onore, se lo restaurano in sede civile, chiedendo un risarcimento milionario e disinteressandosi di pretendere una condanna in sede penale. Si è reificato l’onore. Spesso le somme reclamate sono enormi e la richiesta ha il solo scopo d’intimidire e di condizionare pesantemente la libertà d’informazione. La rettifica dovrebbe essere pregiudiziale alla richiesta di risarcimento ed estinguere ogni pretesa.

9 Di tale diritto si fa cenno nella Raccomandazione R(2003)13, 10 luglio 2003 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa: “Principi relativi alle informazioni fornite attraverso i mezzi di comunicazione in rapporto a procedimenti penali”, vedi Principio 9. Diritto di rettifica o diritto di replica. Vaghe le formule contenute ne La Carta dei doveri del giornalista, 8 luglio 1993: “Il giornalista corregge tempestivamente e accuratamente i suoi errori o le inesattezze, in conformità con il dovere di rettifica nei modi stabiliti dalla legge, e favorisce la possibilità di replica”. Oppure: “Il giornalista … si impegna a creare strumenti idonei (garanti dei lettori, pagine per i lettori, spazi per repliche, ecc.) e dando la massima diffusione alla loro attività”.

10 Sempre ne La Carta dei doveri del giornalista, 8 luglio 1993, parte Doveri: “Il giornalista è responsabile del proprio lavoro verso i cittadini e deve favorire il loro dialogo con gli organi d’informazione”.

11 Tutto ciò è già previsto dalla Raccomandazione n. 1215, 10 luglio 1993 sull’etica del giornalismo. Consiglio d’Europa, Assemblea. iii. “di promuovere la creazione di associazioni di utenti dei mezzi di comunicazione sociale”. Lo stesso Consiglio d’Europa nella Risoluzione dell’assemblea n. 1003 del 1° luglio 1993 relativa all’etica del giornalismo auspica: 38. “Gli organismi o i meccanismi di autodisciplina come le associazioni di utenti dei mezzi di comunicazione sociale e i componenti istituti universitari potranno pubblicare annualmente le ricerche effettuate a posteriori sulla veridicità delle informazioni diffuse dai mezzi di comunicazione sociale, rispetto alla realtà dei fatti. In tal modo, si avrà un barometro della credibilità che informerà i cittadini sul valore etico di ogni mezzo di comunicazione sociale o di ogni servizio, o di un giornalista in particolare. I correttivi conseguentemente adottati consentiranno allo stesso tempo di migliorare l’esercizio della professione di giornalista”.

12 Esemplare, nonostante il suo debutto infelice e un’applicazione carente, è il testo del Codice di autodisciplina del Sole-24 Ore, che, oggi è il più completo perché, tra l’altro, regola i conflitti d’interesse e impone ”la distinzione tra informazione e pubblicità”. I giornalisti “si impegnano a non inserire negli articoli messaggi pubblicitari e a non accettare remunerazioni che, sotto alcuna forma, possano condizionare la scelta e il contenuto degli articoli”, “a rifiutare nell’ambito del loro lavoro per sé e per i propri familiari entro il secondo grado, per i coniugi o i partner di fatto e i loro familiari e affini entro il secondo grado qualunque forma di pagamento, omaggio, privilegio, servizio gratuito o a condizioni particolarmente favorevoli del valore indicativo superiore ai 100 euro o che possa comunque danneggiare l’accuratezza, la correttezza e l’indipendenza dell’informazione che elaborano e dei giudizi che esprimono”, “a rifiutare nell’ambito del loro lavoro offerte di viaggi e sistemazioni alberghiere pagate da enti o aziende per sé e per i propri familiari entro il secondo grado o per i coniugi, i partner di fatto e i loro familiari e affini entro il secondo grado. In casi eccezionali e particolari, solo il giornalista incaricato del servizio può essere beneficiario di queste offerte se autorizzato dal direttore”, “a restituire gli oggetti ricevuti in prova entro un tempo congruo per valutare il prodotto e comunque non oltre i due mesi”, “a non occuparsi di società di cui essi o i propri familiari stretti entro il secondo grado, o i coniugi, i partner di fatto e i loro familiari e affini entro il secondo grado detengano azioni o obbligazioni”, “a non scrivere su convegni e dibattiti a cui partecipano come relatori o moderatori, a meno che l’attività prestata sia a carattere gratuito e sia compatibile con l’accuratezza e l’indipendenza”I giornalisti s’impegnano altresì “ad attribuire, ove possibile, ogni informazione rilevante a una fonte identificabile”, “a trascrivere con rigore le dichiarazioni da virgolettare sottoponendole alle normali attività redazionali senza alterarne il senso”, “a riferire con correttezza anche le voci contrarie o lontane dalla linea del giornale nel caso in cui risultino rilevanti”.

13 Si conosce bene l’interesse degli Editori ad avere dei dipendenti “ricattabili” e quindi predisposti al servilismo; per questo è necessaria un’assunzione di responsabilità. collettiva sulla deontologia.

14 Sarebbe un segno deontologicamente significativo e determinante impedire che vi siano giornalisti che fanno su e giù tra il proprio giornale e posti di grande responsabilità nella comunicazione di ministeri e di partiti.
La confusione tra “fonte” e lavoro giornalistico è tra le cause principali della mediocrità dell’attuale prodotto giornalistico e provoca corruzione, dipendenza, certe volte persino superiore ai condizionamenti proprietari o della stessa struttura del media. La Carta dei doveri del giornalista degli Uffici stampa pubblici del Gruppo Speciale Uffici Stampa dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, 2002 si rende conto della impossibilità di conciliabilità due ruoli opposti ma non trova alcuna soluzione con questa confusa formula conciliativa: “In questa funzione, il giornalista deve, in armonia con il dettato legislativo, dividere nettamente il compito degli altri soggetti previsti dalle norme di legge in materia di informazione e comunicazione da quello di operatore dell’Ufficio stampa, evitando situazioni di confusione nelle quali il dovere di informare in maniera obiettiva ed accurata può finire col configgere con le esigenze di una informazione personalistica e subordinata all’immagine”.

15 Per nulla garantista è l’art. 8 del Contratto nazionale di lavoro giornalistico Fnsi/Fieg . Rapporti plurimi. “Nessun giornalista può contrarre più di un rapporto di lavoro regolato dall’art. 1 (rapporto a tempo pieno). Il giornalista quando sia stato assunto per prestare esclusivamente la sua opera ad un’impresa giornalistica o agenzia di informazioni per la stampa, non potrà assumere altri incarichi senza esserne autorizzato per iscritto dal direttore, d’accordo con l’editore”. Questo articolo garantisce completamente la Proprietà ma viola il rapporto di fiducia con il lettore e permette ogni arbitrio. Non c’è nulla di più violata o aggirata della norma de La Carta dell’informazione e della programmazione a garanzia degli utenti e degli operatori del Servizio pubblico radiotelevisivo (dicembre 1995) che afferma: “I giornalisti della RAI, specie quelli che firmano i loro servizi radiotelevisivi, non possono svolgere l’attività di editorialisti o commentatori politici in quotidiani o periodici, non possono svolgere funzioni di addetti stampa di organismi pubblici e di organizzazioni politiche, economiche o sindacali. Ciò appare incompatibile con i doveri che il Servizio pubblico impone loro, nuocerebbe alla loro credibilità professionale e sarebbe di danno all’immagine del Servizio pubblico. Il giornalista RAI non potrà avere una collaborazione continuativa in materia radiotelevisiva con quotidiani e periodici. Egli non potrà neppure assumere rapporti di lavoro subordinato o autonomo, nonchè incarichi o funzioni anche temporanei – esclusi quelli relativi ad attività didattiche presso Scuole di giornalismo professionali, universitarie o di specializzazione – che possano apparire contrastanti o condizionanti l’esercizio della professione nel Servizio pubblico”. Basti pensare che il più  potente conduttore della più seguita trasmissione giornalistica della televisione pubblica da anni impunemente firma sistematicamente suoi editoriali su vari quotidiani e un settimanale.

16 “Il giornalista non può aderire ad associazioni segrete o comunque in contrasto con l’articolo 18 della Costituzione”. Così recita La Carta dei doveri del giornalista, ma nessuna norma è stata così platealmente violata. E’ noto come molte carriere giornalistiche, anche ai livelli di vertice, siano fortemente influenzate proprio dall’appartenenza ad associazioni segrete. Ugualmente vaga e inconcludente perché assai scarsamente sanzionata è l’altra norma: “Il giornalista non può accettare privilegi, favori o incarichi che possano condizionare la sua autonomia e la sua credibilità professionale”.

17 Non mancano i divieti, cominciando dal Contratto nazionale di lavoro che , art, 44, prescrive: “Allo scopo di tutelare il diritto del pubblico a ricevere una corretta informazione, distinta e distinguibile dal messaggio pubblicitario e non lesiva degli interessi dei singoli, i messaggi pubblicitari devono essere chiaramente individuabili come tali e quindi distinti, anche attraverso apposita indicazione, dai testi giornalistici. Si veda poi il. Dlgs 6 settembre 2005 n. 206. Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229. Sulla Trasparenza della pubblicità: 1. La pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale. La pubblicità a mezzo di stampa deve essere distinguibile dalle altre forme di comunicazione al pubblico, con modalità grafiche di evidente percezione. Nonché il Protocollo sulla trasparenza pubblicitaria del 1988 tra il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e la Federazione nazionale della Stampa italiana (Fnsi), e Associazione italiana agenzie di pubblicità a servizio completo (Assap), Associazione italiana studi di comunicazione (Aisscom), Associazione agenzie di relazioni pubbliche a servizio completo (Assorel), Federazione relazioni pubbliche italiana (Ferpi), Associazione italiana delle organizzazioni professionali di tecnica pubblicitaria (Otep), Associazione italiana di tecnici pubblicitari (Tp) che sancisce che “Il cittadino è titolare del diritto ad una corretta informazione. Nei confronti del pubblico (lettore-ascoltatore) la responsabilità della correttezza dei messaggi è – ciascuno per la sua parte – delle categorie professionali delle comunicazioni di massa.
Primo dovere è di rendere sempre riconoscibile l’emittente del messaggio.

Il lettore o lo spettatore dovrà essere sempre in grado di riconoscere quali notizie, servizi od altre attività redazionali sono responsabilità della redazione o di singoli firmatari e quali invece sono direttamente e liberamente espresse da altri.
Nel caso di messaggi pubblicitari, dovrà essere riconoscibile al lettore, spettatore o ascoltatore l’identità dell’emittente in favore del quale viene trasmesso il messaggio, che può essere identificato come impresa od ente o anche come singola marca o prodotto o servizio purché chiaramente identificabile o riconoscibile.

Dovrà essere inoltre riconoscibile al mezzo di informazione che ospita la pubblicità (editore, emittente radiotelevisiva o altri) non solo l’identità di chi per conto del mezzo vende tempo e spazio (concessionaria), ma anche sempre l’identità del committente.
Nel caso delle relazioni pubbliche, dovrà essere nota al giornalista (o altro operatore culturale) che riceve un’informazione non solo l’identità di chi la emette o trasmette (agenzia di relazioni pubbliche o singolo professionista) ma anche quella del committente (impresa, ente o gruppo di opinione) per conto del quale l’informazione viene trasmessa.

In ogni caso la “firma” di ciascun messaggio deve essere chiara e trasparente.
Gli articoli elaborati dal giornalista nell’ambito della sua normale attività redazionale non possono essere utilizzati come materiale pubblicitario.
I testi elaborati dai giornalisti collaboratori dipendenti da uffici stampa o di pubbliche relazioni devono essere pubblicati facendo seguire alla firma l’indicazione dell’organizzazione cui l’autore del testo è addetto quando trattino argomenti riferiti all’attività principale dell’interessato.
I direttori nell’esercizio dei poteri previsti dall’art. 6, e considerate le peculiarità delle singole testate, sono garanti della correttezza e della qualità dell’informazione anche per quanto attiene il rapporto tra testo e pubblicità. A tal fine i direttori ricevono periodicamente i pareri dei comitati di redazione”. La Carta dei doveri del giornalista del 1993 assicura che “I cittadini hanno il diritto di ricevere un’informazione corretta, sempre distinta dal messaggio pubblicitario e non lesiva degli interessi dei singoli.
I messaggi pubblicitari devono essere sempre e comunque distinguibili dai testi giornalistici attraverso chiare indicazioni.
Il giornalista è tenuto all’osservanza dei principi fissati dal Protocollo d’intesa sulla trasparenza dell’informazione e dal Contratto nazionale di lavoro giornalistico; deve sempre rendere riconoscibile l’informazione pubblicitaria e deve comunque porre il pubblico in grado di riconoscere il lavoro giornalistico dal messaggio promozionale”.
Al contrario, la pubblicità invade indirettamente la parte redazionale, ne condiziona pesantemente i contenuti e confonde i lettori truffandoli. Intere sezioni, soprattutto di settimanali e di mensili specializzati, non sono altro che cataloghi camuffati di prodotti commerciali. Mai come in questo campo si può misurare l’impotenza se non la correità dell’Ordine dei giornalisti nel far rispettare le norme deontologiche e di legge.
Anche il Dlgs 31 luglio 2005 n. 177. Testo unico della radiotelevisione non è meno severo: “
d)” la diffusione di trasmissioni sponsorizzate, che rispettino la responsabilità e l’autonomia editoriale del fornitore di contenuti nei confronti della trasmissione, siano riconoscibili come tali e non stimolino all’acquisto o al noleggio dei prodotti o dei servizi dello sponsor, salvi gli ulteriori limiti e divieti stabiliti dalle leggi vigenti in relazione alla natura dell’attività dello sponsor o all’oggetto della trasmissione”
Tutte queste “grida” sono perlopiù disattese. L’Ordine dei giornalisti non si dimostra in grado di perseguire che i casi minori e mostra di non avvedersi dei servizi pubblicitari-redazionali che invadono la nostra stampa”.

18 Art. 22 legge 7.8.1990, n. 241: che limita il diritto di acceso a «tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso».

19 Art. 24, commi 1 e 6 della medesima legge 241/1990:

«1. Il diritto di accesso è escluso:

  1. a)  per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo;
  2. b)  nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano;
  3. c)  nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione;
  4. d)  nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi. […]
  5. Con regolamento, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo può prevedere casi di sottrazione all’accesso di documenti amministrativi:a) quando, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall’articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all’esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione;
  6. a) quando, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall’articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all’esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione;
  7. b)  quando l’accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria;
  8. c)  quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini;
  9. d)  quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono;e)  quando i documenti riguardino l’attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all’espletamento del relativo mandato».

20 L’amplissima formulazione del principio per gli USA dispone che «ogni agenzia, a seguito di qualsiasi richiesta di documenti che li individui in maniera ragionevole e che sia formulata in ossequio alle norme che regolano il tempo, il luogo, il costo (se previsto) e le procedure relativi, devono prontamente rendere disponibili i documenti per qualsiasi persona li richieda» (Codice dell’amministrazione Usa, § 552).

 

 

Senza Bavaglio Centro Studi per il Giornalismo

www.senzabavaglio.info

USGF (Unione Sindacale Giornalisti Freelance)

www.usgf.it

 

 

Milano, 10 maggio 2019

 

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