Amedeo Ricucci
Roma, 28 aprile 2017
Adesso che la vicenda di Gabriele Del Grande è finita – e bene – vorrei provare a levarmi qualche sassolino dalla scarpa e offrirlo a tutti come spunto per la riflessione.
1) Come sempre in Italia, ha prevalso una rappresentazione deformata di quanto stava realmente succedendo, sia sui media che sui social network. Da un lato c’era chi vedeva in Gabriele un EROE che si stava immolando sull’altare della libertà di stampa e dall’altra chi lo additava come un MOSTRO, capace delle peggiori nefandezze. Non c’è bisogno al proposito si scomodare Bertold Brecht per ricordarci che così proprio non va: un Paese infatti che ha bisogno di eroi , o di mostri, è lo stesso – non è un Paese messo bene.
2) E allora cominciamo col dire che GABRIELE DEL GRANDE – di cui mi ritengo un amico e che stimo – recandosi nelle zone di confine fra Turchia e Siria ha fatto una stupidaggine colossale. Perché chiunque va da quelle parti per un lavoro giornalistico non può non sapere che serve un accredito stampa senza il quale lavorare è assai arduo, soprattutto a partire dall’ultimo anno. Perché Gabriele non l’ha chiesto?
Non mi risulta che ne abbia parlato in conferenza stampa e però, se si decide di contravvenire alle regole, bisogna accettarne le conseguenze senza fare i martiri. Per anni, quando si entrava in Siria illegalmente dal confine turco, noi giornalisti abbiamo rischiato di farci espellere dal Paese – oltre a pagare una multa salatissima, di 3000 o 5000 dollari se non ricordo male. Ebbene, nessuno di quelli che si sono fatti beccare – e sono colleghi validissimi, solo sfortunati – si è mai sognato di protestare e di ergersi a paladino dei diritti umani.
3) A chi mi ribatte che Gabriele non poteva chiedere l’accredito stampa, non essendo iscritto all’Ordine dei Giornalisti, rispondo che occorreva comunque “metterci una pezza”, in un qualche modo, magari chiedendo l’accredito attraverso un qualsiasi sito on line. Perché il lavoro che lui andava a fare in quella zona di confine – un lavoro sull’ISIS – avrebbe di sicuro scatenato l’attenzione dei servizi segreti turchi. Faccio un esempio, per chiarire meglio: se un giornalista vuole andare a Gaza deve e non può non sapere che serve l’accredito stampa israeliano, che si ottiene (fra l’altro) esibendo una lettera di assignement di una testata. E’ così, punto e basta. E chi vuole andarci si arrampica sugli specchi e si inventa qualsiasi cosa pur di avere le carte in regola. Nessuno si lamenta.
4) Com’è ovvio, visti i tempi, la Turchia non poteva non approfittare di un’occasione così ghiotta. Il fermo di Gabriele si è protratto perciò fino ai limiti del consentito – 14 giorni, come previsto dalla legislazione d’emergenza, se non erro – e bene hanno fatto sia le autorità italiane sia la società civile a mobilitarsi per vigilare sulla situazione.
Ma per favore, non confondiamo fischi per fiaschi: la stretta alle libertà civili in Turchia, così come il fatto che ci siano 150 giornalisti nelle galere turche, hanno poco a che vedere con il fermo di Gabriele, che è del tutto legittimo, ripeto, sulla base delle leggi vigenti, giuste o sbagliate che siano.
E se si vuole protestare contro il regime di Erdogan, per come maltratta i diritti umani, che non si scelga per favore questo caso, perchè con la questione ha una parentela molto, molto alla lontana.
5) Come al solito, infine, anche per Gabriele si è mossa in moto la macchina del fango con cui complottisti e presunti antimperialisti provano da anni a colpire chiunque non stia dalla parte di Assad, Putin e dei loro amici. Non varrebbe nemmeno la pena occuparsene, vista la puerile nullità dello loro argomentazione. Lo faccio solo perché Gabriele è stato accusato fra l’altro di aver ricevuto dei finanziamenti dalla Open Society Foundation di Georges Soros. Ebbene, non ci vedo niente di male, anzi mi dispiace che Gabriele su questo, in conferenza stampa, abbia un po’ glissato.
Per me Soros non è il Male assoluto, è solo uno speculatore finanziario come tanti, e se con i suoi soldi finanzia progetti nel campo dei diritti umani e civili – e quelli di Gabriele lo erano, fatti peraltro molto bene – io non posso che rallegrarmene. Alla faccia di chi vede il mondo in bianco e nero.
P.S. A scanso di equivoci – e per evitare che su questo post si scateni il solito tifo da stadio che anima i social network – preciso che
1) non ce l’ho con Gabriele, dico solo che poteva e doveva essere più accorto (e magari evitare qualche parola di troppo, al suo ritorno, sulla libertà di stampa che sarebbe stata violata);
2) C’è l’ho semmai con chi ha calcato la mano (e la penna) sulla sua vicenda, magari per fare campagna contro Erdogan e il suo regime oppure solo perché, per ingenuità o eccesso di zelo, crede ancora in Babbo Natale!
Amedeo Ricucci
inviato del TG 1
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