IL NOSTRO PROGRAMMA”
DIFENDERE E RAFFORZARE L’INPGI, TAGLIANDO SULLE SPESE. ESTENDERE LA TUTELA E IL WELFARE A TUTTI I GIORNALISTI
INPGI: SIAMO SICURI CHE VADA TUTTO BENE?
Siamo in presenza di una crisi senza precedenti nel settore dell’editoria, con gravissime ripercussioni sui livelli occupazionali. Anche se la sostenibilità dell’INPGI ci pare sulla buona strada, ci sono dei segnali negativi che non possiamo e non dobbiamo sottovalutare, a cominciare dallo sforamento dei parametri contributivi: per la prima volta, infatti, nel 2011, le entrate contributive dell’Istituto sono state inferiori alle uscite per le pensioni erogate, per l’effetto congiunto dei licenziamenti, dei prepensionamenti forzati e delle scarse assunzioni.
E’ una spia da monitorare con attenzione, perché il rispetto di questi parametri costituisce la forza dell’Istituto ed è la garanzia della sua solidità.
Va detto però che questo è l’ennesimo, sciagurato effetto di un contratto contro il quale ci siamo battuti in tutte le sedi e la cui firma ha finito per consegnare la categoria nelle mani di editori senza scrupoli, che hanno approfittato degli stati di crisi per scaricarne i costi sulla nostra categoria. E’ stato scellerato inserire nel contratto la possibilità per gli editori di chiedere lo stato di crisi basandosi solo su previsioni, non controllate, di possibilità di perdite di copie. Quasi un’autocertificazione.
Che cosa bisogna fare nelle redazioni
1) SI’ ALL’OCCUPAZIONE NO AL PRECARIATO
Lo sforamento dei parametri contributivi è conseguenza diretta di un mercato dell’editoria in cui si licenzia senza freni e non si assume più. Tutelare l’INPGI vuol dire perciò e in primo luogo rilanciare l’occupazione, continuando ad incentivare in tutti i modi le assunzioni a tempo indeterminato. Nessun contributo pubblico deve essere più dato agli editori che non rispettano gli impegni assunti su questo fronte. Ben vengano perciò gli sgravi contributivi per le aziende purché questo serva a garantire nuove assunzioni ed a sanare lo scandalo del precariato, giunto ormai a livelli da Terzo Mondo.
2) VIGILARE E METTERE SOTTO CONTROLLO GLI STATI DI CRISI
L’esperienza degli ultimi anni ha dolorosamente insegnato che gli editori sono molto abili a spacciare per crisi, in realtà inesistenti, normali processi di ristrutturazioni aziendali, che derivano da incapacità manageriali e gestionali.
Ad esempio il gruppo RCS, che paga lo scellerato acquisto della spagnola Recoletos, fatto per compiacere l’azionista Mediobanca. Altro esempio quello del Sole 24 Ore che negli ultimi 10 anni ha bruciato 120 milioni di euro raccolti da 26 mila piccoli azionisti abbagliati con una quotazione illusionistica, in acquisizioni di una serie di società editoriali decotte. Il risultato finale è stato: meno occupazione, meno garanzie, meno soldi per l’INPGI, più utili per gli editori.
Occorre che le prossime richieste di stato di crisi da parte degli editori contengano una valutazione, formulata dall’INPGI, sull’impatto degli accordi in termini di maggiori costi e di minori entrate per mettere la categoria in condizione di conoscere la situazione. Bisogna poi, in sede di discussione del nuovo contratto, tornare alla normativa precedente quando per chiedere lo stato di crisi occorreva presentare due bilanci in perdita.
3) NO AL GIORNALISMO “SOMMERSO”
E’ pratica assai diffusa fra gli editori quella di offrire per il lavoro giornalistico contratti diversi dal CNLG. E’ così nel settore online, ma non solo: in RAI ad esempio ci sono diverse centinaia di colleghi che lavorano con contratti da autori, consulenti o programmisti-registi, pur svolgendo mansioni prettamente giornalistiche.
Il risultato è che viene evasa la contribuzione – a danno dell’INPGI – e vengono meno sia le tutele sia le garanzie sindacali. E’ ora di scoperchiare questo calderone, che per troppo tempo è stato tollerato. Perché emerga questo “sommerso” occorre però ri-modulare ispezioni e controlli da parte dell’Istituto, in modo da ottimizzarne i vantaggi e ridurne i rischi.
Che cosa bisogna fare nell’Istituto
4) TAGLIARE LE SPESE
Abbiamo bisogno di un Istituto sempre più snello ed efficiente, non di un carrozzone al servizio della vanità personale. Non possiamo più permetterci organismi interni pletorici o inutili. Serve perciò una riforma dello statuto che ridimensioni nei numeri gli organi collegiali (a partire dal consiglio generale) e razionalizzi la consistenza delle rappresentanze regionali e delle commissioni consultive interne. Allo stesso tempo chiediamo un maggiore e costante controllo sui contributi che l’INPGI elargisce sia alla Fnsi che alle organizzazioni sindacali territoriali.
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5) OTTIMIZZARE I RENDIMENTI
L’esperienza delle Casse previdenziali italiane e internazionali dimostra che il problema fondamentale, che mina alla lunga la stessa esistenza delle Casse e ne riduce i rendimenti, è costituito dai conflitti di interesse.
Ad esempio nel settore bancario italiano i rendimenti migliori dei fondi previdenziali preesistenti sono ottenuti dalle strutture che hanno stabilito statutariamente una separazione tra attività di consulenza e quella di investimento.
La nostra proposta è di trovare le giuste alleanze necessarie alla costituzione di una società di servizi consortile che, insieme con altri soggetti previdenziali amministri, gestisca e controlli le attività proprie dell’Istituto in modo da ridurre proporzionalmente il carico dei costi per tutti gli enti consorziati e ottimizzare le sinergie in termini di acquisti, consulenze e investimenti mantenendo totalmente autonomi gli investimenti gli indirizzi di gestione e le politiche previdenziali dell’INPGI.
Insieme, potremo anche batterci contro il Fisco Italiano che tassa gli istituti previdenziali privati, INPGI compreso, molto più dei loro omologhi, per esempio, tedeschi, trattandoli come fossero speculatori finanziari o immobiliari: quindi i nostri pensionati percepiscono, a parità di contributi previdenziali versati, una pensione molto più piccola di quella per esempio tedesca.
CHI SIAMO:
La nostra lista, PROFESSIONISTI PER L’INPGI, è stata promossa da SENZA BAVAGLIO e dall’UNIONE SINDACALE GIORNALISTI FREELANCE. Siamo quelli che da anni si battono per un rinnovo degli organismi dei giornalisti categoria, contro i signori delle tessere che hanno svenduto la categoria con lo sciagurato contratto del 2009 e per dare un’adeguata rappresentanza a giornalisti precari e freelance che sono il futuro del giornalismo.
A differenza di tanti sindacalisti di professione, noi facciamo i giornalisti, giorno per giorno, dentro e fuori dalle redazioni: e i vostri problemi (proprio perche sono anche nostri) li conosciamo bene . Con noi hanno deciso di candidarsi colleghi di vario orientamento, sia politico sia culturale, coscienti tutti dell’importanza della posta in palio e della necessità di riprendere in mano il proprio destino, senza più deleghe in bianco a chi ha contribuito allo svilimento di questa professione.
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