Giornalisti onorevoli a nostre spese (di Pino Nicotri)

Visto che si parla tanto di pensioni, potremmo chiedere alle decine di giornalisti che siedono in parlamento, mi pare siano 61, numero superato solo da quello degli avvocati e onorevoli, e a quelli che siedono nei parlamentini regionali, di rinunciare almeno in parte ai contributi figurativi che l’Inpgi paga loro di tasca propria (cioè nostra).

La legge prevede infatti che al lavoratore dipendente eletto in parlamento o nei consigli regionali i contributi previdenziali vengano pagati, per l’intero periodo vissuta da parlamentare,  non più dal datore di lavoro, ma dallo Stato (tramite l’Inps). Però con la scusa che l’Inpgi è un ente privatizzato ai giornalisti eletti in parlamento e nei consigli regionali i contributi previdenziali glieli versa l’Inpgi! Nello statuto dell’Istituto si legge infatti quanto segue:

“PARLAMENTARI E CONSIGLIERI REGIONALI Per coloro che sono eletti membri del Parlamento o di assemblee regionali, la legge 488 del 1999 ha introdotto una novità, nel caso in cui a seguito dell’elezione il giornalista abbia la possibilità di conseguire il diritto ad un vitalizio o ad un incremento della pensione. In questa particolare ipotesi, il giornalista collocato in aspettativa ex lege 300/70 è tenuto a versare all’Inpgi l’equivalente dei contributi pensionistici nella misura prevista per la quota a carico del lavoratore , che attualmente è pari all’ 8,69% “.  

Ciò vuol dire che i nostri colleghi che vanno a sedere in parlamento e nei parlamentini delle singole Regioni se vi maturano il diritto al famoso vitalizio devono sborsare all’Inpgi SOLO l’8,69% dello stipendio. Tutto il resto, cioè la quota che era a carico dell’editore, lo paga l’Istituto (cioè noi). Si parla tanto di dare l’esempio, a partire dal parlamento e a finire agli eletti negli organi dell’Istituto. Perché non chiediamo ai colleghi giornalisti eletti deputati, senatori e consiglieri regionali che maturano il diritto al vitalizio o di rinunciare alla porzione di pensione maturata in quelle assise o almeno di pagarsi di tasca propria per intero i contributi figurativi oggi sborsati dall’Inpgi? (cioè da tutti noi).

E’giusto che la pensione di un collega non più in servizio sia tassata quanto lo stipendio di un collega in servizio? Ed è giusto che la pensione di chi ha smesso di lavorare da poco sia tassata come quella di chi è in pensione da molti anni?Secondo me, no. Perché? Per il semplice motivo che più è lunga la vita più si utilizzeranno i servizi e le strutture realizzate con il danaro pubblico, che è proprio quello che proviene dalle tasse. Più si vive, più si “consumano”, cioè si utilizzano, le strade, le metropolitane, l’assistenza  sanitaria, i treni, ecc.   Viceversa: meno resta da vivere, meno si “consuma” di quanto realizzato con investimenti pubblici, cioè con danaro che proviene dalle tasse. Conclusione? Credo sia il caso di cominciare a porre sul tappeto l’opportunità che la tassazione delle pensioni diminuisca progressivamente man mano che si va avanti con gli anni.

Pino Nicotri

Consigliere generale uscente Inpgi

Candidato sindaco revisore dei conti Inpgi

 

 

 

 

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