Dal voto per posta a quello elettronico
Il raccogli buste ora raccoglie le password
di Pino Nicotri
Sappiamo tutti molto bene che con il voto per posta è sempre stata usanza dei vari gruppi maggioritari più o meno storici e degli annessi leader di raccogliere dalle mani dei colleghi con diritto di voto le schede per portarle in massa al seggio.
Ricordo con meraviglia il ritmico arrivo al seggio dei colleghi raccoglitori e postini con sacchetti di plastica come quelli della spesa con dentro decine di buste contenenti la scheda con il voto già espresso. La motivazione ufficiale era di risparmiare ai votanti la fatica di dover andare fino al seggio, cosa in effetti non agevole per tutti, dati anche gli orari di lavoro, la decentrazione delle redazioni e la distanza dai seggi, mai troppo abbondanti e facili da raggiungere per tutti.
In realtà, non ho mai capito bene se chi consegnava la scheda ai volenterosi postini la consegnava col voto già espresso, ed espresso senza pressioni dalla lista elettorale del postino, o la consegnava in bianco, in modo che ogni capo e capetto ci potesse scrivere le proprie preferenze in base ai giochi già fatti dei vari accordi elettorali.
Se però con il voto elettronico si passasse alla prassi equivalente, e cioè al dare la propria password come delega ad altri per il voto così come si dava la busta con la scheda elettorale, c’è un rischio che non va sottovalutato e che col voto cartaceo non esisteva.
La password che ci viene assegnata è infatti la stessa con la quale ogni giornalista può accedere al sito dell’INPGI, controllare la propria posizione contributiva e quant’altro. Con la password si viene a conoscere anche l’ammontare della retribuzione.
Insomma, una serie di dati sensibili personali, cioè riguardanti la propria privacy, che NON è il caso di lasciare in mano ad estranei.
Sì, certo, ognuno può ora cambiare la propria password in modo da evitare abusi.
Il problema però è cosa può succedere nell’intervallo, non brevissimo, tra il consegnare a terzi la propria password e il momento in cui la si cambierà. Per carità, non dubito che i colleghi postini e chi poi per loro dovesse esprimere il voto altrui sono in ottima fede e mai commetterebbero abusi.
Però non si può mai sapere se le password per un qualche disguido, distrazione o malafede altrui finisce o no in mani indebite e infide.
Meglio dunque che ognuno eserciti di persona il proprio diritto al voto, allenandosi così anche all’uso della propria password.
Tutto ciò premesso, è meglio ancora se la partecipazione al voto sarà massiccia anziché in percentuale troppo bassa come al solito. Se vota una percentuale bassa degli aventi diritto, come purtroppo avviene in TUTTE le elezioni per i nostri organismi di rappresentanza, è chiaro che la rappresentatività reale degli stessi organismi è assai dubbia. E’ cioè bassa la qualità e la robustezza della democrazia reale, non solo formale. A prescindere dalle intenzioni e dalla indubbia bravura degli eletti.
In un’epoca di critiche feroci alla politica, ai partiti, ai sindacati, ai sistemi elettorali e ai rappresentanti espressi con le votazioni, è bene non porgere il fianco a certe accuse.
Pino Nicotri
Senza Bavaglio
Consigliere generale INPGI uscente
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