CONGRESSO FNSI
Voltare pagina:
scendere tra la gente
Basta contiguità con la casta
di Michele Concina
Scrivono le cosiddette piccole associazioni: ” Il futuro è già qui e la nostra sfida, oggi, è disegnare un’informazione che sia libera, contro ogni bavaglio, indipendente, plurale ed economicamente sostenibile. Un settore che tenga insieme dipendenti e lavoratori autonomi; che dia pari dignità ad ogni media, ad ogni giornalista, professionista e pubblicista, alla carta stampata come all’emittenza, al servizio pubblico e agli uffici stampa”.
Ci creda chi vuole, la realtà è un’altra, diversa. Anzi completamente diversa.
Il passato è già qui: un passato di lavoratori asserviti, malpagati e ricattabili come nelle filande dell’Ottocento; di padroni onnipotenti e bari, decisi a tenere per sé ogni centesimo di profitti e scaricare le perdite sulla collettività. E la nostra sfiga, oggi, è dover disegnare un’informazione che sia libera, contro ogni bavaglio, indipendente, plurale ed economicamente sostenibile, a partire da un contratto che rappresenta e promuove l’esatto contrario.
DEMOCRAZIA SINDACALE
E’ assolutamente necessario avviare il superamento della struttura federativa regionale del sindacato dei giornalisti italiani. Un modello organizzativo nato oltre un secolo fa, in un mondo di treni a vapore e dispacci inviati col telegrafo. Un mondo in cui non esistevano editori che possedevano un giornale a Napoli e uno a Venezia, in cui se scrivevi sul Secolo XIX, a Palermo ti leggevano forse tre giorni dopo, quando il piroscafo portava qualche copia per i genovesi trapiantati.
Oggi le associazioni regionali non servono a nulla: non hanno la forza di difendere i colleghi nelle redazioni, né di organizzare i precari e i liberi professionisti. L’unico luogo in cui contano è la FNSI stessa, in cui le associazioni sono protagoniste di interminabili faide di potere e di processi decisionali lenti, inefficienti, barocchi, costosi.
Basta riflettere sulla modalità di voto dei congressi FNSI – per alzata di mano nelle delegazioni regionali che i capi delegazione riferiscono poi alla presidenza – per rendersi conto che in questo modo si fa teatro, non sindacato.
Insieme alla frammentazione orizzontale, territoriale del sindacato, va superata la sua frammentazione verticale. In particolare, l’USIGRAI deve allargarsi a organismo di rappresentanza di tutti i giornalisti dell’emittenza radiotelevisiva nazionale, e abbandonare il ruolo (come diceva qualcuno) di azionista di riferimento della Fnsi.
A CHE SERVE LA FNSI
Un sindacato compatto e di respiro nazionale, con dirigenti non condizionati dalle vicende della loro città o addirittura della loro testata, deve essere il punto d’arrivo. Un sindacato più simile alla FIOM (al netto di ogni coloritura ideologica) che alla FNSI che abbiamo subito negli ultimi anni. Del resto, alzi la mano chi ha il coraggio di considerare più efficace l’azione sindacale di Franco Siddi rispetto a quella di Maurizio Landini.
Un sindacato di questo tipo è meno clientelare, perché i suoi dirigenti tendono a essere eletti sulla base di programmi, non di amicizie localistiche (anche se bisognerà cercare meccanismi capaci di troncare gli accordi di scambio che hanno garantito per decenni un potere sproporzionato alle cosiddette piccole associazioni). Dunque, un sindacato così è certamente più adatto a rappresentare e difendere i giornalisti più deboli, quelli esterni alle redazioni.
E’ un sindacato che spende meno soldi per far funzionare le sue articolazioni territoriali, e meno tempo nelle dispute per accaparrarsi le relative poltrone. Di conseguenza, è un sindacato portato a guardar fuori, anziché a contemplarsi l’ombelico e a suddividerne le cavità tra i fedeli di Tizio e quelli di Caio.
ALLEANZE INDISPENSABILI
E di guardar fuori c’è un bisogno urgentissimo. E’ evidente che i giornalisti, da soli, continueranno a perdere tutte le battaglie. Abbiamo qualche possibilità solo se torniamo a convincere l’opinione pubblica che i nostri interessi sono i suoi; che editori e politici che lavorano contro di noi danneggiano la gente comune.
Per provarci, tuttavia, occorre un gigantesco recupero di credibilità. Oggi i giornalisti si trovano in una situazione paradossale: la casta della politica ci disprezza, ci ricatta e cerca di sbarazzarsi di noi. I non privilegiati ci considerano un segmento della casta; probabilmente intuendo che a molti di noi piacerebbe tanto farne parte.
La gente che ha mandato esaurito anche in Italia “Charlie Hebdo” è probabilmente disposta a scendere in piazza per Milena Gabanelli o Lirio Abbate. Ma non alzerebbe una falange del mignolo per i reggimicrofono, per i valletti del ministro, del finanziere, dell’assessore, del vescovo, del presidente della squadra di calcio, del presentatore, del magistrato, dello scrittore di bestseller.
Finora abbiamo cercato di ottenere tutela per il nostro lavoro dall’alto, con il bel risultato che vediamo. E’ tempo di cercare alleanze e appoggi fra gli elettori, non fra gli eletti; fra i soldati, non fra i generali; fra i consumatori, non fra gli industriali; fra quelli che non hanno voce, non fra quelli che hanno una voce così forte da coprire tutte le altre.
Michele Concina
Ex CdR Messaggero
Ex vicepresidente della Romana
1 Comment on this post
Leave a Comment