della stessa FNSI, sono coinvolti nelle ristrutturazioni di aziende
editoriali tra il 2009 e il 2010: prepensionati, cassaintegrati, contratti
di solidarietà.
Numeri imponenti, spiegabili col fatto che, per la prima volta, hanno
ottenuto gli ammortizzatori tutti i principali gruppi editoriali italiani:
Mondadori, Rizzoli-Corriere della Sera, Repubblica-Espresso, gruppo
Caltagirone, Stampa e Sole 24 Ore, l’Ansa ( e altri ne arriveranno, tra cui
Il Giornale di Paolo Berlusconi).
Giornali di provincia, quotidiani di partito, colossi della carta patinata:
non si è salvato nessuno. Tenendo conto che gli stati di crisi bloccano i
turn-over, pensiamo sia una stima prudente ipotizzare che almeno altrettanti
colleghi resteranno per anni fuori dalle redazioni, nel limbo del
precariato dei pezzi pagati pochi euro a riga, sgomitando per difendersi
dalla concorrenza senza regole: ma forse potremmo aumentare
significativamente il numero, se consideriamo che nel 2006 i giornalisti
occupati nella carta stampata erano 10.929 (fonte Fieg), mentre
collaboratori e freelance si aggiravano sulle quarantamila unità.
La crisi, dicevamo. Allora, guardiamo altri numeri: quelli forniti dalla
Nielsen Media Research sugli investimenti pubblicitari rilevati nel periodo
gennaio-agosto 2010 , e rilanciati da Prima Comunicazione. In questi otto
mesi, gli investimenti sono aumentati del +4,8% rispetto all’anno
precedente, superando i 5,3 miliardi di euro.
Solo agosto – mese notoriamente “morto” dal punto di vista commerciale – ha
visto investimenti per un valore complessivo di oltre 260 milioni di euro
ed un aumento del +5,2% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Se poi
guardiamo a Internet, la crescita degli investimenti pubblicitari tra
gennaio e agosto è stata addirittura a due cifre: +17,7%. Ma restiamo pure
alla carta stampata, anzi ai quotidiani, dove le aziende investitrici – in
gergo, gli advertiser – sono aumentati del 5,7%.
Ne avete abbastanza? Bene. Anche perché, probabilmente, vi è venuto il
dubbio che le ristrutturazioni siano ormai diventate un sistema economico
e pratico per far pulizia nelle aziende “a prescindere”, come direbbe Totò:
anche se – come è il caso di Mondadori, per dire il più eclatante – la crisi
si traduce semplicemente in una riduzione degli utili.
Lo stesso dubbio è venuto anche a noi: anzi, è una certezza. E siamo certi
anche che il sindacato non possa più limitarsi a fare il notaio di queste
situazioni, cercando di salvare il salvabile. Pensiamoci, al momento di
votare.
Laura Verlicchi
Senza Bavaglio
www.senzabavaglio.info
Leave a Comment