EDITORIALE
Andrea Di Quarto
Milano, 1° settembre 2024
Più libertà o sicurezza? Il recente arresto in Francia di Pavel Durov, fondatore di Telegram e VKontakte, ha sollevato una serie di interrogativi rilevanti per la libertà di espressione, la sicurezza digitale e la geopolitica e offre spunti di riflessione sul rapporto tra libertà e sicurezza, sulla segretezza della corrispondenza e sul rischio di derive verso il controllo di massa.
Durov, noto per il suo impegno nella protezione della privacy degli utenti e la sua resistenza a pressioni governative, è una figura controversa a livello globale. La sua detenzione in un Paese europeo (il magnate è stato rilasciato dietro il pagamento di una cauzione milionaria, ma ha l’obbligo di non lasciare il territorio francese), noto per le sue tradizioni democratiche, pone molte domande su motivazioni, conseguenze e implicazioni future, non solo per lui ma anche per la libertà di internet e più in generale di espressione e mette in luce un potenziale limite della normativa europea, impotente di fronte ad ambiti giuridici “locali” come la normativa penale.
Le accuse contestate a Durov dopo l’arresto del 24 agosto all’aeroporto di Le Bourget non sono di poco conto: la magistratura francese ritiene che la mancanza di moderazione di Telegram rendano il fondatore (e amministratore delegato) complice delle attività illegali che vi si svolgono: frodi, pedofilia, traffico di droga, criminalità. Accuse passibili di tenere in galera il miliardario per decenni. Visto che il personaggio non era ignoto (lo stesso Macron gli ha conferito la cittadinanza francese) né sprovveduto, tutto il mondo sta discutendo se l’arresto sia veramente legato a presunti reati commessi attraverso la piattaforma, oppure in gioco vi siano motivazioni politiche più sottili.
Nato a Leningrado (oggi San Pietroburgo), nell’ex Unione Sovietica, il fondatore di Telegram è cresciuto in una famiglia di intellettuali e da giovane ha trascorso un periodo a Torino, prima di rientrare in Russia. Nel suo curriculum, studi umanistici all’Accademia di San Pietroburgo e una laurea con lode in filologia.
Nel 2006 ha fondato VKontakte, un social ispirato a Facebook diventato in breve tempo il più utilizzato in Russia. Tuttavia, l’app ha attirato l’attenzione delle autorità russe quando il fondatore ha rifiutato di censurare contenuti politicamente sensibili e di fornire al governo i dati degli utenti. Tensioni e conflitti con le autorità che hanno portato nel 2014 alle dimissioni di Durov, che ha venduto le quote della società, lasciando definitivamente la Russia.
Intanto, nel 2013 era nato Telegram, fondato da Durov assieme al fratello Nilkolaj, e basato su principi di radicale protezione della privacy e libertà di espressione che il fratello ha concretizzato in un protocollo che è alla base della crittografia di Telegram. Questo sistema consente agli utenti molta libertà e se da un lato offre protezione ad attivisti e oppositori in paesi poco democratici, dall’altro lascia un ampio margine d’azione ai malfattori e consente il diffondersi di pedo-pornografia, cyberbullismo, spaccio di droga e contenuti di odio e terroristici. La piattaforma, a oggi ha raggiunto i 900 milioni di utenti e valuta l’ipotesi della quotazione in borsa. Per quasi otto anni dalla sua nascita, infatti,Telegram non ha generato ricavi per precisa scelta del fondatore, che non voleva farne un business. Poi, nel 2021, la svolta con l’introduzione di alcune funzioni premium e la partecipazione di investitori esteri.
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QUI LE ACCUSE RIVOLTE A DUROV DALLA PROCURADI PARIGI
2024-08-26 – CP TELEGRAM
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Come conseguenza, oltre che in patria Durov è diventato una figura scomoda anche per molti altri governi a causa del suo rifiuto di consegnare i dati degli utenti o di inserire backdoor* nelle sue applicazioni. Una sua posizione che lo ha reso un difensore della privacy, ma anche un bersaglio per autorità che vedono Telegram come una piattaforma fuori controllo. In questo senso, il fatto che il clamoroso arresto sia avvenuto in Francia è significativo: essendo questa un membro chiave dell’Unione Europea, spesso schieratasi a favore dei diritti digitali e della privacy, l’arresto solleva domande sulle dinamiche politiche tra Parigi e Mosca e tra Parigi e Washington. È possibile che la Francia stia rispondendo a pressioni internazionali per fermare le attività di Durov o si tratta solo di un tentativo di indebolire una piattaforma che è stata usata per sfuggire alla sorveglianza governativa? L’Europa, inclusa la Francia, ha visto crescere il proprio impegno per regolamentare le grandi piattaforme digitali, ma l’arresto di un CEO come Durov è un passo raro e decisamente drastico.
Insomma, anche se si sceglie di non avventurarsi in affascinanti quanto difficilmente dimostrabili scenari da spy story, l’arresto di Durov in Europa getta un’ombra sul futuro della libertà digitale. Telegram è stato uno strumento vitale per attivisti, giornalisti e cittadini comuni in cerca di una piattaforma sicura e resistente alla censura. L’arresto potrebbe essere interpretato come un messaggio intimidatorio a tutti coloro che sviluppano o utilizzano tecnologie pensate per proteggere la privacy degli utenti. C’è il rischio, inoltre, che questo caso diventi un precedente per altri governi desiderosi di reprimere piattaforme simili. In un’epoca in cui la sorveglianza digitale è in crescita, l’arresto di Durov potrebbe rappresentare un pericoloso passo verso un controllo sempre maggiore sulle comunicazioni private.
L’arresto di Durov solleva inevitabilmente domande sul futuro di Telegram. La piattaforma, che ha basato gran parte del suo successo sulla promessa di indipendenza e sicurezza, potrebbe subire un contraccolpo in termini di fiducia degli utenti. E non sorprende che la comunità internazionale abbia reagito con sorpresa e preoccupazione all’arresto di Durov. Organizzazioni per i diritti digitali, governi e utenti di Telegram in tutto il mondo stanno osservando attentamente gli sviluppi.
L’Unione Europea, che ha spesso parlato a favore della privacy digitale, potrebbe trovarsi in una posizione difficile, costretta a bilanciare le proprie leggi interne con le pressioni geopolitiche. La risposta della comunità internazionale sarà cruciale per determinare se questo arresto rimarrà un caso isolato o rappresenterà l’inizio di una nuova era di controlli sui leader tecnologici. Insomma, comunque la si veda, L’arresto di Pavel Durov in Francia solleva interrogativi importanti sul futuro della libertà digitale e sulla sicurezza delle comunicazioni online.
La vera domanda è se siamo disposti a sacrificare la segretezza delle nostre comunicazioni in nome della sicurezza. E la crittografia end-to-end è un meccanismo che rende più difficile la lotta contro il crimine o rappresenta una protezione fondamentale contro la violazione dei diritti individuali? La vicenda di Durov e Telegram ci pone di fronte a un bivio: continuare a garantire la segretezza delle comunicazioni, la nostra libertà, accettando i rischi che questa comporta, o abbracciare un modello di controllo e sorveglianza più pervasivo che, tuttavia, potrebbe erodere le fondamenta stesse della libertà individuale? Il confine tra sicurezza e libertà è labile e non deve essere mai attraversato con leggerezza, dogmatismi o emotività, perché indietro non si torna. Ogni passo verso una maggiore sorveglianza va valutato attentamente, perché il rimedio potrebbe trasformarsi in un male ben peggiore.
Andrea Di Quarto
Direttivo dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
*Le backdoor sono delle porte di comunicazione “sul retro” che danno la possibilità ad un attaccante di accedere da remoto al sistema informatico della vittima. Spesso i servizi governi chiedono ai proprietari dei siti backdoor per pter accedere a indormazioni riservate.
Le iconografie che illustrano gli articoli di Senza Bavaglio sono di Valerio Boni.
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