Speciale Per Senza Bavaglio
Emanuela Provera
Milano, 8 ottobre 2021
“Entro il 3 novembre 2021 il promotore di giustizia (cioè una sorta di procuratore capo, ndr) deve provvedere al deposito dell’audio e/o video registrazione di monsignor Alberto Perlasca”. E’ la decisione assunta dal presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, e resa nota durante la terza udienza (6 ottobre 2021) del processo storico, per numero di imputati e capi di accusa, che si sta svolgendo nello Stato più piccolo ma più potente al mondo, quello del Vaticano.
Non è solo la chiamata in causa di monsignor Perlasca, già al vertice dell’ufficio della Segreteria di Stato che gestisce l’Obolo di San Pietro e gli investimenti finanziari, testimone chiave dell’intricata vicenda processuale, ad aver urtato le ipotesi accusatorie alimentate in questi mesi nell’opinione pubblica. Anche l’annullamento del rinvio a giudizio del cardinale Angelo Becciu ha deluso coloro i quali formularono, già in fase istruttoria, sentenze definitive con un approccio colpevolista.
La stampa italiana ha inoltre ricoperto un ruolo importante fin dagli inizi dell’istruttoria ma anche nell’avvio del processo; fu infatti l’articolo de L’Espresso, firmato da Massimiliano Coccia, a provocare, il 24 settembre 2020, le dimissioni del cardinale Angelo Becciu e la sua rinuncia ai diritti del cardinalato. Un articolo (definito nel sottotitolo “una inchiesta esclusiva”) che stranamente appare sul sito del settimanale qualche ora prima che il cardinale Becciu, ignaro, incontrasse Francesco e precipitassero gli eventi.
Il Sismografo
D’altra parte, molti si sono chiesti come mai “Il Sismografo”, il sito plurilingue diretto dal cileno Luis Badilla, conoscitore come pochi delle vicende di Chiesa, abbia rilanciato integralmente i tre articoli pubblicati da Libero in difesa di Becciu. Tanto che il 2 aprile scorso nell’articolo intitolato “Papa Francesco riconosce il suo errore nella defenestrazione del cardinale Angelo Becciu?” si legge: “Va ricordato che la stampa cattolica quasi tutta accettò passivamente la campagna contro l’ex Prefetto Becciu, senza scrivere una riga in difesa della presunzione d’innocenza del porporato”.
La grande stampa italiana ha remato in questa direzione fino a quando il 4 ottobre scorso la nota vaticanista di Associated Press, Nicole Winfiled, ha firmato un approfondito articolo nel quale porta alla luce tutte le anomalie processuali che, taciute dai giornalisti nei mesi scorsi, sono state ben espresse nella memoria difensiva redatta dai legali di Cecilia Marogna e depositata in Tribunale per l’udienza del 5 ottobre.
Dieci imputati
Il 5 ottobre 2021 si è svolta quindi la seconda udienza del processo, avviato come è noto, in seguito all’acquisto di un palazzo a Londra ad opera della Segreteria di Stato, pagato molto più del suo valore di mercato.
Gli imputati sono dieci ma soltanto due si sono presentati alla prima udienza del 27 luglio scorso: monsignor Mauro Carlino e il cardinale Giovanni Angelo Becciu che, proprio in quei giorni, dichiarò: “Sono vittima di una macchinazione ordita ai miei danni, attendevo da tempo di conoscere le eventuali accuse nei miei confronti, per dimostrare al mondo la mia assoluta innocenza”.
Le denunce da cui prende avvio l’indagine furono presentate dall’Istituto per le Opere di Religione il 2 luglio 2019 e dall’Ufficio del Revisore Generale l’8 agosto 2019: provengono quindi – caso inconsueto – dall’interno del Vaticano. La Segreteria di Stato, il principale dicastero della Curia romana, è chiamata in causa ma il suo capo, cardinale Pietro Parolin, non compare tra gli imputati, non è stato interpellato in fase istruttoria e non ha rilasciato dichiarazioni significative. Piuttosto curioso.
Cecilia Marogna
Ma veniamo invece a Cecilia Marogna, unica donna insieme ad altri nove imputati, di cui, insieme a Becciu, si è occupata con particolare (a volte esclusiva) attenzione la stampa italiana. Della colombiana Gloria Cecilia Narváez Argoti, la suora francescana di 57 anni sequestrata in Mali nel 2017 se ne è occupata proprio lei, Cecilia Marogna in qualità di analista geopolitica chiamata come consulente presso la Santa Sede.
La società Logsic Humanitarne Dejavosti D.O.O. interamente controllata da Cecilia Marogna ha ricevuto tra il 20 dicembre 2018 e l’11 luglio 2019 versamenti effettuati dalla Segreteria di Stato per 575.000 euro. Pur non essendo indagata nell’ambito dell’acquisto del palazzo di lusso (in Sloane Avenue, Londra), compare tra gli imputati nel processo del secolo e sia la stampa italiana sia la trasmissione Rai condotta da Sigfrido Ranucci l’hanno descritta come una dama, a tratti consulente o factotum del cardinale Angelo Becciu, indugiando in particolari sulla sua persona privi di rilevanza giornalistica e senza considerare che Bergoglio avesse avallato la sua nomina.
Il risultato di questa comunicazione, che l’ha sovraesposta come figura di contorno e in modo ambiguo, è stato forse quello di portare l’attenzione dei lettori su questioni marginali a discapito di altre che non sono state nemmeno prese in considerazione.
Le promesse di un settimanale
Cecilia Marogna non è stata ascoltata dagli inquirenti, al contrario del broker Gianluigi Torzi, poi arrestato. Inoltre nell’ottobre del 2020 ha trascorso in carcere 17 giorni su mandato di cattura delle autorità vaticane, convalidato dalla Corte d’appello milanese. Poi la Corte di Cassazione italiana ha disposto l’annullamento della misura cautelare. Al di là delle legittime opinioni che ciascun lettore o ascoltatore delle trasmissioni Report si è fatto, si rileva un accanimento mediatico nei confronti di un’imputata che, per il momento, appare totalmente estranea al nodo centrale delle accuse.
Nel settembre scorso uno dei più noti settimanali italiani promette a Cecilia Marogna molto spazio sul giornale, invitandola a rispondere il prima possibile perché il tempo a disposizione non è tanto, bisogna uscire. Viene così subito concordata la pubblicazione di una intervista volta a ricostruire i fatti e a ristabilire alcune verità (intenzionalmente?) sommerse fino a quel momento.
Per la prima volta dall’inizio del processo, Cecilia Marogna risponde in via esclusiva e in modo dettagliato alle domande di Senza Bavaglio:
SB: L’articolo di cui parliamo qui sopra non è mai uscito. Cosa è successo?
CM: Il giornalista ed il suo editore avevano manifestato un grande interesse. Volevano riportare correttamente i fatti che mi riguardano, ma hanno ricevuto una telefonata intimidatoria, piena di insulti, in cui si minacciava una pesante querela. II reporter era a buon punto nella ricostruzione della vicenda, della mia posizione professionale, del ruolo del Cardinale Becciu e delle persone coinvolte nell’operazione londinese. L’intervista era pronta per la pubblicazione e l’avevo già fatta leggere ai miei legali.
Ho l’impressione che la censura sia stata voluta da chi non voleva fosse divulgata la corretta ricostruzione del mio ruolo nella Segreteria di Stato e volesse compromettere la serietà del mio lavoro e della mia persona. Non sono stupita perché fino ad allora erano già stati pubblicati articoli che riportavano falsità. Gli estensori non hanno verificato l’attendibilità delle loro fonti. Infatti, negli ultimi due mesi, i giornalisti si sono contraddetti fra di loro. Gli eventi si stanno chiarendo senza forzature e questo dimostra che esiste una narrazione più giusta. In prima battuta era stata manipolata ed alterata per fini e scopi che mi sono ancora estranei.
SB: Lei conosce gli altri imputati nel processo? In particolare Enrico Crasso, consulente della Segreteria di Stato vaticana?
CM: Non conosco personalmente Enrico Crasso; non ci siamo mai incontrati. Non sono mai stata implicata nelle questioni finanziarie della Segreteria di Stato vaticana. Stessa cosa per i restanti imputati del processo e le altre persone, per esempio monsignor Alberto Perlasca, che è stato stralciato dagli indagati per diventare il principale teste accusatore.
SB: Un primo importante capitolo dell’inchiesta però riguarda l’investimento della Segreteria di Stato nel fondo Athena Capital Global Opportunities Fund di Raffaele Mincione, un’operazione avvenuta tra giugno 2013 e febbraio 2014. Mincione viene presentato in Vaticano da Enrico Crasso, che da molti anni gestisce i fondi della Segreteria di Stato. Nonostante lei non abbia mai lavorato con Enrico Crasso ha comunque avuto modo di farsi una idea del suo ruolo come consulente della Segreteria di Stato?
CM: Ho cercato di capire chi fosse Enrico Crasso, dal momento in cui è stato reso pubblico l’affare dell’acquisizione del palazzo di Sloane Avenue a Londra. Ho letto tutti gli articoli pubblicati da quel momento a oggi. Il ritratto migliore sul suo ruolo nella Segreteria di Stato è quella focalizzato nel servizio “Mea culpa, corruzione in Vaticano-Il passaporto Magico”, andato in onda su “Falò’”, del 15 aprile 2021 per la RSI (Radio Televisione Svizzera), e poi ripreso da Sky il 19 luglio 2021.
SB: Quali sono le dichiarazioni più importanti di Enrico Crasso rilasciate durante quella trasmissione e perché le ritiene significative per una definizione del suo profilo?
CM: Lui ricostruisce, anche fuori onda, fatti rilevanti del come? dove? e perché? dell’affaire londinese, e racconta le interazioni dirette tra professionisti laici e prelati. Crasso dichiara di aver iniziato ad operare per la Segreteria di Stato vaticana dal 1993 (oltre 27 anni anni fa) come gestore delle finanze sotto la totale responsabilità dei vertici della Segreteria di Stato.
SB: Sembra quindi che il consulente Enrico Crasso svolga il suo incarico da molto tempo prima che il papa nomini il cardinale Becciu all’interno della Segreteria di Stato.
CM: Esatto, nel programma si evidenzia che il suo ruolo è svolto da molto prima del 10 maggio 2011, data in cui, Benedetto XVI nomina come Sostituto degli Affari Generali della Segreteria di Stato il Cardinal Becciu, allora ancora Vescovo e Nunzio Apostolico a Cuba.
SB: Di che cosa si occupava il cardinale Becciu prima di quella data?
CM: Fino a quella importante chiamata, Becciu dal 1983 era diplomatico itinerante: Parigi, Londra, Washington, Repubblica Centrafricana, Nuova Zelanda e Liberia. Quindi conosceva quella imponente gestione finanziaria. Agiva sotto l’esclusiva responsabilità delle alte cariche della Segreteria.
SB: Signora Marogna, lei era consulente della Segreteria di Stato. Esattamente quali erano i suoi compiti?
CM: Mi sono proposta spontaneamente come analista geopolitica e come tale sono stata assunta come consulente. Non mi sono mai occupata della gestione finanziaria della Segreteria di Stato nè degli investimenti nelle operazioni che hanno interessato gli imputati nel procedimento in corso.
SB: Quali sono state le richieste dei suoi legali agli inquirenti del tribunale vaticano, nell’udienza del 5 ottobre?
CM: Abbiamo depositato la memoria prodotta dopo la prima udienza tenuta il 27 Luglio, nella quale sottoliniamo gli elementi di procedura del diritto vaticano e canonico e la scarsa credibilità e incompetenza delle fonti e degli indizi utilizzati per formulare le accuse contro di me.
SB: Che cosa hanno provocato questi indizi e le dichiarazioni della “fonte” utilizzate dagli inquirenti?
CM: Sembra che siano stati decisivi per firmare il mandato di arresto che mi ha costretto prima a San Vittore dal 13 al 30 ottobre 2020 e poi, una volta libera, all’obbligo di firma fino al 14 Gennaio scorso. L’ordine di carcerazione è stato eseguito dalla Guardia su Finanza
SB: Il suo arresto è stato giudicato privo di alcun fondamento.
CM: Si, perché il 16 dicembre 2020 la Corte di Cassazione ha sentenziato l’illegittimità dell’arresto. I miei avvocati intendono chiedere l’interrogazione del teste Perlasca e altri, come persone informate dei fatti, le quali avrebbero dichiarato di aver condotto ricerche su “incarico assegnato dal Santo Padre e dai Promotori di Giustizia”. I miei procuratori possiedono tutti gli elementi utili alla mia difesa e idonei a delineare correttamente la mia professione e la relativa condotta.
SB: I promotori di giustizia, Alessandro Diddi e Gian Piero Milano, non hanno consegnato al presidente del tribunale, Giuseppe Pignatone, la video registrazione di monsignor Perlasca. Qual è la sua opinione?
CM: È una delle domande che i miei legali procuratori hanno presentato ai Promotori e al Presidente del Tribunale vaticano. Crediamo sia importante fare una completa ricostruzione delle fonti, delle dichiarazioni rese sia in forma audio-video sia in forma scritta. Anche per ulteriore fatto appreso di recente, che riguarda la scoperta di una relazione e relativo “verbale di due pagine”, rese note attraverso la pubblicazione di un articolo del 1 ° ottobre su “Il Fatto Quotidiano”, dal titolo “A Londra spariti 14 milioni, in parte somo finiti ai Becciu”; documento non contenuto nel fascicolo processuale in nostro possesso.
Parafrasando le parole pronunciate qualche giorno fa da papa Francesco in seguito allo scandalo della pedofilia clericale in Francia sulla “incapacità della chiesa di metterla al centro della sua preoccupazione” e non di “alcuni nella chiesa”, la vicenda processuale che coinvolge la Segreteria di Stato (il dicastero della curia romana a più stretto contatto con il papa) fa pensare che forse la chiesa vada messa in discussione per quello che è non per quello che accade tra le sue mura.
Emanuela Provera
(1 – continua)
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