Chissà infatti se molti dei colleghi si sono resi conto che, visto il testo del nuovo contratto per loro sarebbe stata anche l’ultima? Dato che l’accordo Fnsi-Fieg apre le porte a una imminente rottamazione di massa, forse molti ignoravano di avere già l’età prevista.
Nessuna enfasi nella relazione iniziale del segretario della Fnsi Franco Siddi, che per l’occasione aveva abbandonato i toni a volte minacciosi o ricattatori dei giorni precedenti, non gli attacchi ripetuti alle osservazioni preoccupate dell’Ordine nazionale dei giornalisti. Poca voglia i aprire i lavori (oltre un’ora e mezza di ritardo). Perfino alcuni membri della segreteria che alla fine del discorso non hanno platealmente applaudito il segretario. Nessun entusiamo nemmeno nelle parole di chi ha poi provato negli interventi a giustificare il suo sì a questa intesa. Con l’unica presunta motivazione che avere un nuovo contratto, seppur peggiore di quello precedente, sarebbe sempre meglio che tenersi quello precedente. Almeno per una volta, tutti i relatori, a partire da Siddi, hanno risparmiato alla platea il dibattito su quale testo rimarrebbe in vigore in assenza di un nuovo accordo. Non hanno risparmiato alla categoria però uno spettacolo, a mio parere, indecente. Per esempio al momento del voto.
Franco Sddi ha ordinato la chiusura delle porte e d’un tratto la sala si è trasformata in una inconsapevole tonnara. Come quella della mattanza di tonni che ogni anno si teneva a Favignana, per intenderci.
Così, in fretta e furia con molti dei colleghi che non si rendevano conto nemmeno di ciò che stava succedendo e con quello come al solito a quello di penalizzare chi doveva ripartire si è votato tutto e il contrario di tutto. Con la complicità anche di pezzi di Cdr che hanno votato in netto contrasto con il mandato che gli avevano dato le rispettive assemblee. Che la “mattanza” era stata studiata con perfidia lo si è capito subito dal netto rifiuto della segreteria ad accogliere una mozione, firmata per altro anche da chi era a favore della bozza del nuovo contratto, che invitava la giunta a fissare il referendum entro maggio, a garantire i seggi in tutte le redazioni e a dare un valore vincolante alla consultazione. “E’ irricevibile – ha sentenziato Siddi – Il referendum ci sarà, ma come quando e dove lo decideranno solo la giunta e il consiglio nazionale, come stabilito dallo statuto”.
Qual era il problema se non la volontà di spegnere anche l’unica garanzia di democrazia strappata dalla categoria all’accordo bulgaro uscito dall’ultimo congresso di Castellaneta? Non finirò mai di ringraziare chi ebbe l’idea di presentare quella mozione.
E’ stato a questo punto che venerdì mi sono domandato: dove era finito quel “sale della democrazia” che Siddi aveva ricordato nella sua relazione? Già, perché ora che si è capito che il dissenso della categoria sul nuovo contratto sta crescendo è già iniziata la campagna per neutralizzare gli effetti del referendum. Con la pelosa complicità anche di chi, come alcuni siti, fino a pochi giorni fa hanno sostenuto il suo valore.
Qualcuno dice: “buttiamoci le polemiche dietro le spalle, tanto non cambierà nulla. Al massimo cadrà qualche testa della segreteria”. C’è chi denuncia: il contratto è già firmato ed entrerà in vigore a giorni, Ormai non c’è più nulla da fare anche se è stata adottata una procedura irregolare. Altri ancora: il testo è stato solo siglato, ma la firma ormai avverrà a giorni.
Il referendum avrà solo valore politico.
Ma non era un’ipotesi di accordo? Dubbi a mio parere da chiarire immediatamente e sui quali la Federazione sembra diventata come la procura una volta soprannominata il “porto delle nebbie”. Tutto fa pensare che come minimo si potrebbe aprire una interminabile stagione di ricorsi. Mi domando: ma siamo o non siamo gli stessi giornalisti che tutti i giorni pretendono giustamente di insegnare alla politica che certe cose non si fanno? E’ possibile che in casa nostra non siamo capaci di avere lo scatto di orgoglio di comportarci come altre categorie che garantiscono l’entrata in vigore di un accordo solo dopo l’esito del referendum? Con che faccia pensiamo poi di parlare di pericolo della democrazia, se poi tolleriamo che dentro la categoria vigano le regole della dittatura? Vogliamo finalmente darci una mossa e non rassegnarci sempre? Di questo passo, che contratto dovremo aspettarci la prossima volta, ammesso che questo passi?
Per dissipare le polemiche di chi, nelle scorse settimane, aveva insinuato il pericolo di una guerra di poveri contro i ricchi ho regalato simbolicamente a Franco Siddi copia della mia ultima busta paga di marzo. Per dimostrargli che anche nella “ricca” Repubblica ci sono molti che, come me, assunti nel 1997, con due scatti, due domeniche al mese arrivano a guadagnare 2.264 euro e da questo contratto non riceveranno nulla. In prima fila c’era una simpatica collega sarda, che nella Conferenza di dicembre si era scaldata molto denunciando di guadagnarne 2600. Venerdì è rimasta in silenzio nonostante il taglio degli scatti. Strane cose della vita.
La verità è che solo tra qualche mese molti si accorgeranno di ciò che è avvenuto. Dei silenzi complici e degli improvvisi cambi di schieramento. Ironia della sorte, proprio mentre Franco Siddi parlava, il presidente della Bce Trichet annunciava che quello appena deciso sarà l’ultimo taglio dei tassi, che si prevede risaliranno nella seconda parte dell’anno con i primi timidi segnali di ripresa. E il prudentissimo governatore della Banca d’ Italia Mario Draghi aggiungeva: “Una rondine non fa primaveva, ma ci sono i primi segnali di un rallentamento della crisi”.
Che dite colleghi: basterà a convincere la Fnsi a tenere presto il referendum? Voglio dire prima che tutti si accorgano che dopo 4 anni e 18 giorni di scioperi hanno scelto il momento peggiore per trovare un accordo? Proprio quello che gli editori volevano. Meditate gente meditate. Ricordo a dicembre di aver firmato un “avviso ai naviganti” profetico sul sito di Franco Abruzzo. Un secolo fa, dato che anche lui ormai sembra aver cambiato idea.
Andrea Montanari
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