Condé Nast: come un’azienda può licenziare con il sindacato che sta a guardare

Senza Bavaglio
Milano, 5 luglio 2018

Ancora una volta il sindacato dei giornalisti – la Lombarda, i cui dirigenti, scaduti il 22 dicembre scorso restano incollati alle poltrone nonostante il disastro in corso, e la FNSI, da quanche tempo più interessata a contestare il bavaglio ai giornalisti in Turchia e nel mondo e meno a salvare i posti di lavoro qui da noi – abbaia forte ma non morde. La Condé Nast licenzia tre giornaliste e il sindacato protesta ma non azzanna. L’azienda può agire con spregiudicatezza, disinvoltura e cinismo tanto sa che le armi autospuntate dal sindacato non le faranno un graffio.

Ecco come si presenta nelle edicole dell’aeroporto di Malpensa la Condé Nast: qui rivendica la qualità dei suoi giornali ma in realtà licenzia i giornalisti e li sostituisce con influencer cioè con pubblicitari mascherati da opinionisti. Al diavolo presitigio e autorevolezza.

Ahinoi, ma con che coraggio i dirigenti del sindacato difendono ancora un contratto che sta distruggendo la professione e che Paolo Butturini, allora presidente di Stampa Romana e ora uno dei membri della giunta esecutiva della FNSI, definì all’epoca in cui fu firmato, quattro anni fa, “una serie impressionante di concessioni agli editori”?  E’ uno stillicidio di perdite di posti di lavoro.

Il progressivo smantellamento delle tutele contrattuali, confermato anche dagli accordi firmati nel 2014, ha precarizzato il lavoro e reso più debole ogni singola posizione. Se si concedono incentivi ai contratti a tempo determinato, si indebolisce tutta la categoria. Se viene tolto il vincolo di cause specifiche per sottoscrivere i contratti a tempo determinato, sottoscrivendo in automatico una legge peggiorativa dello Stato e rinunciando alle migliori condizioni previste dall’intesa Fnsi-Fieg, si dichiara di voler rinunciare ai diritti reali. E questo non è incentivo ad assumere, ma a licenziare.

Vengono a galla e sotto i riflettori le case editrici più grandi, famose e autorevoli mentre nei casi delle piccole aziende – come OmniMilano, OmniRoma e OmniNapoli, la cui casa editrice ha appena chiesto la liquidazione volontaria – tutto rimane riservato.

Alla Mondadori è successo il pandemonio e le cose più importanti sono state tenute nascoste, lontano da occhi indiscreti (quelli dei colleghi e di Senza Bavaglio). Ora stanno emergendo comportamenti sindacalmete stupefacenti di cui vi daremo conto. I dirigenti della Mondadori, la cui azienda è in attivo, hanno come obbiettivo quello di ridurre il più possibile il costo del lavoro. E il sindacato che fa? Avvalla questa politica contro i lavoratori. E mantiene un silenzio complice. Già perchè se si scopre quello che è accaduto – comprese le intimidazioni ai colleghi – crolla tutto il castello dei rapporti impropri tra aziende editoriali e sindacato.

Ora è il caso incredibile della Condé Nast: l’azienda chiude quattro testate, licenzia i giornalisti, le riapre con personale precario e lascia a casa i colleghi buttati fuori in precedenza.

E’ bene precisare che Condé Nast non ha il bilancio in attivo. Ha chiuso il 2017 in rosso, ma il rosso è  stato determinato dalla politica degli incentivi. Se non fossero stati spesi quasi tre milioni di euro per spingere i giornalisti a lasciare il posto di lavoro,  il bilancio 2017 sarebbe stato chiuso tranquillamente in attivo.

Ma l’arroganza della casa editrice americana si spinge oltre il limite della fantasia: chiede all’Ordine dei giornalisti di riconoscere come corso di formazione professionale l’annuale festival di Wired che nelle sue pieghe, oltre a interessanti dibattiti, porta il rischio di contrabbandare come lavoro giornalistico quello degli influencer, veri e propri agenti della pubblicità che presentano articoli di propaganda sotto le mentite spoglie di reportage di informazione. Il corso è stato congelato dalla coalizione che guida l’Ordine della Lombardia (di cui Senza Bavaglio fa parte) e che non si riconosce nella maggioranza che guida la FNSI.

Il comitato di redazione della Condé Nast ha reagito con forza con questa nota:

“Il 2018 è iniziato con la fine del contratto di solidarietà, la chiusura di quattro testate giornalistiche (L’Uomo Vogue, Vogue Sposa, Vogue Bambino, Vogue Accessory) e tre lettere di licenziamento, congelate dopo uno sciopero a oltranza.

I licenziamenti sono stati ‘trasformati’ quindi in cassa integrazione a zero ore per cinque colleghe per chiusura di testata, cassa avviata unilateralmente, senza il benestare del Cdr e del sindacato nazionale e territoriale.

Più o meno negli stessi giorni Condé Nast lanciava in pompa magna Lisa, una nuova iniziativa editoriale fatta però senza giornalisti. Quindi pubblicava il bando per la nuova edizione di un master per aspiranti influecer.

A distanza di circa tre mesi, il 12 giugno, una delle testate defunte, L’Uomo Vogue, tornava miracolosamente in vita, con una campagna di comunicazione vistosa e internazionale, che sottolineava appunto la sua resurrezione. Nessuna delle colleghe in cassa (una delle quali proveniente proprio dalla redazione de L’Uomo Vogue) è stata però richiamata. Così come nessuna è stata richiamata per l’annunciato Wedding che sta rinascendo dalle spoglie di Vogue Sposa.

Il Cdr insieme con l’ALG e la FNSI ha chiesto all’azienda di utilizzare le colleghe cassintegrate, ricevendo un rifiuto, reso ancora più inaccettabile per via della presenza in azienda di figure non contrattualizzate ai sensi del contratto giornalistico che tuttavia svolgono lavoro giornalistico.

In questo scenario, il Cdr non può che sollecitare un intervento da parte dell’Inpgi che, dopo quattro anni di solidarietà, sta sostenendo adesso anche il peso della cassa per testate formalmente morte, ma in pratica vive e pimpanti.

Il cdr Condé Nast”

Chiedere l’intervento dell’INPGI – sollecitato più volte anche da Senza Bavaglio – è doveroso e sacrosanto anche se – secondo qualcuno – sulle eventuali sanzioni le aziende fanno ricorso e i tempi si dilatano enormemente. Ma forse la dirigenza della FNSI, che ha ottimi rapporti con la presidenza dell’Istituto, potrebbe attivarsi per accelerare la pratica.

Ma dopo questa drammatica operazione chiururgica alla Condé Nast, la FNSI dovrebbe finalmente schierarsi a fianco dei giornalisti e non degli editori. Ritirarsi dalla causa in corso intentata da alcuni giornalisti contro la FIEG e la FNSI per cancellare questo ignobile contratto che sta causando dolori e lutti nel mondo dell’informazione.

Cancellare questo contratto e schierarvisi contro, come fece a suo tempo Paolo Butturini, può essere il primo passo per riconciliare il sindacato con il corpo giornalistico e servirebbe per impedire che casi come Mondadori e Condé Nast si ripetano all’infinito

Senza Bavaglio
@sbavaglio

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