Primo Maggio: il dramma dei collaboratori tra l’incudine degli editori e il martello del sindacato

In occasione del Primo Maggio, Senza Bavaglio ha pensato che fosse il caso di ricordare
a chi di dovere la drammatica situazione in cui versano
i giornalisti, soprattutto i freelance e i collaboratori, vessati da regole e norme
che hanno cambiato il mondo dell’editoria negli ultimi anni.

Senza Bavaglio
Milano, 1° maggio 2018

La crisi dei giornali cartacei non è stata di certo determinata da una sola causa – il web, per esempio – ma da una serie di motivi che in un arco di tempo piuttosto breve hanno minato irrimediabilmente la salute degli ormai obsoleti quotidiani e riviste. Crisi a parte, la rete, i social e la scarsa voglia di leggere hanno inferto alla stampa un colpo mortale, complice il “latrocinio” dei diritti compiuto a danno degli operatori della comunicazione.

È ben risaputo che la maggior parte dei collaboratori dei giornali (oseremmo dire la maggior parte dei giornalisti) o lavora gratis o è sottopagata. L’ultimo caso, cioè i compensi da fame di tanti reporter, ha ricevuto il placet del sindacato dei giornalisti, stranamente sceso a patti con la federazione degli editori. Un comportamento che, se non fosse stato messo in atto da un sindacato, sarebbe stato definito antisindacale.

Le conseguenze sono ricadute malamente su tanti giornalisti, in special modo collaboratori, che si sono visti bloccare ogni possibilità di guadagno equo, di carriera e di libertà nello svolgimento di una professione sempre più difficile.

Da qualche tempo, oltre alle magagne già citate, i moribondi quotidiani hanno intrapreso una strada che accelererà la loro fine, visto che è stato affidato a collaboratori giovanissimi e inesperti il lavoro che solitamente veniva svolto da operatori dell’informazione con maggiore esperienza. Il prodotto editoriale non può che risentirne e non sono rari i casi in cui alcuni prestigiosi quotidiani si sono involuti in giornalini da oratorio: pagine e pagine riempite da comunicati stampa e dalla cronaca di eventi discutibili e scritti da chi dovrebbe fare un altro mestiere. Invece, collaborarono con le redazioni, sono asserviti ai redattori ai quali mantengono il posto di lavoro, non conoscono l’italiano e scrivono gratuitamente nella speranza di ottenere l’agognato tesserino (a che serve, ci si chiede, se non a pagare le salate e inutili quote annue? Ma contenti loro…).

La gratuità delle prestazioni costituisce il punto di scontro con i collaboratori più anziani, messi da parte per far avanzare un esercito di giovanissimi che lavora senza nulla pretendere in termini di compensi. Allora non definiamolo lavoro, che per essere tale deve presupporre un corrispettivo in denaro.

In sintesi: si mettono da parte i giornalisti con esperienza, che diventano disoccupati per sempre, e ci si avvale dell’opera sgangherata di nuovi collaboratori che lavorano gratis. Sfruttamento? Sì e con il consenso dello sfruttato. Non è così che deve intendersi il lavoro, né la professione sempre più svilita e neppure la realizzazione di un prodotto editoriale che sottende impegno e serietà. E se il cartaceo è ormai giunto a un tragico punto di non ritorno, sappiamo a chi attribuirne le responsabilità.

Senza Bavaglio
senzabavaglio@senzabavaglio.info
@sbavaglio

Condividi questo articolo