Senza contratto e senza tutele: illegalità sempre più diffusa nelle redazioni

Lettera al direttore di senzabavaglio.info
Massimo Borgomaneri
Milano, 24 febbraio 2018

Caro Massimo, ti chiedo: siamo giornalisti? E allora ti dico che mi piacerebbe veder pubblicate delle nostre inchieste a tutto campo sui problemi sempre più gravi che affliggono la categoria e che ci stanno trascinando verso un futuro sempre più incerto, se non angoscioso.

Mi piacerebbe che si parlasse del fatto che le case editrici piccole e grandi di tutta la Penisola non accendono più un contratto FNSI-FIEG neanche sotto tortura. Paiono proprio tutte d’accordo. Le redazioni sono piene di cococo, di partite Iva, di pagamenti a borderò, di falsi collaboratori, di stagisti o di contratti farlocchi, perchè quelli sì li stipulano, anche se magari a termine.

A tal proposito proporrei all’INPGI di depenalizzarli fiscalmente i nostri contratti a termine, almeno quelli sopra i sei mesi perché non stipulano più neppure quelli. Di versare nuovi contributi ad INPGI 1 gli editori non ci pensano proprio. Caro Massimo, a me sembra proprio una strategia datoriale per farci cessare di esistere come categoria. Ti faccio un esempio: alla casa editrice Universo c’è una rivista edita da oltre un anno: Ci piace cucinare, che non viene neppure segnalata dall’Ads e in cui, a parte il direttore responsabile, in redazione non c’è neppure un giornalista.

E che fanno i nostri Cdr, dove ci sono e dove possono agire? Negli anni la conflittualità è diventata sempre più “saggia”, più cauta fino a scomparire e in molti casi a divenire connivente con questa crescente illegalità anche se ci sono anche sindacalisti bravi e coscienziosi naturalmente. Il ritornello per giustificare questa deriva è sempre il medesimo da decenni: “intanto è lavoro”. E in tanti anni di sportello di assistenza in ALG ai colleghi che venivano a denunciare e a chiedere una mano su loro pessime situazioni, alla mia domanda: “Ma ti sei rivolto al cdr?” invariabilmente mi rispondevano “Per carità, quelli stanno con l’azienda”.

Caro Massimo, mi piacerebbe anche che si andasse sul territorio a vedere come sono conciati i service (in Lombardia sappiamo bene che sono tanti) perché le voci che mi arrivano sono terrificanti. Sembra di parlare della Siria. Zero diritti, zero pagamenti, lavoro a 12 ore al giorno al “soldo” spesso di sedicenti finanziatori che invece di essere in galera da anni (qualcuno è pure condannato) per bancarotta fraudolenta sono sempre in pista, a profittarsi del bisogno di lavorare di tanti bravissimi e sfortunati colleghi.

Mi piacerebbe anche una bella inchiesta sul lavoro giornalistico on line per scoprire quanti aspiranti colleghi vi lavorano senza essere pagati e quanti siti fanno di fatto informazione (ovviamente strettamente mischiata con la pubblicità, e questo oramai nei periodici è una costante) senza neppure l’ombra di un giornalista che ci scrive. E sai quante piccole case editrici (io stesso ne ho segnalate più d’una a chi di dovere) non hanno neppure un contratto giornalistico su 10 o magari 20 redattori impiegati? Tante.

Ripeto anche a te, caro Massimo, che in Lombardia abbiamo un servizio ispettivo composto da professionisti formidabili, (anche se in numero troppo esiguo) che qualora ripartissero in tournée tra redazioni piccole e grandi potrebbero in poco tempo risanare le casse dell’INPGI. E non esagero. Ma sembra che per adesso si muovano poco o niente in attesa che si firmi il prossimo contratto. Ma se ne firmeranno ancora secondo te? Un caro saluto.

Massimo Borgomaneri

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