Abbiamo denunciato il contratto dei giornalisti: vi chiediamo aiuto per pagare le spese

Senza Bavaglio
Milano, 10 gennaio 2017

Tutti assieme possiamo vincere le guerre anche perdendo qualche battaglia. Per questo chiediamo il vostro aiuto. Qualunque contributo, anche minimo, è benvenuto.

Senza Bavaglio – Centro studi per il giornalismo

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Tre anni fa un gruppo di 21 giornalisti coraggiosi ha osato sfidare i poteri forti, presentando un ricorso alla magistratura per chiedere di cancellare l’ultimo contratto che contiene norme aberranti. Volevano difendere i diritti lesi di tutti i giornalisti, ma anche il giornalismo

Noi abbiamo chiesto che il contratto fosse annullato perché la procedura con cui è stato imposto ai giornalisti non ha rispettato i dettami dello Statuto della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il sindacato unico dei giornalisti.

Insomma non sono state rispettate le regole che prevedono criteri trasparenti e democratici.

Il giudice ci ha dato torto, ma NON è entrato nel merito della questione, ha semplicemente sentenziato che noi non abbiamo titolo per contestare le procedure della FNSI, semplicemente perché non siamo iscritti alla FNSI. La sentenza si trova qui http://www.senzabavaglio.info/2017/11/13/la-sentenza-dei-giudici-di-roma-che-ci-da-torto/ .

Da notare che la questione della nostra illegittimità ad agire non era stata sollevata da nessuno dei tre chiamati in giudizio: FNSI, FIEG (la Federazione Italiana Editori di Giornali) e la Presidenza del Consiglio, chiamata a rispondere dell’accordo sull’Equo Compenso.

Sconcertante la superficialità di questa giudice che probabilmente non ha neppure letto i documenti che il nostro avvocato ha presentato in giudizio in cui si dimostrava la nostra iscrizione alla FNSI e la nostra piena legittimità a opporsi a un contratto così lesivo. La busta paga di alcuni giornalisti in cui c’è una voce che indica il prelievo sindacale destinato alla FNSI, le tessere di iscrizione alle associazioni regionali dove è ben indicato il logo della FNSI, o molte norme dello statuto della Federazione come quella secondo cui i suoi probiviri possono giudicare i membri delle associazioni e così via.

In più, oltre a non essere stati ammessi in giudizio, è stata sentenziata una cosa assai pesante: la giudice ci ha condannato a pagare le spese legali che – comprese tasse e diritti – ammontano a 13.400 euro da versare a ogni convenuto, FIEG, FNSI, Presidenza del Consiglio, cioè poco più di 40 mila euro in totale.

Chiaramente un’intimidazione contro questi 21 coraggiosi colleghi che hanno osato sfidare i poteri forti. “Lesa maestà”, potremmo dire, e un monito: “Non fatelo mai più”.

Un monito rafforzato dalla reazione rabbiosa dei legali FIEG (comprensibile, visto il ruolo) e sorprendentemente determinata di quelli della FNSI. Come dire, giù la testa. E con la vostra, anche la testa del mondo di un’informazione orientata, a forza, verso una libertà di stampa sempre più minuscola. Sempre più lontana dai suoi lettori. E sottomessa ai giudizi severi di magistrati che assumono il ruolo di giustizieri dei giornalisti, anche di quelli che si battono perché il diritto dei cittadini alla conoscenza sia garantito.

Il contratto di lavoro giornalistico voluto caparbiamente dall’ex segretatio della FNSI. Un regalo agli editori che sta distruggendo il giornalismo

C’è un altro aspetto perverso in questa sentenza: il giudice ha dichiarato illegittimo il nostro ricorso, una questione che non ha sollevato nessuno. E allora perché dobbiamo pagare le spese legali a un gruppo di avvocati della controparte che non si è neppure posto il problema della nostra legittimazione a ricorrere?

La giudice di Roma così ha fatto un regalo agli editori punendo quei giornalisti che hanno veramente a cuore la libertà di stampa in questo Paese. Una punizione esemplare che ha letteralmente terrorizzato molti di quei 21 colleghi, alcuni dei quali versano in condizioni disperate. Sono precari pagati una miseria, con compensi che arrivano spesso dopo mesi di attesa. Questa è la sentenza del potere che massacra i sudditi, perché così sono intesi i cittadini che cercano di tutelare il diritto di tutti all’informazione.

Cercare di fare valere i propri diritti a Roma è piuttosto complicato e difficile.

Se fossimo Berlusconi andremmo fino alla Corte Europea. Ma non siamo Berlusconi e dovremo cedere al sopruso che abbiamo subìto.

Se veramente credete che la stampa in questo Paese sia soggiogata dai poteri forti e avete voglia di reagire davanti a questo stato di cose dateci una mano a ribaltare l’alleanza perversa che sta unendo sindacato dei giornalisti, federazione degli editori e governo.

 

La vertenza – nel merito delle ragioni di tutti i giornalisti

 

L’informazione è sotto scacco. come sappiamo in Italia è pessima e lo sarà ancora di più se non riusciremo a fermare la deriva.

L’iniziativa dei giornalisti contro il rinnovo contrattuale era tanto fondata al punto che una parte significativa (quella dei compensi da fame stabiliti per i co.co.co.) è stata dichiarata illegittima prima dal Tar e poi dal Consiglio di Stato, a dimostrazione clamorosa della nostra tesi complessiva.

Il 22 novembre scorso la Fnsi è scesa in piazza per manifestare contro il lavoro precario dei giornalisti; ma il primo a precarizzare il lavoro è stato proprio il sindacato unitario dei giornalisti, che con l’accordo del 2014 ha ottenuto incentivi del governo anche per chi assume a tempo determinato.

Questa intesa sugli incentivi ai contratti a termine, ha avuto la conseguenza (per altro neanche sottoscritta negli accordi di Giunta del giugno 2014, ma aggiunta nel silenzio dal segretario della FNSI nella stesura definitiva del Contratto) di depennare i paletti che gli editori avevano per derogare ai contratti a tempo indeterminato, e cioè sostituzione di colleghi in ferie, malati, colleghe in maternità, oppure in via eccezionale per affrontare quelle che il Contratto dei giornalisti definiva come “situazioni imprevedibili”.

Il contratto di lavoro giornalistico voluto caparbiamente dall’ex segretatio della FNSI. Un regalo agli editori che sta distruggendo il giornalismo

Sull’ex-fissa si è di fatto operata una malleva sui grandi editori, quelli che in gran parte avrebbero dovuto rispondere di questa importante voce contrattuale (i piccoli giornali, che spesso vivono pochi anni, oppure le testate che non hanno avuto continuità negli ultimi tempi, come l’Unità, quasi mai avevano fatto maturare ai loro redattori i 15 anni di anzianità aziendale per esigere il diritto).

Una malleva che arriva all’immoralità di far pagare il debito dei grandi editori ai contratti dei nuovi assunti di qualsiasi iniziativa editoriale (anche di una cooperativa). A questi giornalisti è stata tolta l’indennità cosiddetta ex-fissa, ma è stato mantenuto il prelievo (l’1,5% su ogni singolo contratto FIEG-FNSI) che va quasi interamente (salvo uno 0,25%, destinato alle singole posizioni di previdenza complementare) al fondo di debito.

Quindi si alza il costo del lavoro, ma non a beneficio del lavoratore bensì degli editori che sarebbero stati debitori delle singole posizioni che avevano maturato il diritto con 15 anni di anzianità aziendale. Successivamente, FIEG e FNSI (con onere aggiuntivo rispetto agli accordi del 2014…) si sono accordati per un ulteriore 0,35% di costo del lavoro su ogni nuovo contratto da destinare al fondo ex fissa.

La poca pubblicità a questi accordi è stata tale che la presidente dell’INPGI Marina Macelloni, in audizione alla Camera nel settembre scorso, ha in due occasioni sostenuto che l’1,5% dei nuovi contratti va interamente veramente al Fondo di previdenza complementare. E l’INPGI è l’ente previdenziale che amministra il fondo dell’ex-fissa! Se il massimo dirigente dell’INPGI non conosce gli accordi che pure sono recuperabili nel sito dello stesso Istituto, significa che non si è fatta corretta informazione sulle intese contrattuali. Grave per qualsiasi sindacato, imperdonabile per il sindacato dei giornalisti.

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