Senza Bavaglio contro le Fake News fattore di destabilizzazione sociale. Ma ne abusano tutti

Speciale per Senza Bavaglio
Medea Garrone
Genova, 15 maggio 2017

Un topo sgranocchia un panino in bella mostra in un bar dell’aeroporto di Fiumicino. E poi dei cinghiali passeggiano nel centro di Roma, mentre una capretta si aggira solitaria sul Lungotevere. Anzi no, rettifica, c’è una fake news. Ma quale di queste, tutte documentate da video che circolano in rete, è una bufala? A trasmettere i filmati, lanciando un servizio sul degrado della Capitale, è stato il Tg 5 nell’edizione delle 20 del 6 maggio, trovandosi poi costretto, per bocca della conduttrice, Cesara Bonamici, alla smentita. Lo stesso è toccato al canale tv del Corriere, che ha rimosso il video del roditore che pasteggiava a baguette.

L’immagine presa dal video finto dove si vede un topo che mangia un panino al bar dell’aeroporto di Fiumicino

Perché appunto la notizia falsa era questa. Ma verosimile. Anzi, più verosimile, forse, di quella dei cinghiali e della capra. Il problema di fondo, infatti, è che si tratta di notizie che all’apparenza sono tutte potenzialmente reali e quindi assolutamente credibili. E forse per questo ancora più subdole, almeno dal punto di vista giornalistico, in quanto possono indurre a una superficiale e approssimativa, se non addirittura nulla, verifica della veridicità della fonte.

Titolo a caratteri cubitali della Stampa. Peccato che fosse una promessa non mantenuta

Quella che entra in gioco, dunque, è prima di tutto la deontologia professionale, messa a dura prova, specialmente quando “Viviamo in un periodo di accelerazione della Storia. Un periodo rivoluzionario – ha affermato recentemente Maurizio Molinari -. Quando si attraversa una fase di questo tipo, di drammatica trasformazione della realtà, solitamente si innesca un meccanismo che porta alla diffusione di false verità. (…) La necessaria risposta strategica a questo fenomeno è l’assunzione di responsabilità nel descrivere la realtà. Come? Qualità, qualità, qualità. Lavoro, lavoro, lavoro. Andare in giro e scovare le notizie come si faceva cent’anni fa”.

Il volgare sciacallaggio di un gruppo di destra contro la presidente della Camera Laura Boldrini. La foto non è della sorella, che si chiamava Lucia e non Luciana, per altro morta almeno 5 anni fa, ma di un’attrice

Anche se il problema attuale è determinato anche dalla velocità di diffusione delle notizie, vere o false che siano, e dall’ansia di lanciarle per primi. La qualità, infatti, non può risiedere nella fretta cui, specialmente i giornali online, sono costretti. La ricerca della verità, infatti, richiede tempo, esattamente quello che i ritmi editoriali del web sottraggono ai giornalisti. Senza poi dimenticare che c’è chi con le bufale virali, credibili, è diventato famoso: Ermes Maiolica. Non è giornalista, ma delle sue fake news ha detto a Wired: “La cosa più assurda è che (…) le mie bufale erano riportate nei siti di controinformazione, come notizie vere. Ritrovai la mie bufale negli stessi siti dove mi informavo, così da lì cominciai a capire la debolezza e la strumentalizzazione dei media nei confronti dell’informazione.”

E siccome ha suscitato più volte scompiglio con quelle che, da buon toscano, ha definito “zingarate”, il problema diventa doppiamente serio. Prima di tutto perché, come già detto, sembra dimostrare che i giornalisti non si impegnino a sufficienza nella verifica dell’autenticità delle notizie, diffondendo bufale assolutamente credibili, e poi perché da qui entra in gioco il concetto di post-verità (ben noto a chi si occupa di campagne elettorali) e le ripercussioni che ha sulle masse. Non è un caso, infatti, che con toni allarmistici la Presidente della Camera Laura Boldrini abbia definito le fake news “fattore di destabilizzazione sociale”, e abbia promosso una petizione attraverso il sito web dedicato: “Basta bufale”.

Medea Garrone
mede.garrone77@gmail.com

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