Violazioni delle regole e divieto di dibattere: il congresso farsa della FNSI condanna i freelance

simona fossatiSenza Bavaglio
Simona Fossati
Roma, 19 aprile 2017

Roma. 19 aprile. Hotel Ergife. Comincia la sessione statutaria del XXVII Congresso della FNSI. Si assiste alla mobilitazione di tutte le truppe cammellate, pronte a sostenere violazioni di regole e statuti per calpestare qualsiasi idea nuova e uniformare tutti i giornalisti al mono pensiero.

LE REGOLE VIOLATE
Il congresso si apre
subito con la prima plateale violazione delle norme statutarie. Il presidente, l’inossidabile Giovanni Rossi, annuncia: per approvare le modifiche statutarie sono sufficienti i voti di due terzi dei delegati accreditati. Falso: lo statuto prevede due terzi dei delegati e per statuto i delegati sono 309.

A nulla vale il tentativo di Senza Bavaglio che richiama l’articolo 44 dello statuto che contiene la procedura precisa per le modifiche statutarie. L’azzeccagarbugli alla presidenza cita altre norme che riguardano il voto in generale e che nulla hanno a che fare con le modifiche allo Statuto. Nel sindacato tutto sta crollando quindi anche norme e regole possono essere mandate al macero. Al richiamo di Senza Bavaglio annuisce solo il direttore Giancarlo Tartaglia. Lui sì che si ricorda i vecchi congressi. Ma ora non ha alcun potere e ubbidisce alle direttive di una presidenza che sta mescolando le carte in tavola.

La delegazione calabrese al momento del voto. Carlo Parisi (il terzo nella fila di tre seduti) dichiara 12 “sì” mentre in sala ci sono solo tre delegati.

Questa volta la strada all’ennesima malefatta è stata aperta pochi giorni fa dall’Associazione Lombarda dove, per le modifiche al proprio statuto, si sono impunemente inventate regole diverse da quelle previste proprio nell’articolo dello statuto lombardo scritto appositamente per le modifiche statutarie.

LA MEMORIA STORICA
Quello che meraviglia ancor di più è che le “memorie storiche dei congressi del passato”, cioè quei colleghi che siedono negli scranni dirigenziali della Federazione, abbiano completamente “dimenticato” che altri congressi statutari sono falliti, appunto per la difficoltà a raggiungere il quorum. Almeno, a quei tempi, la democrazia esisteva ancora e il quorum veniva calcolato correttamente.

Le regole di un congresso farsa e blindato appaiono subito chiare: i documenti finali su cui votare sono stati consegnati ai delegati solo pochi minuti prima dell’inizio del congresso. Niente emendamenti. Niente discussione. Solo un intervento a favore e uno contro. Niente parola a chi si vuole astenere. Zero dichiarazioni di voto. Fine della storia.

Il tavolo della presidenza

Per non parlare delle modalità del voto. Robe da far impallidire Erdogan. Per chi ha avuto la fortuna di non aver partecipato a qualche congresso, le modalità del voto sono molto semplici: viene estratta a sorte la regione da cui si comincia a votare poi si procede in ordine alfabetico. Si vota rigorosamente solo per alzata del cartellino di accredito, il capo delegazione conta i voti a favore, contrari e astenuti e riporta il risultato al tavolo della presidenza. Votano solo i presenti in sala, come più volte ha ricordato il presidente del Congresso, Giovanni Rossi. Invece inizia il vietatissimo “voto per delega”!!

TUTTI A PRANZO
Ho partecipato più volte
a congressi ma questa nuova prassi non mi era ancora capitata. Sono più o meno le 13,30 e il congresso si svuota. Tutti a pranzo. Non sia mai che i giornalisti restino a digiuno. Alcune delegazioni sono presenti con un solo delegato in sala. Ma i voti dichiarati sono molti di più.

Le sparute opposizioni denunciano questa anomalia. La collega della Toscana rimasta in sala a rappresentare i suoi compagni, con aria innocente si giustifica: la sua delegazione ha deciso a priori cosa votare e quindi è stata delegata a esprimersi per loro. Viene inventata così la delegata dei delegati! I giornalisti la fantasia ce l’hanno nel sangue. “Se non avessimo votato – aggiunge con sarcasmo – col cavolo che le proposte sarebbero passate!”

I BARI DELLA CALABRIA
Il caso scoppia con clamore
quando viene chiamata a votare la Calabria, tutte le sedie dei delegati sono vuote ma Carlo Parisi, capo delegazione declama con fermezza: “12 SI’”. Bontà sua aveva ridotto i suoi 17 delegati dal voto blindato a 12, numero per lui più credibile. Scoppia il finimondo.

Vuote anche le sedie della delegazione tosana

Dal tavolo della presidenza tutte queste manovre sono visibilissime, ma il presidente Giovanni Rossi, che dovrebbe essere il garante del congresso, colui che fa rispettare le regole, non batte ciglio. Si vota per schieramento, non sul contenuto delle mozioni e delle modifiche. Quella che dovrebbe essere la crema intellettuale del Paese è ridotta a un’accozzaglia di cervelli gettati all’ammasso. E in queste condizioni le votazioni procedono senza pietà.

E veniamo alle “vitali” modifiche dello statuto della FNSI. La maggior parte riguardano la parità di genere. In effetti, evidentemente qualcuno ha bisogno di una rappresentanza sancita con fermezza statutaria, altrimenti non verrebbe eletto o eletta. Mah, necessità fondamentale. Poi una serie di modifiche per i probiviri, altra questione sostanziale per la sopravvivenza dei giornalisti. E piccole cose qua e là che se non passavano avrebbero di sicuro turbato i quieti sonni della dirigenza sindacale.

LA NORMA ANTI-SIDDI
Una modifica
, l’unica seria, riguarda poi le incompatibilità. Tra le altre la norma antiSiddi: ”L’iscritto che assume incarichi di controparte sindacale decade”. Evviva. Ci sono voluti mesi e pressioni di ogni genere comprese quelle dell’attuale presidente della FNSI, Beppe Giulietti, per far dimettere l’ex segretario che, senza nessuna vergogna, con un salto rocambolesco era passato dalla poltrona più alta del sindacato a quella di consigliere d’amministrazione della RAI. Naturalmente nessuno dei dirigenti sindacali (tranne Giulietti) si era indignato o aveva protestato.

Ecco il video della votazione con cui è stato bocciato l’Organismo di Base dei freelance al congresso della FNSI

Passa anche la richiesta della famigerata Commissione Lavoro Autonomo, che, non osando proporre una propria reale rappresentanza come l’Organismo di Base, previsto tra l’altro dall’articolo 38 dello Statuto federale, si accontenta di ottenere un’ambigua promessa ad essere consultata un po’ di più dalla Giunta della FNSI. Evviva.

FREELANCE E PRACARI TRADITI
Errare è umano, perseverare diabolico. L’inutilità di queste commissioni è comprovata, ma il sindacato insiste a sostenere un’istituzione che non fa nulla, non rappresenta nulla e nega i diritti dei freelance. Una per tutte. L’unica volta che la CLAN (Commissione Lavoro Autonomo Nazionale) avrebbe potuto e, soprattutto, dovuto dire la sua con forza e determinazione è stata in occasione della legge sull’Equo Compenso. Ha invece permesso che FNSI e FIEG firmassero un accordo così ignobile, sugellando lo schiavismo e siglando compensi così iniqui da essere prontamente bocciati sia dal Tar del Lazio sia dal Consiglio di Stato. La scusa è stata più o meno questa: non ci ascoltano!

Per non parlare della Lombardia, centro dell’editoria, dove è di ogni giorno la riduzione di compensi unilateralmente e d’ufficio, e dove appunto la Commissione Lavoro Autonomo, coordinata da un contrattualizzato, non si riunisce dal dicembre 2015.

La presentazione del documento per l’organismo di base dei freelance

In realtà c’erano due mozioni che da sole sarebbero valse il congresso: una sul referendum e una sulla costituzione dell’Organismo di Base dei freelance e dei precari. Le delibere conseguenti avrebbero significato qualcosa per il lavoro e la vita di tanti colleghi.

IL REFERENDUM EDULCORATO
Il referendum passa per un pelo alla seconda votazione con un testo edulcorato e indecente che, tra l’altro nemmeno sancisce un referendum deliberativo, cioè una consultazione obbligatoria prima della firma del contratto. Altri sindacati, di sicuro più seri del nostro, lo hanno introdotto da un pezzo. Anche il prossimo accordo per l’Alitalia sarà firmato solo dopo la consultazione referendaria.

Il cinismo e il disprezzo per i colleghi emergono potenti nella sala del congresso. Questa conversazione captata a caso la spiega bene: “Collega cosa stiamo votando?” “Non so”. “Ma allora perché hai la mano alzata per il Sì?” “E che ne so”. Con questa gente andiamo a negoziare un contratto con gli editori.

L’ORGANISMO DI BASE
Si arriva poi all’organismo di base
. L’intervento a favore lo fa Maria Giovanna Faiella, combattiva collega di Roma, da tempo in prima linea per la difesa dei diritti e delle tutele di chi lavora fuori dalle redazioni. Il congresso non reagisce: i delegati come tante marionette rispondono ai comandi del capobastone.

L’intervento contro, viene fatto nientepopodimeno che dal numero uno dell’Associazione Lombarda, Paolo Perucchini. Perucchini è un oratore d’eccezione e come un fuoriclasse si dribbla da solo. Parte alla grande: “Io sono il più convinto sostenitore dell’Organismo di Base” spiega per giustificare il suo voto contrario all’Organismo di Base. Ridolini è un attore drammatico di fronte a lui.

“SOSTENGO L’ORGANISMO DI BASE E VOTO CONTRO”
Accusa i presentatori di non voler rispettare
le norme e le modalità statutarie. Quali lo sanno solo lui e il suo mentore, Giovanni Negri, naturalmente “Convinto sostenitore dell’Organismo di Base” che vota contro. Verrebbe da crepar dal ridere se non ci fosse solo da piangere. I sostenitori dell’Organismo di Base sono invece i suoi grandi detrattori, ma si vergognano di dirlo.

Una parte della delegazione di Senza Bavaglio al congresso straordinario di Roma. Da sinistra: Alessandra Fanelli, Luisa Espanet, Nicoletta Morabito, Simona Fossati. Dietro Massimo Alberizzi

Robe da non credere. L’arringa al rispetto delle regole viene fatta proprio da quel presidente che ha appena calpestato ogni e qualsiasi regola pur di far passare le sue modifiche statutarie in Lombardia. Tra l’altro con un’inspiegabile fretta, visto che lui sapeva bene che dopo nemmeno un mese ci sarebbe stato il Congresso Nazionale Statutario cui comunque la Lombarda si dovrà adeguare. Comportamenti che hanno costretto Senza Bavaglio a rivolgersi alla magistratura per ristabilire legalità ed etica.

E’ chiaro che non c’era nessuna irregolarità nell’Ordine del Giorno presentato da Senza Bavaglio, ma solo la determinazione, dichiarata poi da più parti off the record, di non volere mai una vera, reale e forte rappresentanza dei senza contratto, quella parte della categoria che ha ormai superato di gran lunga il numero dei contrattualizzati e che racconta almeno il sessanta per cento del lavoro giornalistico in Italia.

Occorre ringraziare i giornalisti romani che hanno votato compatti a favore dell’Organismi di Base. Unica eccezione Paolo Butturini ed un altro paio di colleghi che si sono astenuti.

QUANTE BUGIE
La barzelletta finale
è stata l’affermazione, sempre off the record e fori congresso, secondo cui i proponenti nel lontano 2006, avevano presentato uno statuto irricevibile. Falso, totalmente falso! Lo statuto, come era stato consigliato dai dirigenti di allora era stato copiato di sana pianta da quello dell’USIGRAI, l’esimio organismo di base dei giornalisti Rai. Ma ancora peggio. Ci viene fatto sapere che da allora i dirigenti FNSI aspettano lo statuto che avevano richiesto!! Un’affermazione palesemente inventata.

Possiamo recuperare nel nostro archivio documenti di ogni genere, anche protocollati. Mostrano l’iter burocratico che abbiamo allora percorso, seguendo passo passo le norme statutarie per arrivare a quell’Organismo di Base dei freelance sancito da una mozione approvata all’unanimità al Congresso di Saint Vincent del 2004 e firmata proprio dai massimi dirigenti di ieri e di oggi.

Tanto per risvegliare la memoria di chi dimentica e dice il falso o di chi non conosce. http://www.usgf.it/?page_id=10

La sala è vuota al congresso eppure a verbale hanno votato in tanti

Comunque la verità è una, sola, trasparente e lampante. L’Organismo di Base dei freelance non lo voleva e non lo vuole nessuno dei capi, a tal punto che proprio per evitare di costituirlo la Giunta ha proposto e fatto approvare dal Consiglio Nazionale nel 2010 la nascita delle inutili e controllate Commissioni Lavoro Autonomo.

AL CAPOLINEA
Questo del 19 aprile è stato l’ultimo
tentativo per cercare di ricompattare le fila, per provare a iniziare di nuovo un percorso unito e condiviso all’interno della FNSI per dare una concreta rappresentanza a chi lavora fuori dalle redazioni, per intervenire in tempo reale con editori che riducono i compensi, trasformano contratti in un tanto al pezzo, promuovono azioni deterrenti e ricattatorie nei confronti dei loro collaboratori. Naturalmente le tariffe in campo per i compensi sono quelle da fame, inique e vergognose firmate da FNSI e FIEG.

A questo punto per quale strampalato motivo un giornalista freelance o precario dovrebbe iscriversi o rimanere iscritto al sindacato dei giornalisti? Nessuno. Anzi, meglio difendersi da soli o magari provare a unirsi tutti seriamente, con forza e coraggio, fuori da un sindacato che con il suo atteggiamento e la sua politica è destinato a morire presto. In realtà se non fosse per le altre istituzioni come l’INPGI e la Casagit che, nonostante la crisi e i bilanci traballanti, lo sostengono,anche  finanziariamente parlando, sarebbe già morto e sepolto.

Simona Fossati
Senza Bavaglio
www.senzabavaglio.info
www.usgf.it

I video su questa pagina sono stati girati da Ugo Degl’Innocenti

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