Quello che non viene detto sulla questione “bad bank”

Diventa sempre più stringente il dibattito sulla cosiddetta bad bank, cioè l’intermediario che dovrebbe acquisire i crediti in sofferenza del sistema bancario italiano, quantificati in 200 miliardi di euro, che potrebbero diventare 350 miliardi se si aggiungessero anche gli “incagliati”, cioè crediti per i quali si registrano mancati rimborsi ma per i quali non si è ancora accertato lo stato di insolvenza (anche non giudiziaria) della controparte.
Limitiamo il discorso alle sole sofferenze. Esse sono valutate nei bilanci delle banche, che tengono conto anche delle garanzie, al 43% e quindi per 86 miliardi; ma, si sa, le banche sono sempre ottimiste in queste previsioni per non sacrificare troppo i propri bilanci (e non mettere a repentaglio ibonus del top management) anche perché spesso ci si limita a fare una valutazione “statica” del possibile recupero non tenendo adeguatamente conto di due aspetti molto importanti:
– i tempi del recupero che, per la situazione giudiziaria italiana, sono molto lunghi, circostanza questa che imporrebbe un calcolo di “attualizzazione” sostanzioso;
– i costi legali per il recupero, che crescono in proporzione diretta con i tempi del recupero medesimo.
Gli intermediari che verranno costituiti, chiamati “veicoli” (ora si pensa di farne uno per ogni banca in modo da non confondere la diversa qualità dei crediti ceduti), per comprare i crediti svalutati emetterebbero delle obbligazioni (tornano le famose “cartolarizzazioni”) che verranno collocate sul mercato, le quali saranno rimborsate, secondo diversi ordini di priorità, con i soldi ricavati dai recuperi dei crediti ceduti. E qui casca l’asino. Detti titoli infatti non possono essere affibbiati agli ignari risparmiatori, come fatto con altri titoli, ma solo a investitori istituzionali e questi un occhio più critico ce l’hanno e non si bevono la valutazione delle banche, ne vogliono fare una propria. Ma questo allungherebbe moltissimo i tempi e, soprattutto, farebbe pervenire con certezza a una valutazione inferiore, con l’effetto finale di moltiplicare le perdite delle banche cedenti (e così addio bonus). Ecco che allora viene la “bella idea” della garanzia statale. Cioè per invogliare gli investitori a sottoscrivere le obbligazioni si direbbe loro “guardate, se i recuperi fossero inferiori, la differenza ve la paga lo stato” (cioè noi). Bello, no? Troppo bello per il management delle banche perché non si agevoli una campagna stampa a favore di questa soluzione. Come? Facendo scrivere che grazie a questa pulizia dei bilanci le banche erogheranno più crediti: balle! Balle! Balle! I crediti sono scarsi perché la situazione economica è ancora critica e non per altri motivi. Vi ricordate? Lo dicevano anche quando doveva partire il quantitative easing di Draghi, e invece non è successo un bel niente su quel fronte, proprio niente!
Giustamente l’Ue ha detto che si tratterebbe di un “aiuto di stato” (rectius un “regalo di stato”) e quindi non se ne può far niente. Allora pare, secondo quanto viene fatto trapelare da fonti ministeriali, che l’ipotesi che verrebbe sottoposta a Bruxelles sarebbe quella di limitare la garanzia alle sole obbligazioni senior, cioè a quelle che vengono rimborsate per prime e quindi con basso rischio. Le obbligazioni junior, che verrebbero rimborsate per ultime, quindi le più rischiose, verrebbero sottoscritte dalle stesse banche cedenti i crediti, quindi ricadrebbe su di loro il rischio di una sopravvalutazione dei crediti ceduti (a questo punto mi chiedo come verrebbero valutati questi titoli nei bilanci delle banche). L’importo massimo della garanzia statale sarebbe pari a 40 miliardi di euro. A ulteriore prova, secondo il governo italiano, che non si tratterebbe di aiuto di stato, ai soggetti garantiti verrebbe fatta pagare una commissione in linea con quelle di mercato (si parla dell’1%). A parere di chi scrive, ma penso anche dell’Ue, non cambia granché sul piano concettuale, per le seguenti considerazioni:
– comunque la ripartizione per gradi di rischio delle obbligazioni verrebbe fatta sempre sulla base di una valutazione di partenza che è di parte;
– comunque lo Stato deve iscrivere a bilancio un debito potenziale pari a 40 miliardi;
inoltre
– la garanzia dello stato indurrebbe ad allentare la determinazione nell’attività di recupero (“tanto quello che non recupero lo paga lo stato”) e quindi: via a fare transazioni al ribasso, se mai con qualche “regalino” extra per avvocati e funzionari;
– il fatto di far pagare commissioni in linea con il mercato non vuol dir niente. Per chi sostiene questo sembra che se un soggetto qualsiasi vada in banca a chiedere una fideiussione, paga l’1% e la ottiene. Balle! La banca comunque valuta la capacità di credito del soggetto, perché si controgarantisce lasciando in piedi il diritto di rivalsa qualora venisse escussa. Lo stato nel nostro caso farebbe lo stesso? E la rivalsa verso chi sarebbe? I veicoli sono scatole patrimonialmente vuote, oltre tutto vige la cosiddetta “segregazione patrimoniale”, cioè gli obbligazionisti si possono rivalere solo sui crediti ceduti da cui derivano. Le banche cedenti, a loro volta, sarebbero fuori perché la cessione avverrebbe pro soluto. Quindi?
Insomma questo governo vuol proprio fare un regalo alle banche e al loro management? Se proprio lo si deve fare almeno si mettesse in piedi un meccanismo per il quale per ogni euro che lo Stato fosse chiamato a pagare, per una quota uguale diventa proprietario della banca. Ma dubitiamo che questo governo si ponga simili questioni. Il principio che prevale è quello tipico dei governanti italiani: noi ora facciamo la legge, se poi lo stato dovesse sborsare dei soldi, sarà una questione dei governi che verranno dopo, e quindi: chi se ne frega!!!

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