Caro Renzi: “can che abbaia non morde”

La querelle Renzi – Junker (Commissione europea) sa molto di posticcio, soprattutto da parte italiana. Renzi ancora una volta, come già Tsipras e tutti quelli che hanno rivolto a turno i propri strali contro l’Ue, ha solo aperto bocca e dato fiato senza sollevare la vera questione a livello europeo. Se si vuole ingaggiare una polemica vera con l’Ue, e la Germania in particolare, non ci si può limitare a parlare genericamente di “austerità”, di paesi “telecomandati”, e cose di questo genere, perché altrettanto genericamente ci possono rispondere che l’Italia deve ancora mettere i propri conti in ordine in maniera strutturale, deve ancora dare prova di essere in grado di riprendere la crescita in modo sostenuto, di invertire lo scandaloso andamento a gambero della propria produttività, di ridurre la corruzione a livelli fisiologici e, last but not least, che le norme che siamo obbligati a rispettare sono state votate democraticamente da tutti, anche dall’Italia. Oltre tutto quando si è trattato di sistemare la questione greca nessuno, neanche Renzi, si è opposto all’atteggiamento punitivo tedesco e delle norme europeee. E allora? Di che va cianciando il bulletto di Firenze? Fa tutta questa caciara per qualche decimale di punto di sforamento del deficit? Ne vale la pena quando ci sarebbero argomenti più seri e pungenti da contestare alla Germania e all’Ue?
La Germania vìola i trattati europei OGGI, non quando sforò il deficit anni fa, questione che ancora si tira fuori vanamente. Li vìola, come abbiamo dimostrato in un precedente “gessetto”, con il “surplus eccessivo” persistente nelle partite correnti, per il quale tra l’altro è stata anche avviata nel 2013 la procedura di infrazione. Di questo Renzi deve chiedere conto a Junker, con fermezza ma anche con pacatezza e nel pieno rispetto della forma: a che punto è quella procedura avviata? Perché non se ne parla più? E’ stata insabbiata? Perché, vedete, quando si parla di “austerità” normalmente si pensa solo alla compressione della spesa pubblica imposta a tutti i paesi, invece è ora di rendersi conto che questo è solo uno degli aspetti, essendoci un’altra austerità, forse ancora più importante e grave, che riguarda la compressione dei salari, che l’atteggiamento ossessivamente export oriented della Germania impone a tutta l’Ue, con il risultato finale di creare una situazione deflazionistica generalizzata.
Diversi hanno commentato che il comportamento e il modo di esprimersi di Renzi abbiano solo un fine propagandistico, quello di togliere argomenti agli antieuro come Salvini e Grillo ma, come ha giustamente rilevato Stefano Folli, il rischio è che alla fine ottenga un risultato opposto e cioè che rinforzi anziché indebolire quegli schieramenti, i cui elettori vedono confermate dal capo del governo in persona le proprie percezioni. E questo, dopo aver pagato un prezzo alto: l’isolamento dell’Italia nell’Ue. Perché di questo si tratta. L’esperienza greca dovrebbe aver insegnato che la Germania non si piega ad alcun ricatto estemporaneo (Tsipras aveva addirittura minacciato di portare la Germania di fronte a un tribunale internazionale per chiedere i danni di guerra), come pure che su certe questioni si dice “Germania”, ma poi si scopre che sono tutti i paesi dell’Ue che la pensano allo stesso modo. Da ultimo va rilevato che la presunta battaglia di Renzi sta assumendo sempre più i connotati di una rivendicazione nazionalistica (“l’Italia è tornata”) e quindi non può che accentuare l’isolamento. Insomma il comportamento di Renzi rischia di essere quello tipico del bulletto che parla parla e non ottiene alcun risultato concreto, salvo quello di indispettire gli altri.

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