L’ennesima conferma delle tesi keynesiane

Ho avuto modo in diverse occasioni di mostrare come l’attuale crisi e la sua persistenza si spieghi benissimo se solo si conosce (senza mala fede) il paradigma keynesiano. Ma in questi mesi vi è un fatto in particolare che conferma un aspetto specifico dell’analisi keynesiana della massima importanza, anche se può risultare un po’ specialistico. Mi riferisco al livello del tasso di interesse e alle conseguenze connesse. Di questo abbiamo già detto diverse volte che non ha alcun effetto sugli investimenti quando il livello della domanda è così basso come nell’attuale congiuntura, ma questa volta vogliamo accennare a un altro aspetto.

Le teorie precedenti a quelle di Keynes, quelle “neoclassiche” o “marginaliste” (e di cui i neoliberisti di oggi sono i discendenti), sostenevano che il tasso di interesse regola la divisione che ogni soggetto fa tra il consumo e il risparmio, cioè tra un godimento attuale e un godimento futuro. Più precisamente il tasso di interesse costituisce la remunerazione al “sacrificio” che un soggetto fa rinunciando al consumo per risparmiare.

Keynes invece sosteneva che il livello del consumo e, come complemento, del risparmio, sono determinati dal livello del reddito, stante l’insieme dei valori e delle abitudini di una popolazione. Il tasso di interesse non c’entra nulla. Esso inoltre è questione che riguarda il mercato monetario non quello reale, è il frutto della domanda e l’offerta di moneta. Se serve a compensare un sacrificio è quello della rinuncia alla preferenza per la liquidità che ognuno di noi ha. Quindi regola la decisione di ognuno se detenere i propri risparmi allo stato liquido o se impiegarlo in titoli.

Perché mi è venuto in mente di fare questa considerazione? Perché da molti mesi i tassi sono prossimi allo zero (l’ultima emissione dei bot sono appunto allo 0%) e i consumi sono sempre al palo, invece secondo i marginalisti avrebbero dovuto essere alle stelle, dato che non c’è alcuna remunerazione che compensi il sacrificio di rinunciare a un godimento (consumo) oggi. In realtà, come ho scritto innumerevoli volte, i consumi sono bassi perché i redditi sono bassi e mal distribuiti. Ma questo non si può dire e allora si dicono cretinate del tipo, per esempio, che “manca la fiducia”.

Ancora oggi, come risulta vera quell’affermazione di Keynes contenuta nell’ultima pagina della sua Teoria Generale: “Le idee degli economisti e dei filosofi politici, tanto quelle giuste quanto quelle sbagliate, sono più potenti di quanto comunemente si creda. In realtà il mondo è governato da poco altro. Gli uomini pratici, che si ritengono completamente liberi da ogni influenza intellettuale, sono generalmente schiavi di qualche economista defunto”. E gli economisti defunti cui si riferiva Keynes sono gli stessi che ancora ispirano gli attuali governanti a livello globale. Per questo non usciamo dalla crisi.

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