Quattro proposte per moralizzare la finanza

Qualche settimana fa ho partecipato a un dibattito sul ruolo della finanza nell’economia e nella società attuale e con l’occasione, pur dopo aver ribadito la mia tesi che all’origine di questa crisi la finanza ha svolto il ruolo del “ricettatore” e non del “ladro”, ho illustrato quattro proposte per cercare di limitare gli eccessi di questo settore. Ho pensato di illustrarle in questo gessetto perché i fatti di questi giorni hanno riportato alla ribalta del malcostume proprio il comportamento degli operatori del settore. Ecco allora le mie proposte.

1) Quando le banche e le finanziarie debbono collocare dei titoli, o comunque dei prodotti diversi da quelli elementari (per esempio i derivati), devono essere evidenziati nel documento che si sottopone per la firma tutti i bonus, premi, parcelle, e incentivi vari che sono stati o saranno pagati per la preparazione e il collocamento del prodotto. Questo servirebbe a far capire al cliente che se si distribuiscono premi e “parcelle” eccessivi, può voler dire che c’è sotto il bidone. Per esempio, sarebbe interessante sapere se per il collocamento dei titoli subordinati di cui si parla in questi giorni siano stati corrisposti premi e per quale ammontare. Qualcuno potrebbe obiettare e invocare la privacy, ma sarebbe un’obiezione senza fondamento in quanto la privacy viene già violata per le società quotate, le quali sono tenute a indicare nei bilanci pubblici tutte le somme percepite dagli organi sociali e dal top management;

2) Per gli stessi titoli o prodotti, deve essere indicato sul documento che si firma l’ammontare massimo della perdita cui si può andare incontro. Se la stessa, come nel caso dei derivati, è indefinibile o addirittura illimitata, sul documento si deve scrivere “possibile perdita indefinibile o illimitata”. Questo serve a eliminare l’alibi di molti sottoscrittori di prodotti derivati, soprattutto enti pubblici, i quali dopo i disastri si difendono dicendo che “a causa della complessità del prodotto, non avevano capito che era rischioso fino a questo punto”;

3) I bonus ai top manager devono essere incassabili dopo cinque anni dal loro riconoscimento e, in caso di dimissioni, dopo cinque anni da queste, al fine di evitare che gli “utili” di un anno siano solo la contropartita delle perdite degli anni successivi;

4) Obbligo agli organi di vigilanza di indagare su tutta la catena, a monte e a valle, del collocamento dei prodotti sofisticati. Non è possibile che sui derivati abbiano perso tutti, clienti e banche. Mentre vi sono stati soggetti rovinati letteralmente da questi prodotti, non mi risulta che via siano state istituzioni che si siano arricchite per lo stesso motivo; eppure si dice che, per esempio, i derivati sono delle scommesse, ma nelle scommesse se c’è uno che perde ci deve essere un altro che vince, e invece sembra che abbiano perso tutti. E allora il sospetto è che quando la scommessa è persa la si lascia nella banca, quando si ha la certezza che sarà vinta la si fa uscire a favore di “qualcuno”. Ma di chi? È quello che devono scoprire gli organi di vigilanza. Se qualche anello della catena è all’estero e questi dovesse rifiutare di farsi ispezionare, a questo soggetto si deve interdire l’operatività con soggetti italiani. E comunque la circostanza va resa pubblica.

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