Caro Draghi, “Tu vuo’ fa’ l’americano”

Moneta, sempre moneta, fortissimamente moneta! Questo è il messaggio che promana dalle autorità europee e dai teorici loro ispiratori, pur di non toccare le cause vere della crisi che ci attanaglia da quasi sette anni, cause che attengono all’economia “reale”. Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha nuovamente detto che farà qualsiasi cosa pur di contrastare la deflazione che sta soffocando l’economia europea e che ormai sembra non voglia risparmiare neanche la Germania. I commentatori hanno subito tradotto questa affermazione con “acquisto di bond per mille miliardi di euro”. Ovviamente si tratterà di bond emessi dalle istituzioni bancarie, e l’obiettivo è che queste poi possano a loro vota espandere il credito. Ma trattasi di pie illusioni, e questo al di là delle stesse intenzioni delle banche. Quei soldi finiranno, come quelli erogati finora dalla Bce, nell’acquisto di titoli pubblici, altro che credito alle imprese. Da questo è derivato finora in buona parte il calo degli spread: le banche hanno tolto bond dalle mani degli investitori privati, soprattutto stranieri, e questo ha attenuato la tendenza a vendere che era all’origine del rialzo degli spread (non si può escludere che la causa della crisi dell’euro di qualche anno fa fosse anche la volontà della finanza Usa di dare una “lezione” alla moneta unica che stava insidiando il ruolo del dollaro, ma finora non ci sono prove serie, solo alcuni indizi). Il credito alle imprese non riprenderà fino a quando non riprenderanno le prospettive “reali” di crescita, fino a quando non riprenderà la domanda mondiale. Oggi l’aumento del credito alle imprese servirebbe al massimo a “tappare buchi” e non certo a rilanciare gli investimenti, e quale banca vorrà mai correre i rischi connessi all’erogazione a favore di imprese in crisi?

I giornali hanno subito rilevato che “i mercati hanno promosso” il programma della Bce … Ci mancherebbe altro, verrebbe da dire. La Bce in pratica si propone di integrare la politica della Fed di immissione massiccia di moneta, che tra l’altro la nuova presidente dell’istituzione Usa ha cominciato a diminuire, e quindi gli speculatori della finanza per forza devono festeggiare. Le banche hanno la possibilità di indebitarsi allo 0,25% e impiegare al 3% e non devono essere contente? Il rischio di fatto è nullo perché se qualche Stato dovesse essere in difficoltà lo stato medesimo o loro banche verrebbero salvate (azzardo morale) … quindi? Ma per i giornali italiani, affetti da provincialismo, si tratterebbe dell’ennesima trovata salvifica di Draghi, dell’ “italiano” Draghi. Costui, di scuola neo liberista, mai affronterebbe le questioni “reali” della crisi, mai direbbe che la crisi deriva da un’insufficienza di domanda, mai direbbe che questa domanda debole deriva dalla sperequazione dei redditi, mai direbbe che essa deriva anche dalle “International Imbalances”, e che quindi qualche ramanzina andrebbe rivolta agli imprenditori che hanno accumulato profitti (a danno dei salari) che hanno poi destinato alla finanza, e a paesi come la Germania che hanno adottato una politica deflazionistica all’interno per dominare i mercati internazionali. Commentatori ed economisti sostengono che Draghi stia facendo quello che ha fatto la Fed finora e che ha consentito all’economia Usa di ripartire e ridurre la disoccupazione. Ma è proprio qui che si sbagliano. L’economia Usa va meglio non per la politica monetaria della Fed, ma per lo stimolo keynesiano che la spesa pubblica sta dando da almeno cinque anni. Il deficit federale Usa in rapporto al Pil, è il doppio o triplo di quello dell’eurozona, e da lì è ripartita l’economia. I bilanci pubblici dell’eurozona non solo da diversi anni non svolgono una funzione di stimolo, ma ne svolgono una di “freno”. Perché quello che conta per la domanda aggregata non è il deficit pubblico totale ma quello “primario”, cioè al netto degli interessi. Questo dato per l’eurozona è addirittura negativo da diversi anni, cioè gli stati, a cominciare da quello italiano, incassano più di quello che spendono, al netto degli interessi. La spesa per gli interessi non contribuisce alla creazione di domanda perché va solo a incrementare i risparmi. L’immissione di moneta ha contribuito a sostenere i corsi di borsa e certamente ha accompagnato la ripresa Usa, ma da sola non avrebbe fatto nulla, proprio nulla. Ripetiamo quanto detto altre volte: la politica monetaria è un ottimo coadiuvante, ma non può sostituire del tutto la medicina vera che è la “domanda aggregata”. E ancora: a nessuno viene il dubbio che tutta questa moneta che non va all’economia reale stia alimentando qualche altra bolla che può esplodere in qualsiasi momento?

Si dirà che l’economia reale non rientra tra le competenze della Bce e quindi Draghi non può dire o fare di più. Questo potrebbe anche essere vero (sottolineo il condizionale) se non fosse che una volta Draghi andò in America a gridare con soddisfazione “il modello sociale europeo è morto”. Cioè il presidente della Bce può occuparsi di economia reale solo se mena le mani contro il welfare e contro le categorie meno fortunate, mentre se deve fare ramanzine ad altre categorie sociali (imprenditori e finanzieri) o a interi stati (Germania) allora non è di sua competenza?

Cari amici, da questi atteggiamenti di stampo reaganiano e neo liberisti è nata la crisi, e finché non verranno superati dalla crisi non usciremo mai.

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