RCS/La Rizzoli non è l’Electrolux e la FNSI non è la Fiom

7 gennaio – Comunicato sindacale Fnsi: «Il piano presentato da Rcs è un ricatto inaccettabile».

28 gennaio – Daniela Stigliano (Fnsi): «Dall’azienda proposte indecenti. Chiesta una riunione straordinaria e immediata del Comitato aziendale europeo».

28 gennaio – Rcs. Svolte oggi le assemblee in tutti gli stabilimenti del gruppo. Domani incontro al ministero dello Sviluppo Economico.

29 gennaio – Lettera di Franco Siddi al presidente del Consiglio dei Ministri Enrico Letta sulla vertenza Rcs, e per conoscenza al ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato, al ministro del Lavoro Enrico Giovannini e al presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni.

29 gennaio – Comunicato sindacale Fnsi sulla vertenza Rcs: il ruolo del Governo non è di mediazione tra azienda e lavoratori, è necessario e urgente l’intervento diretto del presidente Letta per garantire occupazione, salari e diritti.

30 gennaio – stabilimento di via Rizzoli, Milano. Anche questa mattina tutto fermo: bloccati gli ingressi, restano fuori impiegati e dirigenti.

5 febbraio – via Rizzoli: presidio a oltranza. Oggi sciopero per l’intera giornata, domani assemblea, scioperi a scacchiera per tutta la settimana.

Tranquilli, non è successo nulla di tutto ciò. E’ solo un gioco: abbiamo provato a scambiare Electrolux con Rcs, e la Fiom con la Fnsi, con le rispettive segreterie nazionali, nella ricostruzione dei dieci giorni di agitazioni e mobilitazioni seguiti all’annuncio della multinazionale svedese di chiudere lo stabilimento di Porcia, se i lavoratori non avessero accettato tagli in busta paga del 40%. Ma purtroppo il sindacato dei giornalisti, questa Fnsi con la sua attuale dirigenza, non ha niente in comune né con la Fiom né con altre sigle sindacali.

E’ per questo che non si sono visti né un Zanonato né un Maroni in via Rizzoli, né tanto meno l’amministratore delegato della Rcs è stato convocato d’urgenza a riferire davanti a una commissione parlamentare.

Sarà difficile far capire ai vertici Electrolux il perché di questa disparità di trattamento. «Vedete – bisognerebbe spiegare loro – le aziende editoriali in Italia non devono neanche giustificare i tagli col raffronto col costo del lavoro in Polonia: li annunciano e basta. E il sindacato si dà da fare per trovare gli strumenti con cui gestire questi esuberi». Ma con discrezione, senza troppi proclami.

La scorsa estate Rcs ha chiesto altri 107 tagli di giornalisti nell’area Periodici, dopo che in due stati di crisi successivi ne aveva già ottenuti 52. Scherzate, hanno alzato la voce i dirigenti della Fnsi? Al massimo ve ne diamo 98. Ma era solo l’inizio. Tant’è che dopo solo qualche mese l’azienda ha concordato altri 9 esuberi nell’area infanzia: in sordina, senza che nessuno protestasse. E poi all’inizio dell’anno ha messo sul tavolo altre 23 richieste di esuberi nelle testate sopravvissute, più 18 per le chiusure del Mondo e di Abitare. In tutto 50 eccedenze, che la Fnsi si è affrettata a gestire col ricorso al solito ricettario: prepensionamenti, cassa integrazione, tagli in busta paga, fino alla disarticolazione dei rapporti di lavoro e delle relative tutele (come definire altrimenti le Uor?) «Non sono chiusure, le testate sospenderanno solo le pubblicazioni», si sono sforzati di minimizzare dal sindacato, «e qualcuno di voi andrà pure al Corriere della Sera». Ma certo. Intanto all’Electrolux hanno rifiutato pure la solidarietà al 15%, la metà di quanto incassato da noi giornalisti della Rcs. 

Siamo più deboli degli operai metalmeccanici, e questo grazie alla rappresentanza sindacale che ci siamo dati. Ve lo immaginate un Maurizio Landini che cerca di far passare una decisione della multinazionale svedese con argomenti tipo: «Tranquilli, lo stabilimento di Porcia non chiude, sospende solo le attività. E magari andrete tutti a lavorare a Stoccolma, bella città». 

No, impossibile, queste cose non succedono nella Fiom. Succedono però alla Fnsi. Pensate che i colleghi di Repubblica hanno fatto uno sciopero delle firme per tre giorni pur di impedire che la loro trattativa venisse spostata sul tavolo nazionale, e quindi affidata alle cure di un sindacato ritenuto troppo accomodante con gli editori. Possiamo comprendere la loro diffidenza, no? No, un sindacato così non ce lo meritiamo, ci deve essere un errore. E dobbiamo correggerlo al più presto.

Sandro Orlando

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