LOMBARDA/Violazioni dello statuto mentre il sindacato muore

E così all’Associazione Lombarda dei Giornalisti si è consumata un’altra violazione dello statuto. La regola, all’articolo 17, recita: “i componenti eletti durano in carica tre anni”. Invece le elezioni sono state spostate a data da destinarsi. Già perché la data la deciderà la FNSI. Cioè quando la FNSI deciderà di organizzare le elezioni per il congresso (dovrebbero tenersi l’anno venturo, ma chi dice che non possano essere rimandate?) si terranno anche quelle della Lombarda.
Ma può un’assemblea modificare le regole statutarie? No, è ovvio, non può. Le modifiche dello statuto sono permesse secondo una procedura definita dall’articolo 32 dello statuto stesso. Ma non importa. Purtroppo i giornalisti stanno scimmiottando la politica. Violano regole, statuti e norme “per il bene della categoria”.

L’intervento del pubblicista Enrico Campagnoli è stato esilarante. “Bisogna rimandare le elezioni perché bisogna usare il buon senso”, come se il suo buon senso debba avere valore universale.

Anche il simpatico Marco Volpati, ormai in pensione da parecchi anni, non è stato da meno: “Poiché la FNSI ha portato il mandato a quattro anni, dobbiamo adeguarci”. Inutile spiegargli che in tre anni la Lombarda non ha adeguato lo statuto, non ha pensato a organizzare assemblee, nè a mobilitare i colleghi. E inutile spiegargli che le regole vanno rispettate e non si possono violare per nessun motivo. Questo è un concetto cardine della democrazia, che va sotto il nome di “Stato di Diritto”.

Ma va da sé che la democrazia è elastica dalle parti del giornalismo. E’ ancora vivo il ricordo di Franco Siddi che all’ultimo congresso della FNSI a Bergamo fece votare nella stessa votazione l’allungamento del suo mandato da tre a quattro anni e il suo nome come segretario.

Spiegare che prima si stabiliscono le regole e poi si eleggono le persone è stata una battaglia persa.

Mentre si stava per votare una violazione palese dello statuto, cioè il prolungamento del mandato dei consiglieri della Lombarda, è intervenuto anche l’ineffabile Edmondo Rho. Ad uno dei giovani che chiedevano (nel caso fosse spostata la votazione) di poter far votare i morosi, ha argomentato in dotta punta di diritto che no, lo statuto non lo permetteva. Giusto. Ma lo statuto permette di allungare il mandato dei consiglieri? Evidentemente per Rho sì.

Che le regole valgano rigidamente per qualcuno e invece si possano piegare quando si tratta di qualcun altro è una vecchia tradizione dei nostri sindacalisti di professione che, incuranti dell’emorragia dei posti di lavoro nonché della sempre più difficile situazione dei precari e dei freelance proseguono nella loro distruzione sistematica del sindacato e delle redazioni.

Durante l’assemblea si è assistito a uno scontro generazionale tra gli anziani, da anni in pensione e fuori dalla professione, che pretendono di gestire la vita di chi la professione la vive sulla propria pelle (da contrattualizzati, da precari, da freelance e da disoccupati), e i giovani desiderosi di partecipare alla vita del sindacato. Hanno vinto i primi.

“Rispettate i vecchi”, ha tuonato qualcuno. Ma il rispetto si deve conquistare: non si può rivendicare rispetto soltanto perché si hanno i capelli bianchi. Se si pretende di avere un ruolo nel sindacato, quando non si ha più alcun ruolo nella professione, si sbaglia e non si merita alcun rispetto.

Ormai è tutto il sindacato che soffre di questa dicotomia tra attivi e pensionati. Che senso ha che, per esempio, i pensionati vadano a discutere il contratto di lavoro? Nel contratto ci sono alcune clausole che riguardano i pensionati – certo è vero – e allora facciamo discutere ai pensionati soltanto quelle regole, una percentuale minima di tutto l’impianto del contratto. Invece all’assemblea della Lombarda è stata la sagra dei pensionati alleati dei sindacalisti di professione.

Giovanni Negri, il presidente uscente della Lombarda, ha definito la crisi che attanaglia l’editoria pesantissima e le vertenze sono continue. Ma in queste condizioni non sarebbe stato necessario ancora di più mantenere il patto con gli elettori, rispettando le regole, invece di generare sospetti, dubbi e ambiguità sul comportamento dei dirigenti sindacali?

Non ha senso poi parlare di risparmio: le democrazia ha dei costi che vanno affrontati. Una bella dittatura costa molto, molto meno, ma non ci interessa.

Il patto tra sindacato e iscritti è minato da gravissime ambiguità. Ne elenchiamo qui qualcuna:

–        Il sindacato vive grazie ai soldi dell’INPGI. L’Istituto versa tanto, tanto denaro alle associazioni regionali di stampa. Ma mentre tutti i giornalisti sono obbligati a iscriversi all’INPGI (salvo qualche rara eccezione) non tutti gli iscritti all’INPGI sono iscritti al sindacato. Dunque sfugge la correttezza dei versamenti al sindacato.

–        Le maggiori vertenze affrontate dal sindacato hanno visto la vittoria totale degli editori. Il sindacato non è attrezzato a respingere l’offensiva degli editori

–        E’ solo un esempio, ma perché la gestione della vertenza della RCS è stata affidata a una giornalista dipendente della RCS stessa? Non è corretto, ma ormai le regole del buon senso vengono violate con una certa frequenza.

–        La Lombarda non veicola nessuna informazione sull’andamento delle trattative contrattuali. Perché? Semplice negligenza?

Un sindacato in ritirata non giova né ai giornalisti né al giornalismo. Dispiace che i dirigenti della più grande associazione d’Italia non l’abbiano capito. O peggio che l’abbiano capito ma non abbiano nessun interesse a cambiare le cose.

Senza Bavaglio
www.senzabavaglio.info
twitter @sbavaglio

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