Il braccio di ferro sull’articolo 18 non serve a nessuno (di Daniele Protti)

Caro Degl’Innocenti, lo stesso intervento due volte nella mail di Senza Bavaglio, un’altra adesso. Peccato che su questo terreno ormai la  sinistra, o come tale pensa di essere, fa come Landini: sciopero!

Un impiegato con stipendio garantito (pagato dalla Cgil) che ha dimenticato quello che diceva tale Giuseppe Di Vittorio, fondatore della CGIL: “Il mestiere del sindacalista è trattare, trattare, trattare, trattare. Non alzarsi mai dal tavolo prima della controparte”.

Mi sembra che questa sinistra abbia dimenticato l’importanza della trattativa e che nel braccio di ferro chi la dura la vince. Ma non – Il braccio di ferro sull’articolo 18 non serve a nessuno

certo a colpi di sciopero e basta: durano un giorno, due giorni, gli operai perdono  dei soldi, e alla fine, non trattando (come vorrebbe fare la Camusso, ma senza essere sempre tirata per la giacchetta da Landini&partners) la sconfitta è certa.

Mi spiace, caro Degl’Innocenti, ma non sono d’accordo con questa lettura della storia scritta con lo stile  del Quotidiano dei Lavoratori anni Settanta (ripreso 30 e più anni dopo dal Fatto Quotidiano), e trovo scorretta anche l’ennesima imputazione a Biagi.

Ragionare secondo la legge “abbiamo sempre ragione noi” è l’anticamera della sconfitta certa. Per questo non sono d’accordo con quanto scrivi.

Mi spiace anche non trovare mai, ma proprio mai, qualche collega che cominci a chiedersi: ma è giusto che in Italia esistano solo due categorie di lavoratori non licenziabili: giornalisti e pubblico impiego?

Daniele Protti

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