Così si rottamano i giornalisti: 25 domande e risposte

1. E’ positivo che il governo abbia stanziato dei soldi per finanziare gli stati di crisi e ristrutturazione dei giornali?
E’ positivo che sia lo Stato a pagare gli eventuali prepensionamenti, e non più l’Inpgi, per il bene delle casse del nostro istituto di previdenza. E’ stato istituito un Fondo statale per i prepensionamenti dei giornalisti con dotazione annua di 20 milioni di euro (10 milioni per i quotidiani e 10 milioni per i periodici).

2. E’ un bene che siano stanziati tanti soldi?
No, perché sapendo che c’è un capitale così elevato a disposizione, gli editori si sono messi in corsa per “assalire la diligenza” dei finanziamenti. Se si dovesse “sforare” il tetto annuale,  E’ prevista la possibilità che siano gli editori a pagare per alimentare il Fondo. Ma è chiaro che, toccato il “tetto”, gli editori non saranno più così interessati a cacciare i giornalisti. Venti milioni di euro all’anno basteranno per cacciare 332 giornalisti.  A carico degli editori, è previsto “un contributo straordinario a capo di ciascuna azienda che farà ricorso a pensionamenti anticipati a far data dall’entrata in vigore del presente accordo e sulla base delle intese sindacali sottoscritte. Tale contributo è pari al 30% del costo di ciascun pensionamento anticipato così come quantificato dall’Inpgi all’atto delle dimissioni del singolo giornalista interessato”. Solo questa norma potrebbe rappresentare un deterrente per gli editori.

3. Qual è stato il ruolo della Fnsi in questa decisione?
La Fnsi ha appoggiato la Fieg, che da sola non ce l’avrebbe fatta, perché venissero stanziati questi fondi

4. Perché la Fnsi non si è battuta, al contrario, perché ci fosse un “tetto” più basso?
Il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, ha spiegato che alzando il “tetto” per i prepensionamenti gli editori avrebbero concesso più soldi nei minimi del nuovo contratto, e per questo lui ha appoggiato la Fieg.

5. L’Inpgi, e quindi le nostre pensioni, sarà danneggiata dai prepensionamenti?
Sì, nonostante i soldi dello Stato. Si tratta sempre di entrate (i contributi) che si trasformano in uscite (pensioni anticipate).

6. Gli stati di crisi creeranno nuovi posti di lavoro?
No. Il primo provvedimento che gli editori prendono, in una richiesta di stato di crisi, è di non rinnovare i contratti a tempo determinato. E la parola d’ordine è: blocco del turn over. Quindi i primi ad essere danneggiati saranno i giovani. Del resto, per accedere ai prepensionamenti gli editori devono presentare una richiesta di attivazione della Cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione e riorganizzazione in presenza di crisi aziendale. Si tratta di ricorso a denaro pubblico, e se lo Stato concede soldi per cacciare degli occupati, non può accettare che vengano fatte assunzioni.

7. Quali sono le ripercussioni sul mercato del lavoro nei prossimi anni?
Negative, perché le redazioni che subiscono uno stato di crisi ne usciranno irrimediabilmente ridimensionate.

8. Negli stati di crisi gli editori chiedono solo prepensionamenti?
No, ne approfittano per ottenere altro. Vengono ridimensionati gli stipendi (il Mattino di Napoli ha tolto gli straordinari, contingentato le domeniche e tolta la maggiorazione delle domeniche al servizio sportivo), accorpati servizi, chiuse redazioni (il Gazzettino e il Mattino vogliono chiudere gli uffici nella Capitale, dove lavorano 9 articoli 1).

9. Quanti posti di lavoro sono in ballo?
Per i prossimi due o tre anni, fino al dieci per cento dei giornalisti attualmente in attività.

10. Chi può essere prepensionato con gli “stati di crisi”?
I giornalisti che compiono 58 anni con almeno 18 di contributi nel biennio dello stato di crisi. Se viene richiesto oggi, il prepensionamento può riguardare quindi anche un collega che ha solo 56 ann,i ma che ne compirà 58 (con i 18 anni di contributi) in due annii.

11. Con che pensione si va in prepensionamento a 58 anni?
Con una pensione circa il 30% più povera di quella che si avrebbe avuto a 65 anni. Poi però la pensione cresce a scalare.

12. Fino a che età si ottiene lo scivolo?
Dopo i trent’anni di contributi non si riceve niente, ma si ha un taglio sulla pensione fino a 65 anni. Ad esempio, chi ha 62 anni di età e 32 anni di contributi non riceve nessuno scivolo. Questo per gli uomini. Per le donne, la pensione di vecchiaia matura già a 60 anni.

13. Il prepensionamento è obbligatorio?
No, è volontario. Ma se non lo si accetta si può venire messi in Cassa integrazione in previsione del licenziamento.

14. Ma nessun collega avrà vantaggi dai prepensionamenti?
Un vantaggio lo hanno i giornalisti già garantiti che con il prepensionamento di un “superiore” potranno sperare di anticipare un’eventuale promozione. Questo vantaggio ipotetico, e certo poco solidale, sta dividendo i colleghi nelle redazioni per le quali è stata avanzata richiesta di stato di crisi. I giovani vedono un ostacolo nei più anziani, che considerano privilegiati anche perché meglio retribuiti. Un vantaggio, poi, lo hanno i colleghi che hanno almeno 18 anni di contributi, 58 anni di età, e in pensione ci vogliono andare. Per loro c’è la possibilità di uno “scivolo” che altrimenti difficilmente l’azienda offrirebbe loro.

15. E per i disoccupati e i precari c’è un vantaggio?
No. Chi aspetta di essere assunto resterà ancora alla porta, per il blocco del turnover, chi ha un contratto a tempo rischia che questo non venga confermato. Ma il danno sarà anche nelle pensioni. Lorenzo Bini Smaghi, componente del comitato esecutivo della Banca centrale europea, sostiene che soprattutto in Italia bisogna evitare misure come i prepensionamenti. Perché soprattutto in una situazione come quella italiana “un aumento della massa pensionistica peggiorerebbe drammaticamente la condizione dei più giovani, che già si trovano gravati dagli oneri contributivi destinati a finanziare l’attuale sistema”.

16. Cosa stabilisce il nuovo articolo 33 del contratto?
Che chi ha compiuto 59 anni nel 2009 e ha 35 anni di contributi, può essere mandato via anche senza il suo assenso.

17. Cosa prevedeva prima l’articolo 33 del contratto?
Prevedeva anche allora casi di pensionamento anticipato, ma limitati nel tempo, e quindi l’articolo era “esaurito”. Il segretario della Fnsi, Franco Siddi, aveva garantito che non sarebbe stato riproposto l’art.33. E invece è saltato fuori dopo l’annuncio dell’intesa sul contratto.

18. Nei 35 anni dei contributi previsti dall’articolo 33 per essere mandati sono previsti anche quelli “figurativi” (cioè il riscatto della laurea, ecc), che il giornalista ha pagato di tasca sua?
Sì. E’ una beffa per chi ha speso quasi un capitale per riscattare gli anni del praticantato e gli anni del corso di laurea. Il contratto non fa una distinzione tra i vari tipi di contributi. E anche se sembra illeggittimo, si intende evidentemente che i contributi figurativi si considerano compresi.

19. Ma come fa l’azienda a venire a conoscenza dei contributi figurativi?
L’Inpgi si è impegnata a comunicare alle aziende la situazione retributiva dei singoli giornalisti. Infatti l’Inpgi ha firmato un accordo con Fnsi e Fieg in cui l’Istituto si dichiara disponibile “a fornire alle aziende interessate i nominativi dei possibili beneficiari del prepensionamento, il relativo costo nonchè ogni ulteriore notizia utile a tal fine ivi comprese quelle relative allíattuazione delle disposizioni di cui all’art. 33 del contratto di lavoro giornalistico”.

20. L’editoria in Italia è davvero in crisi?
L’editoria è in crisi nel mondo, ma in Italia sono in tanti a millantare. E la Caltagirone Editore, ad es., che ha macinato profitti impressionati, per un primo anno di bilancio in rosso vuole prepensionare con i soldi dello Stato, e cioè denaro pubblico, una cinquantina di giornalisti tra il Mattino e il Gazzettino.

21. Quando si può concedere lo stato di crisi e di ristrutturazione?
La Fieg e la Fnsi hanno firmato un protocollo d’intesa che stabilisce i requisiti.

22. La Fnsi è riuscita ad imporre regole certe?
Al contrario, il protocollo è un via libera indiscriminato. E’ passata la linea più favorevole agli editori, e cioè che non c’è neanche bisogno del bilancio in rosso per dare l’assalto ai soldi dello Stato. I requisiti richiesti sono cosÏ vaghi e approssimativi che potranno chiedere i finanziamenti anche giornali che sono in attivo e hanno una storia di bilanci in salute.

23. Quali sono questi requisiti richiesti?
I requisiti, secondo la Fnsi d’accordo con la Fieg, non devono essere rilevabili “unicamente dai bilanci aziendali ma anche da riscontrabili indicatori oggettivi, presenti e prospettici esterni che abbiano incidenza su una critica situazione dellíimpresa e possano pregiudicarne il buon andamento operativo. Tali indicatori in particolare dovrebbero registrare un andamento involutivo tale da rendere necessari interventi per il ripristino dei corretti equilibri economico-finanziari e gestionali”. E quindi per chiedere uno stato di crisi basta pochissimo, “un andamento involutivo” che rende necessari “interventi”. “L’andamento involutivo” può essere perfino il calo temporaneo della pubblicità.

24. Cosa fa la Fnsi per contrastare questa devastazione?
Nulla, per ora. Il protocollo sugli stati di crisi è stato siglato contestualmente all’intesa con il contratto. L’accordo con gli editori è complessivo.Durante la trattativa perÚ la Fnsi ha  ottenuto che il 30% di costo sui prepensionamenti sia a carico degli editori, e questo dovrebbe rappresentare un freno.

25. Senza questo accordo tra Fnsi e Fieg ci sarebbero state tante richieste di stati di crisi?
No. Il contesto della crisi mondiale crea confusione, e fa pensare che ci sia una crisi epocale anche per l’editoria. Invece c’è un periodo difficile dopo anni di grandi profitti. Ma c’è il rischio di stati di crisi richiesti uno dopo l’altro. La Gazzetta del Mezzogiorno intenderebbe fare due richieste di prepensionamenti nell’arco di tre anni).

Fabio Morabito
Presidente dell’Associazione Stampa Romana

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